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Gli eredi di Cicerone al servizio della Giustizia
Lunedì, 12 Marzo 2018 13:32 Pubblicato in Primo PianoRiceviamo dall’avvocato Francesco Bernardo e pubblichiamo, con piacere la seguente perorazione:
“La Giustizia è certamente la primaria Struttura di una comunità che vuole ascendere al rango di società organizzata.
Perché tale Struttura sia riconosciuta legittima è necessario che sia percepita asettica ed imparziale, distaccata e terza.
Non è rara la solitudine di coloro i quali si trovano ad affrontare per un singolo fatto un doppio processo.
Molto spesso, speculare al processo tecnico, fatto di congegni giuridici e “passi” procedimentali codificati, sta l’altro e forse più avvilente processo, quello caratterizzato dalla colpevolizzazione mediatica, volta a creare l’isolamento e il rifiuto di chi ancora non è colpevole oltre ogni ragionevole dubbio, vagliato in tre gradi di giudizio.
L’appartenenza sociale di un indagato oppure di un imputato è spesso incrinata dalla società linda e pulita.
Chi scrive è l’Avvocato Francesco Bernardo, cresciuto nella realtà giuridica di Catanzaro e approdato ad Amantea, dove, da convinto sostenitore del garantismo, ha fondato il proprio Studio Legale, specializzato nella difesa tecnica penale.
In un contesto inflazionato assume, ancora oggi per fortuna, preminenza l’essere Avvocato e esserlo per qualcuno che a te professionista si rivolge, parlandoti di un fatto proprio che necessita di inquadramento, di disciplina, poiché attinto dai paradigmi di valutazione dell’attuale rito accusatorio del codice di procedura penale.
Diceva Cicerone: “Fino a poco fa mi interessava vincere, adesso il mio unico scopo sarà salvare la buona reputazione del mio cliente”
Volendo spiegare come mai la caratura del professionista è ancor oggi dirimente, vorrei volgere lo sguardo a quelle iniziative che l’Avvocato pone in essere in udienza per autolegittimare il proprio ruolo teso alla difesa tecnica per tutelare i diritti di qualcuno.
Si tratta di “reazioni difensive” capaci, se possibile, di far regredire il procedimento ad una fase nella quale il rispetto delle regole d’azione non si è consumato in maniera rituale.
Queste ipotesi, per esempio, potrebbero aver intaccato il diritto di difesa dell’indagato o imputato. Oppure l’abile governo della c.d. cross examination, nella quale la veemente e sveglia conduzione dell’istruzione dibattimentale (si pensi al controesame testimoniale) può costituire il discrimine tra il dimostrare l’innocenza e il subire l’attribuzione di responsabilità.
Segnatamente, la soluzione di un interazione con la Giustizia Italiana ispirata al migliore garantismo è a monte, all’apice di quella chiave di lettura posseduta dai singoli operatori, che per mestiere devono garantire il confronto tra la Legge della punizione, della deterrenza, della coazione, della coercizione, e la persona, l’essere umano non ancora colpevole.
Tale chiave di lettura, da Avvocato, ritengo sia possibile polarizzarla su due assiomi che si richiamano a vicenda, in maniera evolutiva: certezza del diritto e sussunzione.
Vorrei prendere le mosse dal significato di sussumere, sconosciuto alla cultura laica ma necessità per chi si confronta con le norme, siano esse di Diritto penale, Diritto civile o amministrativo.
Si allude, al lavoro del giurista, Avvocato, Giudice o Pubblico Ministero, fatto di interpretazione dei testi giuridici, di esegesi delle disposizioni, per rintracciare in esse le norme valide a chiarire cosa possa essere reputato lecito, alla luce dello Stato di diritto, e cosa, invece debba essere considerato fuori dalla liceità.
Si tratta di attività di “incasellamento” dei fatti verso quelle fattispecie astratte predeterminate dalla legge.
Certezza del diritto, intesa quale fiducia nel metodo scientifico più condivisibile perché vagliato in sede nomofilattica dalla Corte di Cassazione, prescelto per giungere al giudizio di corrispondenza tra la condotta incriminata del soggetto indagato e quegli elementi costitutivi di fattispecie che distinguono quell’articolo di legge da un altro, quel reato da un altro.
