
Sono molti i fedeli che sono già giunti a Roma per assistere alla cerimonia di proclamazione a Santo del beato Nicola Saggio da Longobardi
Molti di loro si sono già accreditati per la cerimonia.
Provengono da Longobardi che sarà presente con il Gonfalone della città e con gli amministratori, sindaco Giacinto Mannarino in testa e minoranza compresa.
Provengono da Paola che partecipa anche essa con il gonfalone portato dall’istruttore di polizia municipale Massimo Sorìa e con una delegazione guidata dal sindaco Ferrari e dal consigliere Aloia
Molti altri sono partiti da Amantea, Belmonte calabro, Lago, Fiumefreddo Bruzio, San Lucido e da diversi comuni calabresi
Altri stanno per partire nella serata e viaggiando di notte giungeranno di primo mattino nella capitale per essere poi guidati fino a Via della Conciliazione dove i bus si fermeranno garantendo ai fedeli la presenza in Piazza san Pietro
Sarà una festa della Calabria cattolica
Dispiace soltanto che certi “politici” ( senza offesa per i Politici) continuino ad insistere sul fatto che la Calabria sia stata portata al voto proprio il 23 novembre creando problemi agli elettori che dovranno ridiscendere in tutta fretta per andare a votare magari in tarda serata
Si ripeterà domani 23 novembre a Roma la stessa grande affluenza che ci fu il giorno dei funerali di san Nicola da Longobardi in quel lontano 2 febbraio 1709, esattamente la data che aveva lui stesso predetto
Sarà anche una occasione forse unica per venerare le sue reliquie che dal 1718 ospitate nella chiesa di S. Francesco da Paola ai Monti.
Pio VI lo beatificò il 17 settembre 1786 e domani 228 anni dopo sarà Santo
Il Santo nacque a Longobardi (Cs) il 6 gennaio 1650, e fu battezzato con il Nome di Giovanbattista. Primo dei tre figli di Fulvio Saggio e Aurelia Pizzini , contadini, non potè praticare gli studi, nonostante il talento. Lavorò da giovane nei campi coltivati dai genitori. A vent'anni, nonostante l'opposizione dei genitori, chiese l'abito di san Francesco e fu assegnato al Convento di Paola, assumendo il Nome di Nicola. Terminato l'anno di noviziato, il Santo passò a Longobardi e poi a San Marco Argentano, a Montalto, a Cosenza, a Spezzano ed a Paterno. La fama delle sue virtù, ben presto arrivò fino a Roma, deve venne chiamato alla Parrocchia del Collegio di San Francesco di Paola ai Monti. Nel 1696 Nicola tornò a Longobardi, e per suo tramite vennero compiuti diversi prodigi. Negli ultimi anni della sua vita fu richiamato a Roma. Predisse la sua morte che avvenne il 2 febbraio 1709.
Riceviamo e pubblichiamo un nuovo contributo di Peppe Furano
Chi ha studiato un po' di fisica sicuramente avrà sentito raccontare l’aneddoto della mela di Newton. Questo aneddoto racconta che il grande genio inglese del Seicento Sir Isaac Newton mentre sonnecchia sotto un albero di mele viene svegliato dall’improvviso colpo di un frutto maturo che cade sulla sua testa,appunto una mela. Lo scienziato s’interroga su quale sia la forza che abbia fatto cadere la mela, collega la caduta della mela alla luna e capisce perché questa pur “cadendo” continuamente verso la terra non raggiunge mai il suolo e combinando osservazione e inferenza arriva a formulare la sua famosa legge di attrazione universale che riesce a descrivere tutti i movimenti degli oggetti del sistema solare e anche oltre.
La mela è parte piccolissima di un universo molto grande ma il suo semplice e banale moto di caduta è regolato dalle stesse leggi che regolano i moti di tutti gli oggetti grandi e grandissimi del nostro immenso universo mondo.
Da più di 40 anni vivo, e sono politicamente impegnato, a Cleto, che è un piccolissimo e periferico paese della regione più periferica dell’Italia,la Calabria.
Sono stato molto colpito da una serie di episodi e circostanze che si sono verificate in questa campagna elettorale per le elezioni regionali.
Ma la cosa che più mi ha colpito è stata il rimescolamento degli schieramenti di destra e sinistra!
Leader locali storicamente di centro destra diventati promotori di candidati della lista Oliverio Presidente, e viceversa, leader storici di centro sinistra diventati promotori di candidati della lista Ferro Presidente.
Questo mescolarsi e scambiarsi tra elettori di destra e sinistra a Cleto potrebbe essere classificata come una banale storia di clientele paesane che niente hanno a che fare con quelle che sono le differenze ideologiche,culturali,intese come portatrici di differenti progetti di società, tra destra e sinistra. Differenze che a livello regionale e nazionale, al contrario, restano e hanno ancora un senso e un significato e come tali sono avvertite nel vissuto delle persone.
