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Lo si legge sul “ Contratto di programma 2015-2019 tra il Ministero dello Sviluppo economico e e Poste italiane”

Tale contratto di programma regola i rapporti tra lo Stato e Poste Italiane S.p.A per la fornitura del servizio postale universale affidato alla Società ai sensi e per gli effetti dell’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 261del 1999

Sempre tale contratto regola i rapporti tra lo Stato e Poste Italiane S.p.A nel perseguimento di obiettivi di coesione sociale ed economica, che prevedono la fornitura di servizi utili al cittadino, alle imprese e alle pubbliche amministrazioni, ai sensi del successivo articolo 5, mediante l’utilizzo della rete postale della Società.

Per tali obiettivi lo Stato eroga alle Poste 262,4 milioni all’anno

Il contratto, è entrato in vigore il primo gennaio 2016 ed ha anche ottenuto il via libera della Commissione europea

Il Ministro Guidi nel sottoscrivere il contratto ha dichiarato che “Poste è un asset per il Paese: e lo è a prescindere dalla composizione del suo azionariato. Lo è per quello che è e per quello che fa. Questo spiega l’attenzione e la determinazione con cui siamo arrivati alla sottoscrizione del contratto che costituisce l’architrave del forte progetto di valorizzazione e rinnovamento di Poste Italiane e, parimenti, il necessario strumento per il conseguimento dell’obiettivo di coesione sociale e territoriale che la legislazione europea e nazionale ascrivono al servizio universale postale”

Il Ministero dello sviluppo economico ha affidato il servizio fino al 30 aprile 2026.

Ma le Poste osservano che la situazione finanziaria avrà un notevole flessione considerato che la Legge 2017 per il mercato e la concorrenza (art.1, comma 57 lett. b) ha abrogato, a decorrere dal 10 settembre 2017, l’art.4 del d.lgs.261/1999 concernente l’affidamento in esclusiva al fornitore del servizio universale (Poste Italiane S.p.a.) dei servizi inerenti le notificazioni di atti giudiziari e di multe.

Ed anche per tali ragioni e per la forte flessione della posta massiva già da tempo Poste Italiane sta attuando una nuova politica che prevede il taglio di costi, sportelli e postini, chiudendo Uffici postali minori e riducendo la consegna delle lettere a cinque giorni ogni due settimane (anziché cinque a settimana come previsto dalle norme europee): lunedì, mercoledì e venerdì in una settimana e martedì e giovedì in quella successiva, in particolare nei piccoli comuni.

L’obiettivo finale è di ridurre il passaggio del postino in più di 5.200 comuni italiani) su 7.998 esistenti) , fino a interessare circa il 25% della popolazione italiana( negli altri 2798 medio/grandi comuni abita il 75% della popolazione) .

Nel mentre in 1.900 comuni italiani, tra più grandi, è stata introdotta una rete di distribuzione privata parallela.

Con un prossimo articolo vi diremo in quali comuni calabresi sarà ridotto il servizio di consegna della posta

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Il Senatore Pietro Grasso nonché Presidente del Senato della Repubblica della XVII Legislatura spara a zero contro il suo partito, il Partito Democratico di Renzi e Gentiloni per intenderci, e dice che se lui non avesse ricoperto la seconda carica dello Stato, cioè la Presidenza del Senato, non avrebbe votato la nuova legge elettorale né tantomeno data la fiducia al Governo Gentiloni.

Politicamente e umanamente la misura è colma e abbandona, perciò, il partito che lo ha fatto eleggere Senatore e poi Presidente del Senato con l’aiutino di una quindicina di Senatori del Movimento 5 Stelle.

E dove è andato a finire?

Nel Gruppo Misto, rifugio di tutti i voltagabbana.

Ma poiché la misura era colma e l’ennesima fiducia del Governo Gentiloni è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, perché non si è dimesso prima della votazione anche da Presidente del Senato?

Gli fa comodo restare nella comodissima poltrona che occupa non per meriti propri.

Ma chi lo ha messo in quel posto così prestigioso?

Posto occupato prima di lui da uomini politici davvero in gamba e molto preparati, onore e vanto dell’Italia repubblicana: Paratore, Merzagora, Bonomi, De Nicola, Malagodi, Fanfani, Spadolini, Cossiga.

Il Partito Democratico naturalmente.

E ora, a pochi mesi dallo scioglimento delle Camere, Grasso sbatte la porta in faccia al PD e abbandona i suoi amici fedeli e sputa nel piatto dove fino ad ieri ha lautamente mangiato.

