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amantea 1232579131L’altro giorno, mentre passeggiavo sul lungomare di Amantea, insieme al mio amico di infanzia Beribà, mi sono fermato ad osservare un cinquantenne che pregava davanti ad una statua di Padre Pio. Questa immagine mi ha perseguitato fino al momento di sedermi, oggi, davanti al computer e scrivere ciò che segue.

Non esiste un’unica, completa, e universalmente accettata definizione di putrefazione sociale. Ogni tentativo in questo senso incontra inevitabilmente problemi di natura culturale, metodologica, disciplinare e normativa. A fronte di tale oggettiva difficoltà, si preferisce individuare un elenco di azioni illecite. Insomma, seguendo le orme lasciate dal cadavere, conosceremo la storia, le professioni, le azioni e i luoghi che sovrintendono il funerale meridionale.

Partiamo dunque dalla putrefazione, conseguenza istantanea dell’avvenuto decesso, non prima di aver fornito qualche concetto riguardante il corpo morto e le risposte culturalmente determinate alla sua decomposizione: nessi utili a comprendere l’atteggiamento e la psicologia del Tanatoprattore dotato di un bagaglio di conoscenze e competenze piuttosto ampio: tecniche di conservazione topiche e intravasali; principi basilari di psicologia, conoscenza di norme in materia di disciplina funeraria, principi di anatomia. Non dimentichiamo il funeral Director dinanzi al cadavere putrescente che andrà poi imbalsamato e imbellettato. Senza sottovalutare la tendenza alla stagnazione e alla putrefazione, propria del monopolio liberista e liberale che continua dal canto suo ad agire.

La caratteristica fondamentale di questa ultima fase del capitalismo è costituita dal dominio delle associazioni monopoliste dei grandi imprenditori. Tali monopoli sono specialmente solidi quando tutte le fonti di materie prime passano nelle stesse mani. Quanto più il capitalismo è sviluppato, quanto più la scarsità di materie prime è sensibile, quanto più acuta è in tutto il mondo la concorrenza e la caccia alle fonti di materie prime, tanto più disperata è la lotta per la conquista delle colonie.

Starebbe a noi, che viviamo nella liberal-democrazia, superare i limiti che ci hanno nel passato resi impotenti e ancora ci ostacolano nel mobilitare e far ragionare le masse popolari a organizzarsi e instaurare una società diversa da quella attuale.

Sotto l’influenza di pregiudizi inconsci, il più delle volte tendiamo a pensare che si tratti della stessa cosa o di due aspetti della stessa cosa, eventualmente l’una come conseguenza dell’altra, o magari di cancellare l’una per parlare soltanto dell’altra.

Si evince come, accanto ad un concetto meramente penalistico di disfacimento, si sia fatto spazio un concetto più “amministrativistico”, una nozione decisamente più ampia, che dovrebbe rinviare non solo a condotte penalmente rilevanti, ma anche a comportamenti che sono fonte di responsabilità di altro tipo, capaci di generare situazioni di illegittimità e di malfunzionamento amministrativo.

Abbiamo politicanti dalla politica insipiente, blaterante e indifferente, in quanto non ascoltano mai la "voce dal basso", si affannano nei contorsionismi verbali davanti ad una telecamera e senza contraddittorio, nel sorridere facendosi belli, nel promettere senza dare, scrollandosi di dosso le fuliggini e gli scheletri che gli si muovono accanto, pur di non rivedere il potere riconsegnato nelle mani di un individuo che incarna la sintesi di tutto quello che, di una Res Pubblica, è distruttivo.

La decomposizione nella nostra Città e della Calabria prevalentemente medievale, come tante altre realtà del Meridione, è diventata un male incurabile, le cui metastasi si sono allargate in modo generalizzato. Invasivo. Silenzioso. Difficile da debellare. Che uccide moralmente e fisicamente.

Una Regionopoli infinita, che cambia aspetto e si rigenera anno dopo anno. Che non scava soltanto voragini nei bilanci pubblici ma genera un pericoloso deficit di vita in una collettività e devasta l’ambiente in cui si vive fino a putrefarla con i suoi costi diretti e indiretti. E’ un fardello pesante per i disastrati bilanci di questa ex perla bagnata dal Mare di Ulisse, ancora più allarmanti sono i danni politici, sociali e ambientali: la delegittimazione delle istituzioni e della classe politica, il segnale di degrado del tessuto morale della classe dirigente, l’affermarsi di meccanismi di selezione che premiano depravati e depravatori nelle carriere economiche, politiche, burocratiche, il dilagare dell’ecomafia, attraverso fenomeni come i traffici di rifiuti e il ciclo illegale del cemento, che si alimentano quasi sempre anche grazie alla connivenza della cosiddetta “zona grigia”, fatta di colletti bianchi, funzionari e tecnici compiacenti, politici corrotti e benpensanti che non perdono mai l’occasione di farsi notare per le vie della città.

