
“L'avevo sentito il giorno di Natale e ci eravamo dati appuntamento in primavera per un convegno sull'importanza delle parole.
Tullio De Mauro era un intellettuale autentico e un signore d'altri tempi.
Nominato assessore alla cultura della Regione Calabria nell'aprile del 2010, durante la prima trasferta a Roma, andai a trovarlo a casa per conoscerlo.
Infatti, all'inizio della mia esperienza istituzionale mi era sembrato importante confrontarmi con uno dei più importanti studiosi italiani, nella convinzione che il problema delle terre del Sud è anche quello di importare reputazione e coinvolgere nella definizione delle politiche pubbliche il meglio che il nostro Paese può offrire.
Nell'occasione, mi raccontò della sua esperienza di assessore alla Regione Lazio e poi di quella di Ministro e mi descrisse tante esperienze di eccellenza presenti nelle scuole italiane.
Gli proposi la mia idea di sviluppare la cultura, l'istruzione e la ricerca nella mia regione partendo dal rafforzamento della lettura.
Frutto di questa impostazione, fu, qualche mese dopo, il "Libro verde sulla lettura in Calabria", del quale scrisse la prefazione sostenendo che si trattasse di "una tappa significativa non solo per la Calabria, ma per l'intero paese. È tale perché delinea e propone una serie di iniziative assai concrete e dettagliate e, però, le prospetta in modo coordinato in quanto si ispira a una visione e concezione unitaria e articolata di ciò che possiamo e dobbiamo intendere per cultura".
Ricordo le sue osservazioni profonde, il suo inquadrare il fenomeno della lingua come identità e sviluppo mentale, le sue riflessioni sulle conseguenze della lettura nello sviluppo economico e civile.
Lo coinvolsi, sempre gratuitamente, come presidente di un comitato per la redazione di una legge regionale sulla valorizzazione del dialetto, che venne approvata all'unanimità dal Consiglio Regionale nel 2012.
Ci siamo poi costantemente sentiti. Ho sempre tratto grandi motivazioni e intuizioni da quanto mi diceva, poiché era prodigo di suggerimenti e consigli.
Nel 2013, la Calabria fu la prima regione "Ospite d'onore" al Salone del libro di Torino, inaugurato quell'anno da una mostra su Mattia Preti curata da Vittorio Sgarbi nella cornice della Reggia di Venaria Reale.
Durante quelle giornate presentammo "Il libro verde sulla lettura", illustrandone gli sviluppi a cominciare dal progetto "Un Libro per ogni nato", in base al quale per un intero anno consegnammo a tutti i nati nella regione un volume appositamente predisposto e che aveva per titolo "Quando arriva la felicità".
L'anno dopo in ottobre a Roma, insieme a Giuseppe De Rita, Umberto Broccoli e Giuseppe Roma, fu uno dei presentatori dello studio del Censis sul capitale culturale della Calabria, la prima ricerca del genere effettuata nel nostro Paese per individuare i reali fattori che potessero fare diventare la cultura un elemento centrale nella vita dei cittadini e nell'attività delle istituzioni.
Nel corso del suo intervento, de Mauro apprezzó il tentativo che era stato compiuto per creare un modello di sviluppo economico basato sulla cultura.
Il mese successivo, con la fine della legislatura, si concludeva la mia esperienza di assessore, faticosissima ma a tratti esaltante.
Inviai, allora, una lettera in cui tracciavo un doveroso e sintetico resoconto dei risultati raggiunti.
La comunicazione più gentile e generosa me la scrisse proprio lui. Le sue parole davano un senso a un lavoro molto intenso e che, in ogni caso, non era ripetibile.
Mi scrisse per mail il 29 novembre 2014, alle ore 22.38:
"Caro Amico, mi permetta di chiamarLa così. E se con un raro colpo di genio il partito vincente si proponesse di salvaguardare tutto quello che Lei ha fatto di positivo per la cultura calabrese riproponendo Lei all'assessorato? È solo un sogno infantile? Un tempo, quando esisteva il partito comunista, era possibile parlare e discutere nelle sedi appropriate. Ora resta la malinconia di non sapere come trasformare stima e ammirazione per quel che Lei ha fatto in azioni concrete e opere. Mi conservi la Sua amicizia preziosa e vediamo che si può fare perché quel che Lei ha avviato continui.".
È il ricordo più bello di quasi cinque anni di attività istituzionale. Anche perché era una considerazione, affettivamente di parte e improponibile, ma assolutamente disinteressata di chi valuta le persone per quello che riescono a fare.