Bella riconoscenza.

Bella ricompensa.

Ben gli sta al Pd e ai suoi dirigenti.

Lo hanno imbarcato per opportunismo ed ora se ne va.

Ma forse ha capito qualcosa.

Con molta probabilità Renzi non lo avrebbe ricandidato senatore alle prossime elezioni politiche e allora lui, molto lungimirante, cercherà di accasarsi con la sinistra per ottenere ancora un’altra volta un posticino al Senato.

Benvenuto fra di noi, esultano Bersani, D’Alema e Co.

O forse avendo avuto la sensazione che il suo partito alle prossime elezioni politiche avrebbe potuto prendere una sonora batosta ora scappa come un topo dalla nave che affonda.

I voltagabbana, i traditori, non si trovano soltanto nel partito di Berlusconi, ma albergano anche in altri partiti politici.

Grasso, però, insisto, avrebbe fatto più bella figura se si fosse dimesso almeno da Presidente del Senato.

Ma in Italia, purtroppo, i nostri Parlamentarti e i nostri governanti non conoscono la parola “Dimissioni”.

La aborriscono.

La danno soltanto i grandi e veri uomini.

Perciò le motivazioni della scelta del Presidente Grasso di lasciare il gruppo Pd non mi hanno convinto.

E’ contro il voto di fiducia?

Ma quanti voti di fiducia abbiamo avuto in Parlamento con Monti, Letta, Renzi e Gentiloni?

Tantissimi.

Perché è stato zitto fino ad ieri?

Per convenienza?

Ma non era lui che ogni giorno ci ha rotto i timpani per non dire una mala parola quando se la prendeva con quelli che cambiavano casacca e che intendeva riformare i regolamenti?

Certo che era lui.

Appresa la notizia delle sue dimissioni dal partito mi sono messo a piangere.

Grave perdita di un uomo che ha fatto tanto per l’Italia e per la nostra Calabria.

Stasera inizierò lo sciopero della fame e della sete per questa notizia davvero devastante.

Fuori il Senatore Pietro Grasso dalla maggioranza parlamentare che appoggiava il Governo Gentiloni e dentro il Senatore Denis Verdini, il fuoriuscito dal partito di Berlusconi.

E tutto alla luce del sole e nello stesso tempo.

Bella conquista parlamentare!

Andiamo proprio bene.

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Riceviamo e pubblichiamo:

Dal sito di Gefira - l’organizzazione che per prima ha mostrato attraverso la piattaforma Marine Traffic la frequenza con la quale le navi delle Ong entrano fin nelle acque libiche per raccogliere i migranti - una densa intervista a Gianadrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa ed autorevole esperto di questioni strategiche e militari.

Gaiani parla senza reticenze della "stretta" del governo italiano sulle ONG e sulla questione migranti come di un tentativo di rassicurare gli italiani in fuga verso la destra, senza però voler fermare veramente gli sbarchi e rinunciare al business dei migranti e all'illusorio bacino di voti che arriverebbe dallo ius soli. La situazione in realtà sfugge al controllo, con i nostri partner europei definiti da Gaiani "i nostri peggiori nemici in Libia", e lo scenario che si prospetta sarà uno shock per gli europei occidentali imbottiti di multiculturalismo. L'unica speranza, dice Gaiani, è che Visegrad resista anche per noi.

Gianandrea Gaiani intervistato da Daniel Moscardi di Gefira, 23 Ottobre 2017

Gianandrea Gaiani è il direttore della autorevole rassegna online analisidifesa.it ed esperto sull'immigrazione. Collabora regolarmente con diversi giornali italiani ed è spesso presente su numerosi canali televisivi a proposito di immigrazione e sicurezza. È anche l'autore (insieme a Giancarlo Blangiardo e Giuseppe Valditara) del libro uscito di recente Immigrazione, tutto quello che dovremmo sapere.

Gefira ha ottenuto da Gianandrea Gaiani un'intervista esclusiva sulle sue opinioni circa gli ultimi sviluppi degli arrivi da Libia e Tunisia e sull'attuale approccio del governo italiano. Esplicito e tutt'altro che politicamente corretto, Gaiani coglie esattamente il punto del recente cambiamento di politica del governo italiano sul codice di condotta delle ONG, nonché sui risultati dell'Italia e sui cosiddetti "partner" in Libia.

GE - Che cosa ha causato la svolta della scorsa estate del governo italiano nel suo approccio verso le ONG e gli arrivi dalla Libia in generale?