Il disfacimento della collettività ruba ai cittadini il futuro, in tutti i sensi. Una mega tassa occulta che impoverisce questa nostra Regione sul piano economico, politico, culturale e ambientale. Un male che comporta rischi per la credibilità della Calabria. Crea disuguaglianze, massacra le politiche sociali, e tiene in ostaggio una intera Regione. Un deterioramento presente in tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana. Una decomposizione che in alcuni periodi la si scopre di più e in altri meno, ma che resta il reato occulto e permanente della storia millenaria di questa terra!

"E’UN’EPOCA TERRIBILE QUELLA IN CUI DEGLI IDIOTI GOVERNANO DEI CIECHI E DEI SORDI! Guglielmo Scuotilancia

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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ebreiIl 27 gennaio del 1945 è una data storica molto importante: fine dello sterminio degli Ebrei in Europa voluto da Hitler. In quel lontano giorno di 79 anni fa i soldati dell'Armata Rossa liberarono gli ebrei sopravvissuti alla soluzione finale che ancora erano rinchiusi nel campo di concentramento di Auschwitz. Se avessero ritardato anche di poche ore moltissimi di loro sarebbero finiti nelle camere a gas e nei forni crematori. E così, per la prima volta, il mondo occidentale potette vedere da vicino quello che realmente aveva fatto il regime nazista in tutta la sua realtà. In quel triste campo di concentramento non finirono soltanto cittadini ebrei, ma zingari, omosessuali, oppositori del regime nazista. Venne costruito nel 1940, durante la seconda guerra mondiale, per accogliere detenuti politici. Poi nel 1941 ebbe un notevole potenziamento con l'apertura del più grande campo di Birkenau e con l'installazione di varie fabbriche tra cui Krupp e Siemens. In queste fabbriche si sfruttava il lavoro coatto degli internati.

Gli ebrei venivano caricati su vagoni ferroviari piombati senza cibo e senza acqua e portati ad Auschwitz. Dopo aver attraversato quel cancello in ferro battuto venivano fatti scendere sulla cosiddetta "Judenramp" e poi subivano la prima selezione. Atroce rituale all'ingresso del campo: Denudamento, rasatura, tosatura, doccia, vestizione, numerazione. I vecchi finivano subito sotto le docce, così chiamavano i nazisti le camere a gas. Gli uomini e le donne a lavorare nei campi di lavoro affollati e malsani e poi man mano anche loro finivano nelle docce e nei forni crematori. Lavoravano e soffrivano prima di essere avviati alla morte, Al di là di quel famoso cancello dove campeggiava la scritta "Il lavoro rende liberi" c'era davvero l'inferno.

E noi oggi per ricordare quel triste evento celebriamo la Giornata della Memoria, per non dimenticare e per far si che tragedie simili non si ripetano mai più.

Altri crimini, altri genocidi ci sono stati in passato in Europa e nel mondo e ancora oggi troppi sono in corso sulla faccia della terra, ma quello che veramente è accaduto nei lager nazisti ha superato ogni forma di barbarie xenofoba razzista.

In quei famigerati campi si praticava finanche la tortura fisica e psicologica e si sperimentavano su quei corpi martoriati nuovi medicinali e metodi di chirurgia. Almeno sei milioni di internati perirono nelle camere a gas; contingenti minori vennero eliminati mediante iniezioni di fenolo, fucilazione di massa o impiccagioni.

La Giornata della Memoria che noi celebriamo ogni anno è entrata in vigore soltanto nel 2000 con una Legge dello Stato. Il testo approvato dal Parlamento stabilisce che ogni anno le scuole e le università organizzino per il 27 gennaio manifestazioni volte a ricordare i campi di sterminio nazista e gli oltre sei milioni di ebrei che perirono in quei famigerati lager. Ma queste celebrazioni servano per davvero? A chi ha ancora dei dubbi rispondo con un "Sì". Servono a combattere il razzismo, la xenofobia, l'odio razziale.

Anche in Calabria nelle scuole, nell'Università, a Ferramonti di Tarsia si celebrerà il Giorno della Memoria. Per chi ancora non lo sapesse il regime fascista aveva fatto costruire anche in Calabria un campo di concentramento dopo l'approvazione e l'entrata in vigore delle famose Leggi razziali del 1938, un complesso e aberrante sistema per la difesa della razza ariana.

Certo, era un campo di concentramento diverso di quello di Auschwitz o della Risiera di San Sabba a Trieste. A Ferramonti non ci furono camere a gas e forni crematori. Ma era pur sempre un campo di concentramento dove centinaia di ebrei erano costretti a vivere nella promiscuità in capannoni affollatissimi. C'erano le cimici ed i pidocchi e moltissimi si ammalarono di malaria, perché negli anni 40 il campo era stato costruito su un terreno paludoso e infestato dalle zanzare. C'erano, però, nel campo una biblioteca, una sala cinema e altri spazi ricettivi.

Riconoscere queste differenze non significa però che anche il male nella nostra amata terra di Calabria non c'era. C'era, eccome! Solo che i prigionieri venivano trattati come esseri umani e non come bestie. E il direttore del campo Paolo Salvatore pur facendo rispettare le ferree regole del campo ha cercato sempre di esser vicino agli internati. E anche i cittadini di Tarsia hanno contribuito per quel poco che potevano fare di lenire le sofferenze e i disagi degli internati.

