
Il 19 gennaio del 2000 è stato fatto morire in solitudine ad Hammamet un ex Presidente del Consiglio: Benedetto Craxi detto Bettino. Ora le sue spoglie mortali riposano in pace in un piccolo cimitero cristiano di quella città. Ogni anno, in occasione dell’anniversario della sua morte, tantissimi socialisti della diaspora e pochissimi uomini politici italiani, vanno a depositare un garofano rosso sulla sua tomba. Si ricordano di lui i tanti ex socialisti dispersi nel variegato orto botanico della politica soltanto in occasione della sua morte, ma chi con Craxi ha fraternamente collaborato davvero o chi gli è stato molto vicino quando era considerato l’uomo politico più potente della Repubblica senza mai rinnegarlo o tradirlo, ogni istante, ogni giorno parlano di lui, della sua politica, delle sue idee, della sua passione per la Patria, della sua riabilitazione.
La riabilitazione di Bettino è iniziata alcuni anni fa quando la figlia Stefania ha presentato presso La Sala del Refettorio di S. Macuto in Roma un volume fotografico del padre a cura di Umberto Cicconi: Craxi, una Storia. Erano presenti, tra gli altri, l’ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e l’ex Presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, i quali dissero che era giunto finalmente l’ora di rivedere il giudizio sull’operato di Craxi. Era presente anche la signora Donna Assunta Almirante, seduta in prima fila, moglie del defunto leader missino On. Giorgio, che ha voluto testimoniare con la sua presenza che fu proprio Bettino a sdoganare il Movimento Sociale Italiano e la destra ex fascista. E così quella sera l’On. Craxi, tante volte insultato, maltrattato, sputato, criticato, offeso, per poche ore è tornato dall’esilio di nuovo nella Storia. Solo per una serata però, perché come continua a ribadire ancora oggi la moglie “ le spoglie di Bettino resteranno per sempre ad Hammamet. Non l’hanno voluto vivo in Italia, non l’avranno neanche da morto”.
Quella sera Craxi avrebbe voluto senz’altro parlare, però, è rimasto silenzioso, lui che in vita era stato sempre molto loquace, un fiume in piena. E’ rimasto in silenzio, immerso nei suoi ricordi, come conviene ad un esule espulso dalla sua Patria dopo averla con dignità e orgoglio. Ora a distanza di lungi 16 anni si parla ancora di Craxi e questa volta perché il Sindaco di Milano ha osato avanzare una idea: intitoliamo una via a Bettino. Apriti cielo, non l’avesse mai fatto. Si è fatto vivo l’ex magistrato di mani pulite Antonio Di Pietro, il suo acerrimo nemico e persecutore. Le polemiche che fino ad ora si erano sopite, all’improvviso si sono risvegliate. Ma lui, Bettino, arrogante e altezzoso quando era ancora in vita, nella sua tomba di Hammamet se ne sta zitto, aspetta soltanto la visita dei suoi cari e del nipotino che amava tanto. Se lui oggi potesse davvero ascoltare o leggere alcuni giudizi che certi uomini politici danno di lui forse si rivolterebbe nella tomba. Ma quella tomba, coperta di sabbia africana, non sarà scossa dall’eco dei discorsi che il vento porterà dal mare. Murata nella sabbia e nel cemento e nella cattiva coscienza di tanti politici che hanno fatto fortuna quando lui era in auge, non ascolterà le parole dei vili e dei vigliacchi che l’hanno fatto tanto soffrire e poi morire in terra straniera. Sono stati loro che l’hanno ucciso col loro silenzio quando nel Parlamento nessuno ebbe il coraggio di alzarsi e dire tutta la verità:- E’ vero, tutti abbiamo preso dall’Italia e dall’estero i soldi per il finanziamento dei partiti -. Solo Bettino ha pagato, tutti gli altri sono rimasti indenni. Ma l’hanno ucciso pure alcuni giudici che ancora oggi continuano a parlare di Craxi come un delinquente, un traditore, un latitante, un condannato che avrebbe dovuto espiare la pena nelle patrie galere. E lo hanno ucciso quei balordi prezzolati agit-prop, che dopo aver partecipato ad una riunione di partito, sono stati mandati ad insultarlo all’uscita dell’albergo e a buttargli le monetine addosso. Lo hanno ucciso, soprattutto, i suoi vecchi amici e compagni di partito che per un pugno di lenticchie ora albergano nel variegato orto botanico dei partiti, che appena poterono, per salvare se stessi, lo hanno tradito e poi abbandonato. Chissà quante volte, dall’esilio di Hammamet, ebbe modo di scrutare il mare e guardare verso l’Italia. Certamente anche lui avrà avuto momenti di sconforto e di scoraggiamento. Fissava l’orizzonte, ma l’Italia era molto lontana e non poteva vederla. Voleva ritornare in Patria almeno per curarsi. Voleva ritornare nella sua Milano che amava tanto e stare col nipotino, glielo hanno impedito. Ora riposa in pace in quella terra lontana. Il Presidente della Tunisia, sincero amico di Bettino, in occasione della sua morte, lo ha ricordato solennemente dedicandogli una via. L’Italia no, Di Pietro protesta. L’Italia di oggi, divisa geograficamente e politicamente a metà, non sa più onorare i suoi morti. Che tristezza! Che ingrata Patria! Il suo nome fa ancora paura e chi ha osato inutilmente appropriarsi delle sue idee, ora fa di tutto per neutralizzare finanche il ricordo. L’hanno odiato, fischiato, beffeggiato, insultato, calunniato, deriso, temuto quando era ancora in vita, lo temono anche da morto. Ha scritto Iannuzzi su Panorama alcuni anni fa:- Temono anche il solo nome su una lapide-.