GG - La risposta è abbastanza semplice. Il disastro del Partito Democratico, leader dell'attuale governo, alle elezioni amministrative di giugno, ha fatto scattare l'allarme, mostrando chiaramente che quando si tratta di immigrazione, molti elettori di centro-sinistra si orientano chiaramente a destra. Un rapido cambio di direzione era fortemente necessario, con l'ovvio intento di rassicurare gli italiani, sconcertati e allarmati, sul fatto che il governo è in grado di controllare la situazione.

GE - I numeri mostrano che gli arrivi sono diminuiti in misura significativa, ma niente di più. Siamo ancora molto lontani dai numeri pre-2011.

GG - Questo perché il governo, dall'altro lato, deve continuare a mostrarsi compiacente verso l'industria dell'immigrazione. È una rete che guadagna - e prospera - sui nuovi arrivati e questa galassia di organizzazioni NON è felice se gli arrivi si fermano completamente. E anche i loro voti sono fortemente necessari al governo attuale.

GE - Una rete costituita da chi?

GG - ONG, cooperative pro-migranti, tutti gli affari che ruotano intorno ai migranti e ultima, ma certamente non meno importante, l'onnipresente Caritas e le altre organizzazioni della Chiesa cattolica. Stiamo parlando di una torta enorme fatta di miliardi di euro e tutti ne vogliono una fetta.

GE - Qual è la situazione attuale in Libia?

GG - A settembre la città costiera di Sabratha è stata teatro di guerra tra diverse milizie per circa due settimane. Sui media mainstream non se ne è quasi parlato, ma abbiamo segnalazioni che i due gruppi che ora hanno il controllo della città hanno ricevuto "consulenze" da unità dell'esercito francese. Le due milizie sono Ghorfat Amaliyet e la Brigata Wadi, e si oppongono ai gruppi militari che operavano per conto di Al-Sarraj, che aveva attuato una partnership di cooperazione con l'Italia. L'Italia si era impegnata in un aiuto finanziario ai villaggi e ai comuni della zona sotto il controllo di Al-Sarraj, ma non in aiuti militari a gruppi armati di alcun tipo.

Secondo quanto riferito, dopo aver ottenuto il pieno controllo della città, le milizie hanno scoperto circa 7.000 migranti rinchiusi in vari edifici in tutta la città. Non è chiaro se le milizie ora al potere li lasceranno uscire dalla Libia verso l'Italia o li trasferiranno da qualche altra parte. Il problema è, a mio parere, che ci sono di mezzo i francesi e gli inglesi, in operazioni come queste.

GE - Cosa intendi con questo?

GG - Quello che voglio dire è che i francesi e gli inglesi sono ufficialmente i nostri "partner", ma in realtà stanno agendo in modo decisamente contrario agli interessi italiani in Libia. In effetti, lasciatemi dire abbastanza apertamente, Francia e Regno Unito sono attualmente i nostri peggiori nemici in Libia.

GE - Perché?

GG - Semplicemente continueranno ad operare, in modo più o meno segreto, per assicurarsi che l'Italia non abbia un ruolo guida in Libia. E' molto semplice. Dopo tutto, il Regno Unito, la Francia e gli Stati Uniti sapevano benissimo che la rimozione di Qaddafi nel 2011 era un colpo diretto ai numerosi interessi dell'Italia in Libia, dato il rafforzamento del governo italiano sotto Berlusconi.

GE - Quale coincidenza, aggiungeremmo, i recenti articoli tendenziosi di Le Monde e del Financial Times, che mostrano tutta questa "preoccupazione umanitaria" sulle condizioni dei migranti in Libia, ora "tenuti a bada" da (presumibilmente) milizie pagate dagli italiani ...

GG - Siamo pragmatici. In una situazione come quella in Libia adesso, o si inviano truppe, cosa che vedo piuttosto improbabile, o semplicemente si negozia con coloro che sono al comando, indipendentemente da chi siano. Se quelli al comando non sono esattamente i paladini dei diritti umani, così sia. Questo è ciò che dovrebbe fare a qualsiasi paese sovrano preoccupato delle sue frontiere. Non appena l'Italia cerca di riacquistare (un po') il controllo della situazione, nello spazio di una notte critici pieni di zelo - e di ipocrisia - esprimono le loro preoccupazioni per le "vergognose condizioni" dei migranti in Libia, pronti a puntare il dito sul colpevole, l'Italia.