Io ritengo che questo inter-scambiarsi delle appartenenze tra elettorato di destra e sinistra in una piccolissima realtà sociale come Cleto non sia una eccezionalità a sé stante, ma abbia un significato generale. Quello che succede a Cleto è l’evidenza che oramai da Milano,a Roma fino a Cleto nel vissuto della gente la differenza tra destra e sinistra si sta annullando.
Questo risultato è il primo traguardo di un lungo viaggio iniziato dalla sinistra fin dagli inizi degli anni novanta e io temo che non sia ancora l’arrivo. La sinistra, sia al governo che all’opposizione,al centro e alla periferia, proprio fin dagli inizi degli anni novanta ha iniziato il lento ma inesorabile distacco dalle sue basi ideologiche e culturali e distacco dopo distacco si è spianata l’autostrada a 8 corsie a Renzi e alla sua politica. Renzi ha messo tutti gli oppositori KO che si muovono,si agitano come pugili stonati pronti a ricevere altri colpi in attesa del KO definitivo!
Per capire in modo semplice quello che voglio dire è utile fare un rapidissimo riassunto degli ultimi 70-80 anni del confronto destra-sinistra in Italia.
Dal 1948 al 1992, con tutte le contraddizioni e tutte le critiche che con il senno di poi possono anche giustamente essere poste, è stato sempre chiaro nella coscienza e nel vissuto degli elettori cosa volesse dire essere di destra o di sinistra o per semplificare essere DC o PCI.
Da Milano a Cleto il vissuto del militante del PCI e del militante DC,e anche del dirigente DC e PCI, aveva una sua caratteristica e distinzione.
Era molto netta e distinta la posizione in ordine ai diritti civili (ad es. divorzio e aborto),distinta e distante rispetto alla laicità dello Stato. Distinta e distante in ordine alla partecipazione democratica, (penso alla lotta nelle scuole e nelle università per i decreti delegati e la partecipazione degli studenti alla vita e alle scelte della scuola e dell’università). Distinta e distante la posizione nei confronti dei diritti dei lavoratori.Lo statuto dei lavoratori negli anni settanta è stata una conquista del sindacato e della sinistra.
Distante e conflittuale sul metodo della clientela sulla quale la DC e gli altri partiti alleati hanno fondato per più di 30 anni il principale motore di consenso.
Nelle lotte contadine il PCI è stato sempre dalla parte dei contadini,nelle lotte nelle fabbriche il PCI è stato sempre accanto al sindacato e agli operai.
Nel confronto scontro tra capitale e lavoro il posto del PCI era sempre dalla parte del lavoro.
Il PCI era vissuto dal militante come il partito che perseguiva un progetto di società solidale dove le diseguaglianze dovevano e potevano essere accettabili ma nessuno doveva essere lasciato nell’indigenza.
Dal 1992 è cominciata la confusione.
In riferimento ai diritti civili nel 2004 viene varata dal governo Berlusconi la legge 40 (procreazione mediamente assistita). Una legge che risente fortemente del potere della chiesa e che non risponde alle esigenze delle coppie con difficoltà di concepire. Nel 2008 vince il centro sinistra, ma la legge 40 resta lì con le sue contraddizioni e deve intervenire la corte costituzionale nel 2009 per abolire alcuni tra gli articoli più assurdi.
Nel 2012 la Corte europea dei diritti umani ha bocciato la legge sull’impossibilità per una coppia fertile, ma portatrice di una malattia genetica, di accedere alla diagnosi reimpianto degli embrioni. Il Governo Monti (sostenuto da PD e PDL!) ha chiesto il 28 novembre 2012 il riesame della sentenza presso la Grande Chambre. L'11 febbraio 2013 il ricorso del governo è stato bocciato dalla corte!
In termini di diritti dei lavoratori oggi Renzi è con Berlusconi e contro i sindacati. Il suo jobs act piace a Squinzi e agli industriali e non piace ai sindacati e ai lavoratori. I sindacati scendono in piazza e Renzi e renziani in contrapposizione si riuniscono con il mondo imprenditoriale e della finanza alla Leopolda. In termini di partecipazione democratica l’Italicum voluto da R&B non è diverso dal porcellum voluto da Berlusconi.
Dal 2007 di fronte alla crisi Pd e PDL recitano la stessa litania crescita-crescita e insieme difendono liberalizzazioni selvagge e la globalizzazione che un economista non ortodosso ha definito “libere volpi in libero pollaio” dove non è difficile capire chi sono i polli e chi le volpi.
Scomparsa nel PD la pur minima elaborazione ideologico-culturale critica nei confronti di questo sistema capitalistico-finanziario che sta letteralmente affamando eserciti di lavoratori e lascia la generazione dei 20-40-enni nella più assoluta precarietà.