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Dramma in un hotel travolto da una valanga
Le squadre di soccorso scavano giorno e notte per cercare di salvare chi è rimasto intrappolato nelle rovine dell’Hotel Rigopiano di Forindola ai piedi del Gran Sasso travolto da una slavina dopo le scosse di terremoto e completamente distrutto e finanche spostato di circa dieci metri. Nell’albergo c’erano 33 persone, inclusi 4 bambini. Dopo notti e giorni di ricerche sono stati tratti vivi alcuni ospiti dell’hotel tra cui i bambini. Sono vivi perché si sarebbero riparati in cucina e avrebbero acceso finanche un focherello per riscaldarsi. Intanto continuano incessantemente le ricerche. E’ una lotta contro il tempo. C’è ancora fiducia di trovare qualcun altro ancora in vita, malgrado le condizioni proibitive del tempo. Ma più passa il tempo e più la speranza è destinata a diminuire. Gli ospiti dell’Hotel si trovavano tutti nella Hall ed erano pronti a lasciare la struttura perché l’albergo era tutto sommerso dalla neve ed avevano paura che potesse crollare da un momento all’altro. Volevano ritornare nelle loro case. Avevano fatto le valigie, erano tutti pronti, aspettando una turbina che pulisse la strada. Spaventati dal sisma avevano fretta di lasciare la struttura Aspettavano uno spazzaneve che non è mai arrivato. E’ arrivata prima la valanga che ha spazzato via tutto e tutti. E poi sono arrivati i soccorritori dopo 5 lunghe ore di marcia con gli sci alle 4 di mattina, perché le colonne dei mezzi sono stati bloccati dalla neve, dal ghiaccio e dagli alberi caduti. Quando arrivano l’albergo non c’era più. Era stato travolto da uno tsumani di neve, rocce e alberi. Poi arrivano altri Vigili del Fuoco, gli uomini della Guardia di Finanza, del soccorso alpino, della Polizia ed aprono un varco tra i cumuli di neve alti anche 5 metri e arrivano dove prima c’era l’ingresso dell’albergo. E’ invaso dal ghiaccio, dalla neve, dalle rocce e dagli alberi sradicati dalla furia della valanga che non ha lasciato scampo. Incominciano a scavare con le pale e con le mani sperando di trovare qualcuno ancora in vita. Non si sono mai fermati ed hanno avuto ragione. Dopo ore ed ore di lotta contro il tempo, il freddo, il gelo, la bufera hanno riportato in vita alcuni ospiti creduti ormai morti e sepolti sotto le macerie. Adesso sono incominciate, come al solito, le polemiche. Se l’albergo era sommerso dalla neve come mai le persone che soggiornavano nell’hotel non sono state fatte andare via in tempo? Come mai la turbina non è arrivata dopo che il datore di lavoro aveva dato l’allarme? Perché non è stato creduto? Adesso la Procura di Pescara indaga per disastro colposo e omicidio colposo plurimo. Indaga pure per i ritardi dei soccorritori. Sono stati acquisiti tutti i documenti che possano interessare le indagini. Vittorio Sgarbi, non si smentisce, e punta il dito contro lo Stato che manda gli elicotteri dell’Esercito a collaborare con le missioni criminali dei francesi e degli americani in Iraq e in Libia, ma non li manda a soccorrere al momento giusto gli ospiti dell’Hotel Rigopiano travolto dalla slavina. Se la prende pure con i Magistrati i quali indagano per disastro colposo e omicidio colposo e non per il reato di omissione di soccorso. “ Un omicidio non lo compie la natura, lo compie l’uomo. Allo stato dovrebbe essere indagata la slavina, ma sicuramente si tratta di una strage di Stato, annunciata, denunciata, ignorata”. E Alessandro Sallusti nel suo editoriale di venerdì 20 gennaio intitolato “ Valanga di colpe” afferma:- Sarebbe bastato uno spazzaneve, un maledetto e banale spazzaneve e oggi non saremmo qui a piangere altre vittime. Dove diavolo erano le turbine spazzaneve dell’Esercito, dove i mezzi pesanti, chi ha valutato non urgente andare a prendere quelle persone? Trenta disgraziati morti sì per una valanga ma temo anche di burocrazia e inefficienza