GE - Può dirci qualcosa di più sul recente accordo firmato tra l'Italia e il Niger?

GG - Il Niger - uno dei paesi più poveri al mondo - ha chiesto all'Italia un aiuto logistico per essere più efficace nel pattugliare i propri confini e riuscire a ridurre il flusso dei sub-sahariani verso la Libia. È certamente una mossa positiva, ma difficilmente può fare una differenza sostanziale.

GE - Perché?

GG - Perché l'unica mossa efficace per fare davvero la differenza e ridurre significativamente gli arrivi è riportarli al punto di partenza. Se dovessero pagare ancora di più per rimettersi in mare verso l'Italia, con il rischio di essere deportati di nuovo, comincerebbero a pensare: "ma ne vale veramente la pena"?

GE - Come si fa a fare questo?

GG - Considerato il fatto incontrovertibile che quasi il 100% di quelli che sbarcano in Italia sono stranieri illegali, poiché NON scappano dalle guerre e dalle persecuzioni politiche, la Convenzione di Ginevra afferma chiaramente che NESSUN paese ha il dovere o l'obbligo di accogliere e dare assistenza agli immigrati che pagano delle organizzazioni criminali per attraversare diverse frontiere. Ora, è un dovere e un obbligo salvare gli esseri umani che si trovano in una situazione di pericolo in mare. Questo è il diritto marittimo e la Marina Militare italiana da sola è perfettamente in grado di adempiere a quel compito, senza alcuna farsa di «aiuto umanitario» da parte di queste ONG che sono lì per adempiere all'agenda "di qualcun altro", certamente non in nome del popolo italiano.

Ma, una volta salvate in mare, queste persone devono essere riportate al paese di partenza. Ora, questo può essere fatto nel modo più semplice e sicuro possibile. Se le condizioni dei "migranti" in quel paese di partenza non sono ottimali per i diritti umani o per il loro comfort, in questo caso abbiamo uno strumento efficace per frenare questa tendenza. La gente comincerà a tornare a casa, soprattutto dato che la maggior parte di loro non sono affatto poveri - per gli standard africani - e che nessuno a casa loro li minaccia.

GE - L'ultima domanda - in considerazione del dibattito in corso in Italia - riguarda la legge dello Ius Soli, cioè la legge che concederebbe la cittadinanza breve a molti nuovi immigrati.

GG: Sarà il colpo finale alla nostra società come la conosciamo oggi. Coloro che sono favorevoli a questa legge stanno abbastanza attenti a non menzionare la situazione allarmante dei paesi dell'Europa occidentale. Non dicono al pubblico che dalla Francia alla Svezia, per non parlare di altri paesi, ci sono aree, le cosiddette zone inaccessibili, che sono praticamente off limits per le forze dell'ordine, in quanto le comunità musulmane hanno dichiarato quelle aree sotto il loro controllo. In Italia ancora non ci sono. Ormai tutti sanno che la sinistra in Italia sta spingendo forte per l'approvazione di questa legge, perché pensano che, una volta naturalizzato, un immigrato voterà per quei partiti che gli hanno dato la cittadinanza. Ma con queste speranze si dimostrano ingenui, e anche stupidi.

GE - Perché dice questo?

GG - Perché, non appena diventeranno cittadini, formeranno un partito islamico, con tutte le relative conseguenze. Ora un cittadino straniero sospettato di legami o simpatie per i gruppi terroristici può essere espulso dall'Italia, anche se risiede qui legalmente. Quando diventano cittadini italiani dove saranno espulsi? Il punto centrale del problema sta nel massiccio lavaggio del cervello a cui siamo stati sottoposti in Europa occidentale sulle "società multiculturali". I musulmani non sono affatto interessati al "multiculturalismo". Vogliono il loro modello, i loro valori, in breve che la loro società prevalga e si imponga sulle altre. Quando l'italiano medio se ne renderà conto, sarà troppo tardi.

GE - Qualche messaggio di speranza alla fine di questa intervista?

GG - Spero nei paesi della Mitteleuropa, come l'Ungheria, la Slovacchia, la Repubblica ceca e ora l'Austria. Stanno difendendo le loro società, i loro cittadini e i loro valori da questo lavaggio del cervello indotto che in Europa occidentale ci ha già sopraffatti. In effetti, attualmente essi rappresentano l'ultima difesa della nostra civiltà. Spero solo che loro - in realtà tutti i paesi del gruppo Visegrad - resistano all'incredibile pressione delle forze esterne

di Carmenthesister

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