
Redazione TirrenoNews
Dal 2005 la Redazione di TirrenoNews.Info cerca di informare in modo indipendente e veloce.
Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Reggio, comitato d’affari: la Dda chiede l’arresto di Luigi Incarnato
Martedì, 10 Dicembre 2019 17:43 Pubblicato in CalabriaLa Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, guidata dal procuratore Giovanni Bombardieriha chiesto l’applicazione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dell’attuale commissario liquidatore della Sorical Luigi Incarnato, di Alberto Scambia, titolare di Acquereggine, dell’imprenditore reggino Domenico Barbieri, del manager barese Luigi Patimo e di Anna Maria Gregorace, già dipendente della Regione e segretaria dell’ex presidente del consiglio regionale Giuseppe Bova.
L’ordinanza di custodia cautelare era stata rigettata in prima istanza, quando scattò l’operazione Rhegion, ma la Dda di Reggio Calabria ha presentato ricorso ed è attesa tra qualche giorno la decisione del Tribunale della Libertà di Reggio Calabria.
L’operazione realizzata dagli uomini del colonnello Lorenzo Falferi nel 2016 ha svelato una organizzazione parallela fatta di politici, imprenditori e dirigenti comunali che operava al fine di consentire a imprese mafiose l’ottenimento di appalti, aggirando o eludendo la normativa antimafia.
Un comitato d’affari che teneva sotto scacco il comune di Reggio Calabria, una rete associativa che si muoveva nella città dello Stretto e che faceva capo sempre a Paolo Romeo, l’avvocato arrestato nell’ambito dell’inchiesta Fata Morgana che sta facendo luce su un’associazione segreta di cui fanno parte politici, imprenditori, massoni e mafiosi.
L’operazione “Reghion” era scattata il 12 luglio del 2016.
I carabinieri del Comando provinciale avevano arrestato 10 persone.
Oltre a imprenditori reggini, romani e milanesi legati alla ‘ndrangheta, in manette era finito Marcello Cammera, storico dirigente del comune di Reggio, e il funzionario Bruno Fortugno che si occupava del servizio idrico integrato.
Il provvedimento di fermo, firmato dal procuratore Federico Cafiero De Raho e dal sostituto Stefano Musolino, aveva colpito anche l’ex senatore di An Domenico Kappler, gli imprenditori reggini Domenico e Vincenzo Barbieri, Antonio Franco Cammera (fratello del dirigente e candidato alle ultime elezioni comunali con la lista “Oltre” che ha appoggiato il sindaco Falcomatà del Pd), Sergio Lucianetti di Roma, Luigi Patimo di Milano; Alberto Scambia di Roma e Mario Scambia.
Se per il solo dirigente Cammera l’accusa più pesante è di concorso esterno in associazione mafiosa, la Procura contesta agli indagati anche i reati di turbata libertà degli incanti, truffa aggravata, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, induzione indebita a dare o promettere utilità, intestazione fittizia di beni e estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Sigilli, inoltre, a beni per 42 milioni e mezzo di euro.
In particolare sono stati sottoposti a sequestro due attività commerciali (il bar Winner e il ristorante Naos) e alcune società come la “Alluminio conduttori srl” (con sede Brescia, Reggio Calabria e San Ferdinando), la “Astem Srl” (Roma e San Ferdinando), la “Aster Consult srl”, la “Essevu Srl”, con sede a Colonna (in provincia di Roma), la “Gear Srl”, la “Global business service srl” (Roma), la “Idrorhegion Scarl” (Roma e Reggio Calabria), la “Idrorhegion servizi srl”, la “Idrosur Srl” (Roma); la “ProgIn Srl” (Roma), la “Rhegion-agua Scarl” (Milano), la “Sop di Barbieri Domenico & C Sas” con sede a San Ferdinando, la “Smeco Lazio Srl” (Roma) e la “Tecalco Srl” (San Ferdinando e Brescia).
Al centro dell’inchiesta “Reghion” la relazione tra Paolo Romeo e Marcello Cammera che “emergerà – è scritto nel decreto di fermo – in termini schiettamente criminali in una pluralità di vicende connesse sia al rapporto sinallagmatico di agevolazione degli interessi mafiosi del primo da parte del secondo, sia in termini di protezione dalle investigazioni, sia in termini di corruzione”. Stando alle indagini, infatti, viene fuori un “comitato d’affari” capace di gestire la macchina amministrativa comunale, nell’interesse della ‘ndrangheta. Un comitato il cui deus ex machina era Marcello Cammera il quale avrebbe consentito a imprese legate alle cosche l’ottenimento di appalti, aggirando o eludendo la normativa antimafia, veicolando contratti multimilionari in favore di alleanze imprenditoriali dietro le quali si celava l’opera dell’avvocato Romeo.