Ho ripreso poi l'insegnamento all'Università. Per approfondire i miei studi, mi consultai più volte con lui per definire il significato di intelligence, che deriva non da "intus-legere" ma da "inter-legere", cioè mettere insieme, collegare, in quanto è una pratica che ha a che fare con l'intelligenza, la facoltà umana per eccellenza.
Nel settembre del 2015, lo avevo invitato, insieme a Nicola Gratteri e Arturo Diaconale, all' "Università d'estate" di Soveria Mannelli, che aveva come tema "Ripartire dalle parole". Purtroppo non riuscì a venire, promettendomi che lo avrebbe fatto successivamente. Lo avevo chiamato a Natale proprio per questo.
Nel corso del nostro incontro, mi ero ripromesso di parlargli della vicenda del fratello Mauro de Mauro, giornalista scomparso nel 1969 e mai più ritrovato, la cui fine è ancora avvolta nel mistero.
Per me resta il dono della sua amicizia, la sua straordinaria figura di studioso da prendere ad esempio, unitamente all'inevitabile rimpianto di non averlo più ancora tra noi.
Ho voluto ricordare il mio rapporto con lui, per esprimergli la gratitudine di calabrese e di italiano, come amico e come rappresentante delle istituzioni.
Intendo, dunque, con gratitudine e affetto dargli merito che alcuni risultati raggiunti nella cultura calabrese, significativi o meno, sono stati possibili grazie al suo apporto disinteressato e prezioso.
In una delle sue ricerche, aveva evidenziato che circa il 76 per cento dei nostri connazionali non riesce a comprendere un semplice testo nella nostra lingua.
Con lui parlavo spesso delle ricadute che questo comportava in Italia sullo sviluppo dell'economia e sull'effettivo esercizio della democrazia.
Ecco, allora, il punto: tutto parte dalle parole. È questa probabilmente l'eredità che Tullio de Mauro, nella sua vita limpida e operosa, ci lascia.
Mario Caligiuri*
*Mario Caligiuri, fu l’assessore alla Cultura della Regione Calabria, che lanciò il progetto di sensibilizzazione chiamato “Calabria Jones” per avvicinare i giovani all’archeologia, visto che di beni archeologici è ricco il patrimonio locale. Questo progetto coinvolse quasi 5000 studenti in 107 scuole medie e si propose di alleviare i danni della ’ndrangheta, mostrando ai più giovani le tante risorse del territorio da sfruttare e valorizzare per la crescita comune ( da http://www.ilmegafono.org/calabria-jones-alla-scoperta-dei-beni-culturali/
I dati raccolti durante l'anno 2016 dai carabinieri del Nas sono davvero sconvolgenti, circa un ristornate su due ha qualche irregolarità e uno su quattro rischia la chiusura per motivi igenici. Questi i dati: 521 multe per un totale di 658mila euro, circa venti mila euro di sequestri fra olio, carne e pesce su oltre settecento locali ispezionati. L'Asl ha denunciato 324 titolari mentre per altri è scattata l'indagine penale per alimenti in cattivo stato di conservazione e adulterati o perfino per blatte nei registratori di cassa e feci di roditori nell'area di preparazione dei pasti e nei magazzini. Nell'area del centro storico della Capitale solo il 51 percento era in regola mentre per il restante 49 gli esiti non sono stati conformi. All'interno del 49 % ci sono anche i grandi nomi della ristorazione romana e persino rinomati fast food: c'è chi tiene disinfestanti accanto ai fermenti lattici e chi ha insetti nei prosciutti.
Esistono naturalmente meccanismi di autotutela: (Hccp) il ristoratore sottopone una tantum al controllo esterno di un certificatore che supervisiona i magazzini di stoccaggio della merce, il luogo di lavoro, l'area di preparazione dei pasti e gli spazi per la clientela. Per quanto riguarda, invece, la tracciabilità degli alimenti qui il giochino dei menù è sempre lo stesso: il tonno è pescato in Sicilia e la triglia in Toscana. Gli esperti hanno sanzionato circa il 15 % dei casi.
”La precarietà non è più una costante della nostra ristorazione e l'offerta è in linea con gli obiettivi qualitativi della norma”, dicono i Nas. Dopo il dovuto sopralluogo, ai ristoratori basterebbe effettuare dei piccoli cambiamenti per essere adeguati e conformi. Ma una buona parte di essi, pur non avendo scarafaggi nei propri locali, ha una bassissima qualità. Locali di tutto rispetto e alla moda, ristoranti giapponesi, cornetterie, pasticcerie, street food con pulizie che spesso si fermano al bancone della vendita, lasciando il retrobottega nel degrado tra insetti, escrementi di animali e sporcizia. Tra le irregolarità riscontate troviamo alcuni dei locali più: Bottega di delikatessen Franchi, Osteria Coppelle, Oishi Sushi, Dolce Maniera e il Chicken Hut. Per quanto riguarda le norme igieniche non sembra esserci disuguaglianza: in molti le ignorano, dalla grande catena commerciale alla piccola boulangerie. Davvero un spettacolo orribile quelle registarto a Roma nel 2016.