Dunque, interpretare fatti e norme, essere esegeti, giuristi o, più semplicemente, lavorare sulle norme.
Questa speranza eminentemente tecnica possiede un auspicio di fondo, un ideale che non può che passare per la Fiducia verso la Struttura Giustizia, matura, competente, esperta, capace di distinguersi per la serietà del metodo di analisi interpretativa delle norme e dei fatti, indifferente al prevenuto giudizio di quella società nella quale è costretta ad operare, però alla quale tanto può insegnare, spiegando che si è colpevoli oltre ogni ragionevole dubbio soltanto dopo il passaggio in giudicato di una sentenza di condanna, maturata dopo un dibattimento in cui accusa e difesa hanno potuto confrontarsi ad armi pari.
Questa peroratio cela il caso di un “amico” che spero possa davvero trovare conforto in quella Giustizia che ancora credo…sia.
Avvocato Francesco Bernardo
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Il contributo di Ferruccio Policicchio sulle “Case sciollate”
Lunedì, 12 Marzo 2018 10:04 Pubblicato in CronacaRiceviamo e pubblichiamo:
“Plauso all’ottima iniziativa di costituire una Commissione Consiliare Mista per il recupero e la riqualificazione delle case “sciollate” di Amantea, anche se, in politica, si usa dire che quando una cosa la si vuole affossare basta darla in mano a una Commissione.
Recuperare memoria vuol dire recuperare cultura, fondamento dell’amor proprio e patrio perché il passato non è passato, è la nostra ombra che ovunque ci segue.
Una volta recuperato il sito, però, ciò non dovrà essere fine a sé stesso,
Qualche associazione, che potrebbe crearsi anche per lo scopo (l’accaduto, per la sua vicinanza temporale, può ancora essere definito un avvenimento personale o di famiglia), dovrebbe “adottare” il posto e recuperare quegli «eventi storici» (bombardamenti anglo-americani) lungo tutta la linea ferroviaria da Reggio Calabria a Salerno o Napoli.
Obbiettivo degli anglo-americani fu quello di mettere in fuga i tedeschi dal sud ed evitare che, attraverso il loro ritiro verso il nord, occupassero Napoli. Da qui la necessità di bombardare piazzali, porti, incroci stradali, posizioni difensive e soprattutto la linea ferroviaria su cui viaggiavano merci: viveri e carburante in modo particolare.
Oltre Amantea, bombardata nel febbraio del 1943 – presumibilmente dall’aviazione inglese poiché il grosso della linea fu interessata dal 320° stormo bombardieri americano, attivato il 23 giugno 1943 e dismesso il 14 dicembre 1945, il quale mosse le sue basi dall’Algeria alla Tunisia, in Sardegna e in Corsica a sostegno delle diverse armate nord-americane – furono bombardati:
il 17 luglio 1943 Napoli;
il 20 luglio 1943 Vibo Valentia;
il 22 luglio 1943 Salerno
il 24 e 26 luglio 1943 Paola;
il 7 e 8 agosto 1943 il viadotto ferroviario sull’Angitola;
il 15 agosto 1943, il 7 e 8 settembre 1943 Sapri;
il 17 agosto 1943 Battipaglia;
il 22 agosto 1943 ancora Salerno, per aprire la strada alla 5ª armata.
il 15 settembre 1943 Eboli e ancora Battipaglia.
L’Italia si arrese l’otto settembre e il giorno dopo gli americani sbarcarono a Salerno mentre i bombardamenti americani seguirono, via via, nei mesi successivi a salire verso nord.
Amantea fu colpita per errore di traiettoria dell’ordigno, la città di Paola non subì danni (una bomba che si dice inesplosa è conservata nel Santuario Francescano), mentre Sapri, per essersi allungato il paese verso la stazione ferroviaria prima di Amantea e Paola, ebbe danni notevoli dove ancora si riscontrano ruderi.