Il modus operandi di Cammera, infatti, era quello di creare, artatamente, veri e propri stati di necessità e urgenza, tali da costringere l’amministrazione politica o i commissari prefettizi che hanno guidato il comune dopo lo scioglimento per mafia a una situazione in cui le alternative erano la sospensione dei lavori col rischio di vedere perduti milioni di euro di investimenti, oppure la loro prosecuzione assecondando il piano criminale congegnato dal dirigente arrestato.
Tra gli appalti finiti all’attenzione della Dda c’è quello riguardante il completamento e l’ottimizzazione del sistema di depurazione delle acque e la gestione delle risorse idriche.
Un bando, in project financing, da 250 milioni di euro che per gli inquirenti ha rappresentato l’esempio “paradigmatico” del mercimonio delle funzioni pubbliche e della sottomissione dell’interesse pubblico. Paolo Romeo e i dirigenti del comune, infatti, avrebbero aiutato il raggruppamento temporaneo di imprese composto dalla spagnola “Acciona Agua Servicios S.L.” ed “Idrorhegion S.c.a.r.l. S.r.l.”, ad aggiudicarsi la gara per la depurazione con un ribasso dello 0,1%.
Un aiuto che, di fatto, ha escluso il rischio di altri concorrenti in cambio posti di lavoro e consulenze per gli amici.
E se il dominus delle scelte imprenditoriali era Alberto Scambia (“stabile corruttore” viene definito in un’intercettazione), l’ex senatore di An Domenico Kappler sarebbe stato il “socio occulto o, comunque, portatore di cointeressenze sostanziali nelle imprese riferibili all’imprenditore romano”. Le indagini del pm Musolino hanno accertato come Kappler, pur non ricoprendo un ruolo formale, avesse “evidenti interessi e attiva partecipazione nella gestione operativa di Acquereggine S.c.a.r.l. e Idrorhegion S.c.a.r.l., significativa capacità d’influenza presso Acea Spa, ma soprattutto svolgesse il ruolo di amministratore delegato della società pubblica “Risorse per Roma Spa”.
Proprio attraverso quest’ultima, inoltre, era stato affidato al dirigente comunale Cammera un incarico professionale che costituiva una parte del prezzo della sua corruzione.
L’altra parte era il posto di lavoro che il dirigente aveva ottenuto per il fratello Antonio Cammera dall’imprenditore Domenico Barbieri (cugino dell’avvocato Romeo) che controllava il 24,4% delle quote intestate alla Gear Srl.
All’ombra del mega appalto per i servizi idrici, gli indagati Alberto Scambia, Luigi Patimo e Domenico Barbieri avevano realizzato un fondo nero che serviva da “stanza di compensazione” per la ripartizione dei proventi delle attività delittuose e delle spese extracontabili, molte delle quali funzionali alla corruzione dei pubblici ufficiali.
Il Comitato d’affari, e in particolare Marcello Cammera, inoltre, hanno goduto dell’appoggio mediatico offerto da Paolo Romeo e da Teresa Munari, giornalista del Garantista il quotidiano oggi fallito e all’epoca diretto da Piero Sansonetti. “Sono state registrate – dicono gli investigatori – campagne di mutuo soccorso per Marcello Cammera dagli attacchi della politica locale, che a più riprese aveva annunciato pubblicamente di voler procedere alla rotazione dei dirigenti comunali. La giornalista utilizzerà tutta la sua influenza sulla stampa locale, e le proprie aderenze con esponenti politici, al fine di rintuzzare gli attacchi mediatici al dirigente, concedendogli interviste tese a riabilitarne l’immagine pubblica e attaccando i suoi oppositori”.
“In questo contesto, – è scritto nel decreto di fermo – spicca la modalità di assunzione della Munari al quotidiano Il Garantista. Questa, infatti, è frutto delle relazioni personali vantate da Paolo Romeo con il presidente di Confindustria di Reggio Calabria, Andrea Cuzzocrea, a quell’epoca editore del quotidiano”. “Abbiamo proceduto con il fermo perché c’era il pericolo di fuga degli indagati. – aveva spiegato il procuratore Federico Cafiero De Raho – Questa è una città che o cambia facendo chiarezza oppure è destinata a rimanere nelle fauci di questo lupo che è la ‘ndrangheta. Credo che Reggio Calabria saprà reagire. Noi facciamo la nostra parte e, se tutti fanno la propria, probabilmente faremo passi avanti”.
Incarnato è coinvolto nell’inchiesta per una presunta corresponsione di una tangente da 30.000 euro che Scambia, il deus ex machina di Acquereggine, avrebbe indirizzato verso di lui in qualità di commissario della Sorical in tre tranche.