Aveva già fatto sentire la sua voce raccontando la sua storia di emigrato barese a Dublino, in Irlanda.
È uno delle centinaia, forse migliaia, di giovani italiani che cercano all’estero quello che il proprio paese non offre: l’opportunità di costruirsi una vita, un futuro.
Gaetano Di Liso, avvocato originario di Palo del Colle, torna a parlare e lo fa per rispondere alle dichiarazioni poco opportune (usiamo un eufemismo) del ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Pubblichiamo la sua lettera integrale.
“Sig. Perito agrario Poletti (eh si, in un Paese che richiede la laurea anche per servire caffè in un bar, Lei e’ l’ennesimo caso di non laureato che raggiunge poltrone d’oro, vertici di rappresentanza delle istituzioni e stipendi pazzeschi), ho dato un’occhiata al suo curriculum e le garantisco che lei non verrebbe assunto neanche all’Arlington Hotel della mia Dublino a servire colazioni come io, giovane avvocato laureatomi in Italia, ho fatto per pagare le spese di sopravvivenza in un Paese straniero che mi ha dato una possibilità che il Suo Paese mi ha negato.
Lei, ministro del lavoro, il lavoro non sa neanche cosa sia, lei che non ha lavorato neanche un giorno della sua vita (il suo cv parla chiaro).
Lei, che si rallegra di non avere tra i piedi gente come me, non ha la piu’ pallida idea di quanto lei sia un miracolato.
Lei non sa, perito agrario Poletti, che dietro ogni ragazzo che si trasferisce all’estero, ci sono una madre e un padre che piangono QUOTIDIANAMENTE la mancanza del figlio, c’e’ una sorella da vedere solo un paio di volte all’anno, degli amici da vedere solo su “facetime” e i cui figli probabilmente non ti riconosceranno mai come “zio”, c’e’ una sofferenza lancinante con la quale ci si abitua a convivere e che diventa poi quasi naturale e parte del tuo benessere/malessere quotidiano.
Il Suo, perito agrario Poletti, e’ un paese morto, finito, senza presente ne’ tanto meno futuro e lo e’ anche per colpa sua e di chi l’ha preceduto.
Chi e’ Lei per parlare a noi, figli e fratelli d’Italia residenti all’estero, con arroganza, con spocchia, con offese e mancando del più basilare rispetto che il suo status di persona, oltre al suo status di ministro, richiederebbe?!
O forse pensa che le sue pensioni d’oro, i suoi stipendi da favola possano consentirle tutto questo nei confronti di ragazzi, in molti casi più titolati, preparati e competenti di lei?!
Ha mai provato a sostenere un colloquio in inglese?
Ha mai scoperto quanto bello, duro e difficile sia conoscere tre lingue e lavorare in realtà multiculturali?
Ha mai avuto la sensazione di sentirsi impotente quando le parlano in una lingua che non e’ sua e ha difficoltà a comprenderla al 100%?
Questo lei, perito agrario Poletti, non lo sa e non lo saprà mai.
E’ per questo che il suo ego le permette di offendere 100.000 ragazze e ragazzi che l’unica cosa che condividono con lei e’ la cittadinanza italiana.
Lei e’ l’emblema di una classe politica e partitica totalmente sconnessa con la realtà, totalmente avulsa dal tessuto sociale che le porcate sue e dei suoi amici “compagni” hanno contribuito a generare.
Io, e gli altri 99.999 ragazzi che siamo scappati all’estero dovremmo essere un problema che dovrebbe toglierle il sonno, lei dovrebbe fare in modo che questa gente possa tornare a casa, creare condizioni di lavoro e di stabilita’ economica che possano permettere a 100.000 mamme di non piangere più per la lontananza dei figli.
Lei, perito agrario Poletti, padre dei voucher e del precariato, e’ il colpevole di questo esodo epocale e quasi senza precedenti di questa gente che lei vorrebbe fuori dalle palle.
Si sciacqui la bocca, perito agrario Poletti, prima di parlare di gente che parla piu lingue di lei, che ha avuto il coraggio di non accontentarsi, e di cercare altrove ciò che uno stato che fa davvero lo stato avrebbe dovuto garantire al proprio interno.
E si tolga rapidamente dai coglioni per favore, prima lo farà e prima questo paese, visto dalla fredda e super accogliente Irlanda, sembrerà più bello e gentile.
Firmato da uno di quelli che lei vorrebbe fuori dalle palle”.