Fra le testimonianze letterarie di Auschwitz, una delle più drammatiche, è costituita dalle memorie di Primo Levi "Se questo è un uomo" (1947). Precisa l'autore nella prefazione: - L'opera è stata scritta allo scopo non di formulare nuovi capi d'accusa ma, per fornire documenti per uno studio pacato di alcuni aspetti dell'animo umano e soprattutto per soddisfare l'impulso e il disagio di raccontare agli altri, di fare gli altri partecipi -. Levi nel suo libro parla di "un viaggio verso il nulla, viaggio all'ingiù, verso il fondo".

 

 

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gigginoSono giovani e meno giovani, ci sono chi studia e chi lavora, molti che si arrangiano. Sono un pezzo di questo paese, quelli che producono la ricchezza che altri si dividono, quelli che fanno andare avanti le cose, quelli che si mantengono onesti mentre pochi arraffano tutto. Sono quelli che non sono mai ascoltati, che non hanno amicizie importanti, che non hanno un partito protetto dai potenti.

Questi giovani meridionali credono nell’impegno e nella collettività, e per questo ogni giorno militano in centri sociali, associazioni, comitati di base, collettivi, sindacati, portando avanti attività sociali, doposcuola gratuiti, ambulatori e palestre popolari, mettendo su reti contro la povertà, cercando di difendere i territori e i centri storici dalle devastazioni, attivandosi quando c’è un terremoto o un’emergenza…

Appartengono a quell’Italia che la televisione e i mass-media in genere non raccontano, perché fa più comodo rappresentare un paese di individui isolati, depressi e arrabbiati che si fanno la guerra fra di loro, piuttosto che il paese solidale, che nella crisi sta imparando l’aiuto reciproco, a rispondere insieme ai bisogni, a denunciare gli speculatori, i politici corrotti, le inefficienze, gli sprechi.

Non sono famosi, non fanno comodo a nessuno. Anzi chi li governa, dall’Europa al più piccolo paese, vorrebbero farli sparire. Ma esistono, sono vivi e attivi su tanti territori, si fanno e si faranno sentire, diventeranno sempre di più il riferimento che le persone non trovano e non troveranno nelle istituzioni.

Hanno deciso di mettersi al servizio del popolo, degli ultimi. E lo fanno con dedizione, come persone che sanno di stare combattendo una battaglia lunga e dura. Una battaglia contro l’arroganza del potere, il ricatto della fame, l’egoismo e l’ignoranza. Purtroppo sono stati, fino ad oggi, senza un esercito, senza un piano di battaglia generale, troppo spesso divisi, chiusi ognuno nella propria resistenza…

E’ una umanità stanca di subire questa politica mediocre. Ogni giorno riescono a strappare sul territorio tante piccole vittorie, prendono sempre più atto che non è vero quello che gli hanno insegnato, che non cambia mai niente… Sono convinti che vincere si può, se si lavora con tenacia, rendendo protagonisti le persone. Loro sentono addosso l’entusiasmo, ma non riescono a portarlo su una dimensione nazionale, farlo sentire a larghe masse. Per questo chiedono di unirsi, per far arrivare più lontano la loro azione, per incidere politicamente.

Tutte le forze politiche usano lo stesso spartito musicale. Ormai gli italiani si trovano di fronte tre destre: quella del PD, quella della Lega e Forza Italia, quella del Movimento 5 Stelle. Nessuna di queste forze offre una risposta ai bisogni veri dei lavoratori, dei disoccupati, dei pensionati, delle giovani generazioni. Nessuna di queste forze può dare una mano alle comunità, perché nessuna vuole fare le uniche cose che potrebbero davvero cambiare la vita dei cittadini: prendere la ricchezza dalle tasche dei ricchi, fare politiche sociali, investimenti pubblici, messa in sicurezza dei territori, fermare abusi e speculazioni.

Mentre la condizione di vita degli inascoltati è in continuo peggioramento, sfiorando livelli drammatici nel Mezzogiorno, si preparano mesi spaventosi di campagna elettorale, in cui ognuna di queste forze farà a gara per affermarsi come la più intollerante, la più razzista, la più repressiva.

Ci sono cittadini che non vogliono essere spettatori di questo teatrino. Vogliono aggregarsi, agire, e imporre i loro temi. Con l’informazione, con le lotte, con una presenza viva sui territori che tolga consenso a chi ancora ha la faccia tosta di volerli ingannare ancora una volta.

Il filosofo canadese Alain Denault, descrive il mondo in cui viviamo come dominato da mediocri e noi imprigionati in una dittatura della mediocrità. Denault continua nel dire che non serve un superuomo, un leader, l’uomo-forte che nel nostro Paese è sempre stato visto come salvifico, perché egli sarebbe il capo dei mediocri, com’è stato e probabilmente sarà ancora un uomo come Berlusconi, Trump o il Putin di oggi.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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