
«Non credo ci sia la necessità di governi tecnici, senza che questo diventi un mantra in positivo o in negativo. Io nè auspico nè prevedo ci sia un governo tecnico».
Lo ha detto Mario Monti a L'Intervista di Maria Latella su SkyTg 24.
(nella foto Renzi sembra chiedersi: mi sembra come quandi io dicevo a letta stai sereno)
Monti ha poi detto di «prevedere» che il prossimo governo sarà guidato da Renzi.
«Io voto no, ma non vedo ragione al mondo per cui Renzi debba lasciare».
«Prevedo - ha quindi aggiunto - che Renzi, anche in caso di vittoria del no, resti alla guida del Paese.
Il referendum - spiega il senatore a vita - è una scelta di merito e non una scelta di campo.
Se deciderà di dimettersi sarà dunque una sua scelta.
Toccherà in quel caso al presidente della Repubblica decidere cosa fare», precisa spiegando che comunque «ci saranno altre persone nell'ambito dello stesso Governo Renzi, o del centrosinistra, che potranno eventualmente assumere la guida del governo fino alle prossime elezioni».
Potrebbe essere Padoan?
«Sarebbe un tecnico alla guida di un governo politico», conclude Monti.
«Quella del referendum è una scelta di merito, tutti stiamo sentendo la pressione di farne una scelta di campo.
Sapesse, dopo che ho esposto le ragioni meditate per cui voterò "no", come mi sono sentito estraniato da molta gente negli ambienti dove opero e dove ho amici.
Mi sono scoperto totalmente estraneo all'establishment».
«Se l'establishment vota "sì", o una buona parte, è per fare la scelta di campo per Renzi...
Che poi non è il Renzi contro D'Alema ma è Renzi contro Camusso, essenzialmente, quella è la cosa che lo ha reso simpatico all'establishment, ebbene io non faccio parte in questo senso dell'establishment».
Il pubblico di Canale 5 ha premiato con oltre quattro milioni di spettatori il ritorno di Simona Ventura in prima serata sulle reti Mediaset con il suo reality show: Selfie - Le cose cambiano.
La trasmissione in onda su Canale 5 tutti i lunedì alle 21.15, si pone il buon proposito si realizzare sogni o risolvere paure dei concorrenti che si presentano in studio, e possono essere presi sia dalla gente comune che dai Vip in erba. Desideri e fobie passano al vaglio di un parterre di vip posti ad hoc per decidere quale sogno sia meritevole d’essere realizzato o quale fobia sia necessario risolvere. A fare ciò ci sono tre coppie di mentori scelti tra i volti noti dello spettacolo e sono: l’insegnante di danza Alessandra Celentano e il pallavolista Ivan Zaytsev, il soprano Katia Ricciarelli e lo chef Simone Rugiati, il ballerino Stefano De Martino con il bel Mariano Di Vaio. Questi avranno l’arduo compito di scegliere secondo loro i casi più degni e poi seguire i protagonisti lungo il loro percorso fino alla trasformazione finale.
L’operato dei mentori verrà, in seguito, valutato da una giuria fissa composta anch’essa da vip: Paola Caruso, Aldo Montano, la Marchesa del Secco d’Aragona, Tina Cipollari e lo youtuber Yuri Sterrone in arte Gordon.
La prima puntata andata in onda lunedì scorso ha visto l’alternarsi di storie, tra le altre quella di Elfisio, un marito che versa in gravi condizioni economiche che con l’aiuto di Stefano De Martino è riuscito a sorprendere la moglie, facendole vivere una serata da sogno.
Nonostante le buone intenzioni e il grande ritorno della Ventura, non sono mancate le critiche come chi ha considerato la trasmissione un programma trash, noioso, niente di nuovo e già visto. Le aspettative erano tante da parte dei critici e dei telespettatori e, ovviamente, anche per la Ventura non sono mancate note di disappunto. C’era chi si aspettava un programma degno della bravura e della professionalità dell’ex naufraga dell’Isola dei famosi, ma non ne è rimasto pienamente soddisfatto.
Ma a dispetto di tutto e tutti, la Ventura si difende direttamente sui social network scrivendo che si sente soddisfatta della serata e avverte che, in ogni caso, il meglio deve ancora venire. Non perdete, dunque, il prossimo appuntamento con Selfie - Le cose cambiano.
La Corte costituzionale giudica illegittimo il meccanismo per cui l'attuazione passa dal semplice parere della Conferenza Stato-Regioni.
Nel mirino le norme sulla dirigenza, le partecipate, i servizi pubblici locali e il pubblico impiego.
LA riforma Madia è incostituzionale perché lede l'autonomia delle Regioni.
E lo fa in quattro punti cruciali, il cuore stesso della riforma: dirigenti, società partecipate, servizi pubblici locali, organizzazione del lavoro.
La Corte Costituzionale, con la sentenza numero 251 appena emessa, non lascia adito a dubbi.
Il governatore del Veneto Luca Zaia parla di «Una sentenza storica», e commenta. «Siamo stati l'unica Regione d'Italia a portare avanti le nostre convinzioni. Il centralismo sanitario governativo ha ricevuto un duro colpo e noi, tanto per fare un esempio concreto, continueremo a nominare i direttori generali della nostra sanità invece che doverli scegliere all'interno di una terna `nazionale´ dove poteva esserci anche qualche responsabile di certi sfasci in giro per l'Italia».
Il premier Renzi,al contrario dichiara che : «La sentenza spiega perché cambio il titolo V della Costituzione , siamo un Paese bloccato»
E poi, continuando, ha aggiunto «Noi avevamo fatto un decreto per rendere licenziabile il dirigente che non si comporta bene e la Consulta ha detto che siccome non c'è intesa con le Regioni, avevamo chiesto un parere, la norma illegittima. E poi mi dicono che non devo cambiare le regole del Titolo V. Siamo circondati da una burocrazia opprimente».
La Corte non ha bocciato in toto la riforma, ma solo le misure della delega Madia impugnate dalla Regione Veneto.
«Le pronunce di illegittimità costituzionale colpiscono le disposizioni impugnate solo nella parte in cui prevedono che i decreti legislativi siano adottati previo parere e non previa intesa», si spiega nella sintesi della sentenza.
«Quando non è possibile individuare una materia di competenza dello Stato cui ricondurre, in via prevalente, la normativa impugnata, perché vi è, invece, una concorrenza di competenze, statali e regionali, è necessario che il legislatore statale rispetti il principio di leale collaborazione e preveda adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni (e degli enti locali)», spiega la Corte.
Linda Lanzillotta (Pd) sulla riforma Madia twitta « La Corte impone l'intesa con le Regioni sulla riduzione delle società per azioni e la dirigenza: così il cambiamento non si farà mai».
Maurizio Gasparri (Fi), dichiara «dopo quella del Veneto ci sarà una pioggia di impugnazioni per fermare giustamente i deliri di onnipotenza di questo governo, e il caos sarà totale»
E una doccia fredda per il governo. Ad un giorno appena dall'approvazione definitiva di ben cinque decreti attuativi della riforma Madia, tra cui quello importantissimo sulla dirigenza e l'altro sui servizi pubblici locali, oggi di fatto bollati come incostituzionali dalla Corte.
Tutto da rifare quindi?
Senz'altro la legge delega deve cambiare.
Si salva solo il testo unico del pubblico impiego, ma solo perché non ancora approvato dal Consiglio dei ministri (c'è tempo fino a febbraio).
Mentre gli altri tre (dirigenti, partecipate, servizi pubblici) devono di fatto essere riscritti.
E questa volta non basterà il mero parere delle Regioni.