Scomparso nel PD Renziano ogni riferimento a un orizzonte di eguaglianza e di diseguaglianza accettabile, anzi se un comico (Grillo) mette in campo proposte come il reddito di cittadinanza o un tetto alle pensioni (ci sono tantissimi che percepiscono pensioni di 30-40 mila euro e più al mese senza avere versato i contributi!) ci si allea con B. per cercare di annientare questo sobillatore di popolo!
E allora quanto accaduto nella piccola periferia Cleto,come la mela di Newton, ha in sé tutto, per farci comprendere quello che è diventato l’universo politico italiano nell’era R&B.
Peppe Furano
Eccovi un interessante contributo del segretario comunale dr Vena Fedele. Si tratta di un contributo che mostra il coraggio di cercare e di raccontare la verità, o meglio le verità. Quelle fatte anche di prìncipi e principesse che pretendono obbedienza ma anche di alcuni sudditi nominati che per non perdere il posto gliela danno.
“Come in tutte le categorie lavorative, anche in quella dei Segretari Comunali, c’è qualche mela che tende ad andare a male e si guasta. Il Segretario Comunale, per formazione e cultura ha un alto senso dello Stato e delle Istituzioni Locali che è chiamato a servire. In generale possiedono una buona cultura di base e una medio alta cultura giuridica e negli ultimi tempi economico aziendale. In buona parte sono degli autodidatti. Caratterialmente riservati, appaiono poco mentre lavorano (alcuni di più, altri meno) in silenzio.
Tutto oro? No. Perché un Segretario Comunale è tanto più bravo e apprezzato non quanto più riesce a portare nella sua attività quotidiana i princìpi che lo hanno formato e la sua cultura giuridico/amministrativa, quanto piuttosto il grado, la capacità anche “extra ordinem”, di trovare soluzioni per accontentare i voleri del principino di turno (il Sindaco eletto dal Popolo sovrano) da cui sono nominati, non sempre per particolari qualità; se va bene, per appartenenza e se va male su “suggerimento” del politico altolocato. Con buona pace per merito, titoli, cultura personali. Non è bravo se esige il rispetto della Costituzione su cui ha giurato o delle leggi, ma se riesce a dare risposte conciliabili con le scelte politiche.
Chissà! Forse anche l’attuale Presidente del Consiglio, che ora li vuole cacciare a pedate, avrà fatto cosi quando era Sindaco.
Le varie riforme che hanno riguardato questa figura di Servitore delle Istituzioni Locali e dunque della Repubblica Italiana (Art. 114 Costituzione: “La Repubblica si divide in Stato, Regioni, Province, Città Metropolitane, Comuni”), hanno sempre tolto qualcosa depotenziandone e delegittimandone la figura, per arrivare a dire che è una presenza inutile e dunque da eliminare. La ragione vera non è quella che tutti sanno, cioè che nella Repubblica delle autonomie la figura è anacronistica, ma quella secondo cui non vi devono essere figure di controllo in grado di “impensierire” l’Eletto nella nobile attività di servire il suo Popolo.
Negli ultimi tempi (fino alla ministra Madia), causa il discredito generale della politica, si è verificato un fenomeno strano, ambiguo, contraddittorio. Da una parte sono state accresciute le sue responsabilità (controlli interni; trasparenza; anticorruzione), fino al punto di dovere rispondere del danno erariale creato da altri, perché, cosi ragionano i Giudici contabili, è vero che il funzionario, la Giunta, il Consiglio hanno sbagliato, ma tu, Segretario Comunale, che prendi uno stipendio che è un terzo di un usciere della Camera dei Deputati, che “dovevi” dire dove era l’errore, dov’eri? E giù legnate a suon di condanne a pagare, senza poter dire, fantozzianamente; “…scusi ma io...glielo avevo detto”. Dall’altra è rimasto un nominato. E si sa che un nominato dipende. Soprattutto se la nomina è dovuta a una delle ragioni viste.
Vero è che sono stati proprio gli alti rappresentanti delle Istituzioni Locali con il beneplacito (interessato) di qualche Segretario che avrà trovato più utile dipendere, a creare i presupposti dell’attuale situazione. Perché dipendere senza responsabilità, o con responsabilità limitata, a parità di trattamento economico, è meglio. Inizialmente, quando cioè tolsero il parere di legittimità, è stato cosi. Ora, invece, si vuole (ma non si vuole), uno spietato controllore capace di fermare, da solo, la corruzione; rendere pubbliche le ancestrali magagne (con la trasparenza); rinviare indietro gli atti che non lo convincono (illegittimi e anche quelli scritti male) di chi lo nomina. Pare possibile? Ma certo che non è possibile. Perché nella visione assolutistica di chi arriva al comando, perché più votato, che non sopporta né i pesi, né i contrappesi della Democrazia elettiva, i controlli meno sono e meglio è. A cominciare dall’alto. Infatti si è cominciato a smontare i controlli e chi li dovrebbe eseguire. Ai Segretari Comunali sta proprio capitando questo. Come agli stracci da nuovi servono, poi gli tocca la pattumiera. E per alcuni ben sta”.