Sapri in quei tre bombardamenti ebbe anche un alto numero di morti: 94, tra cui un neonato di un mese e il più anziano di 96 anni.
Una associazione, a sue spese, nei pressi della stazione, ha eretto il cippo della foto.
Se dovesse essere accolta l’idea-invito, già fin d’ora, offro il personale contributo affinché le due associazioni, di Sapri e di Amantea, si collegassero per lavorare congiuntamente oltre che per organizzare eventi cultural-commemorativi.
Buon lavoro alla Commissione di Amantea. Ferruccio Policicchio”
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Lontano dalla statale 18 e dai suoi inquinanti Tir, che viaggiano a dispetto delle ordinanze sindacali che lo vietano, alcuni bellissimi aironi guardabuoi passeggiano tranquilli cercando cavallette, coleotteri e lucertole.
L'Airone guardabuoi è una figura conosciuta a molti viaggiatori in Africa quale uccello che accompagna le grandi mandrie di ungulati delle savane.
Un tempo il suo areale di nidificazione si limitava alla Spagna meridionale e all'Africa, nel corso del 20° secolo ha colonizzato l'America e l'Australia e si è diffuso nell'Europa meridionale. In Svizzera è comparso per la prima volta nel 1974 e nel frattempo viene osservato ogni anno.
Di tutti gli aironi è quello meno legato all'acqua e cerca cavallette e piccoli animali su prati e pascoli.
Piumaggio candido e becco giallo: l’Airone guardabuoi si può avvistare nei pressi di tranquille mandrie al pascolo.
Questo Airone si nutre infatti di cavallette, coleotteri e lucertole che tipicamente “accompagnano” gli animali mentre questi si muovono lentamente sul terreno erboso.
Può capitare anche di vederlo appollaiato sopra i bovini stessi.
Niente paura, non è un attacco ma uno scambio di favori.
Questa specie, infatti, nutrendosi di piccoli parassiti come zecche e mosche emofaghe, porta molti benefici ai ruminanti.
Offrendo buon cibo, i bovini ricevono in cambio un segnale di allarme in caso di pericolo: da qui il nome di “Airone guardabuoi”…
Da noi l’airone passeggia tranquillo sui marciapiedi delle strade periferiche
L’airone si appartiene all’ordine dei Ciconiiformes ed alla fFamiglia delle Ardeidae
L’Airone guardabuoi è presente in gran parte dell’Asia, dell’Africa, delle Americhe e dell’Europa meridionale.
In Italia si concentra soprattutto al nord, mentre appare più sporadico, sebbene in aumento, nelle regioni centro-meridionali.
È un uccello di taglia media (la sua altezza può variare dai 25 ai 30 cm); presenta un piumaggio bianco e si distingue per il becco giallo e le zampe grigie.
Ma, non appena arriva la fase della riproduzione, gli esemplari adulti sfoggiano una livrea più colorata con piume arancioni sul vertice, sulla nuca e sul dorso, e presentano becco e zampe color carnacino. In inverno invece l’abito torna bianco.
Gli aironi guardabuoi amano frequentare gli ambienti umidi, ma anche i campi arati e seminati, dove sovente seguono i trattori durante le fasi di lavorazione dei campi. In realtà il loro obiettivo spesso sono i bovini, dai cui parassiti traggono nutrimento.
Le colonie solitamente sono composte da una decina di esemplari.
La costruzione del nido avviene su salici arbustivi e piante di boschi umidi.
Solitamente nidifica in garzaia, costruendo un nido a coppa, poco profondo, con rametti e steli di canna.
Talvolta i nidi sono così vicini da toccarsi gli uni con gli altri (anche fino a un centinaio sullo stesso albero).
Si nutre di pesci, anfibi e invertebrati acquatici e terricoli, nonché di piccoli roditori (arvicole) che scova nei terreni agricoli in fase di lavorazione.
Il suo modo di cacciare alterna spostamenti lenti, con un movimento laterale del collo e della testa, a brevi corse.
Come gli altri aironi, vola tenendo il collo ripiegato a forma di “esse”, posa che gli conferisce un aspetto “senza collo”.
Benvenuti.
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