La prova, secondo l’accusa, sarebbe in alcuni manoscritti contabili acquisiti nell’ambito delle perquisizioni effettuate a carico dello stesso dominus di Acquereggine e dell’ex senatore di Alleanza nazionale Domenico Kappler (già amministratore delegato della Risorse pubbliche Roma spa e presunto socio occulto di Scambia).
Secondo gli inquirenti, Scambia (insieme all’imprenditore Domenico Barbieri e Luigi Patimo, rappresentante in Calabria della multinazionale spagnola Action Agua, soci nella Rti interessata all’appalto della depurazione) – attraverso quella presunta tangente – intendeva far aumentare l’importo dei fondi stanziati dalla Regione Calabria per rendere più efficiente la depurazione nella città dello Stretto e al contempo ottenere la gestione in affidamento diretto.
Da Iacchite - 10 Dicembre 2019
Etichettato sotto
Guccione chiede la cancellazione della ingiunzione di pagamento per occupazione della A2
Martedì, 10 Dicembre 2019 17:19 Pubblicato in CalabriaLo afferma il consigliere regionale Carlo Guccione
“E’ quello che è accaduto agli ex Lsu-Lpu che, per la manifestazione del 28 luglio 2015, oggi si sono visti recapitare una ordinanza di ingiunzione di pagamento di 2584 euro per ogni lavoratore sanzionato.”
“Bloccarono lo svincolo Cosenza Nord dell’autostrada Salerno-Reggio per difendere il proprio posto di lavoro.
Si mobilitarono contro le decisioni del Governo per il mancato inserimento dell’emendamento a favore dei precari calabresi.
Sicuramente avrebbero preferito non penalizzare gli automobilisti e non creare disagi a nessuno ma, quando per troppo tempo gli appelli rimangono inascoltati e dopo quasi 20 anni di lavoro si ritrovano senza certezze e garanzie sul loro futuro, arriva il momento di alzare la voce.
Era necessario rivendicare i propri diritti e difendere il posto di lavoro.
E lo hanno fatto con dignità anche se sono stati costretti a forme estreme di protesta.
Quanto accaduto oggi è davvero paradossale.
Un lavoratore precario dopo ben quattro anni dalla protesta si trova pure a pagare una salata sanzione per aver legittimamente manifestato per un sacrosanto diritto: il diritto al lavoro, così come sancito dall’articolo 4 della Costituzione.
Mi unisco all’appello dei segretari generali di Cgil, Cisl e Uil chiedendo che venga cancellata questa assurda ordinanza-ingiunzione di pagamento nei confronti di questi lavoratori.”
Etichettato sotto
Segregato in casa, maltrattato, minacciato dalla donna che avrebbe dovuto prendersi cura di lui.
Un 82enne cosentino è stato salvato dai carabinieri grazie alla segnalazione di una donna che, presentatasi in caserma, ha raccontato dei soprusi subiti dall’anziano nel suo appartamento in via della Repubblica, a Cosenza.
Quando i militari hanno fatto irruzione nella casa, l’uomo, affetto da gravi problemi di salute, era disteso su un lettino di fortuna in un angolo della cucina.
«Che dio vi aiuti, siete venuti a salvarmi» ha detto vedendoli.
Ai carabinieri ha raccontato le angherie e i soprusi subiti nell’ultimo mese, quando, a seguito di una caduta e privo di assistenza, era stato accompagnato a casa di quella che sarebbe dovuta essere la sua badante.
La donna, però, con continue minacce e vessazioni, lo insultava, gli sputava in viso, picchiandolo con pugni in testa e schiaffi violenti sul viso.
In particolare, il 20 novembre scorso lo aveva picchiato in faccia con gli anelli, minacciato di morte con un coltello, dicendogli di stare zitto altrimenti lo avrebbe rinchiuso in un manicomio.
Ma non solo.
Dopo essersi impossessata del suo bancomat e relativo codice pin, gli aveva prelevato 3.500 euro pretendendone per la restituzione 5mila in contanti.
Per tutto il periodo in cui è stato segregato, all’uomo veniva dato pochissimo da mangiare, l’indispensabile per la sua sopravvivenza.
La badante, una 52enne romena, è stata arrestata esecuzione ad un’ordinanza di misura cautelare agli arresti domiciliari emessa dal gip presso il Tribunale di Cosenza, su richiesta dalla locale Procura, con le accuse di lesioni personali aggravate, sequestro di persona, minaccia continuata, furto aggravato, tentata estorsione e maltrattamenti.
L’anziano è stato invece affidato alle cure di una famiglia cosentina.
Etichettato sotto