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Gli eredi di Cicerone al servizio della Giustizia

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Riceviamo dall’avvocato Francesco Bernardo e pubblichiamo, con piacere la seguente perorazione:

“La Giustizia è certamente la primaria Struttura di una comunità che vuole ascendere al rango di società organizzata.

Perché tale Struttura sia riconosciuta legittima è necessario che sia percepita asettica ed imparziale, distaccata e terza.

Non è rara la solitudine di coloro i quali si trovano ad affrontare per un singolo fatto un doppio processo.

Molto spesso, speculare al processo tecnico, fatto di congegni giuridici e “passi” procedimentali codificati, sta l’altro e forse più avvilente processo, quello caratterizzato dalla colpevolizzazione mediatica, volta a creare l’isolamento e il rifiuto di chi ancora non è colpevole oltre ogni ragionevole dubbio, vagliato in tre gradi di giudizio.

L’appartenenza sociale di un indagato oppure di un imputato è spesso incrinata dalla società linda e pulita.

Chi scrive è l’Avvocato Francesco Bernardo, cresciuto nella realtà giuridica di Catanzaro e approdato ad Amantea, dove, da convinto sostenitore del garantismo, ha fondato il proprio Studio Legale, specializzato nella difesa tecnica penale.

In un contesto inflazionato assume, ancora oggi per fortuna, preminenza l’essere Avvocato e esserlo per qualcuno che a te professionista si rivolge, parlandoti di un fatto proprio che necessita di inquadramento, di disciplina, poiché attinto dai paradigmi di valutazione dell’attuale rito accusatorio del codice di procedura penale.

Diceva Cicerone: “Fino a poco fa mi interessava vincere, adesso il mio unico scopo sarà salvare la buona reputazione del mio cliente”

Volendo spiegare come mai la caratura del professionista è ancor oggi dirimente, vorrei volgere lo sguardo a quelle iniziative che l’Avvocato pone in essere in udienza per autolegittimare il proprio ruolo teso alla difesa tecnica per tutelare i diritti di qualcuno.

Si tratta di “reazioni difensive” capaci, se possibile, di far regredire il procedimento ad una fase nella quale il rispetto delle regole d’azione non si è consumato in maniera rituale.

Queste ipotesi, per esempio, potrebbero aver intaccato il diritto di difesa dell’indagato o imputato. Oppure l’abile governo della c.d. cross examination, nella quale la veemente e sveglia conduzione dell’istruzione dibattimentale (si pensi al controesame testimoniale) può costituire il discrimine tra il dimostrare l’innocenza e il subire l’attribuzione di responsabilità.

Segnatamente, la soluzione di un interazione con la Giustizia Italiana ispirata al migliore garantismo è a monte, all’apice di quella chiave di lettura posseduta dai singoli operatori, che per mestiere devono garantire il confronto tra la Legge della punizione, della deterrenza, della coazione, della coercizione, e la persona, l’essere umano non ancora colpevole.

Tale chiave di lettura, da Avvocato, ritengo sia possibile polarizzarla su due assiomi che si richiamano a vicenda, in maniera evolutiva: certezza del diritto e sussunzione.

Vorrei prendere le mosse dal significato di sussumere, sconosciuto alla cultura laica ma necessità per chi si confronta con le norme, siano esse di Diritto penale, Diritto civile o amministrativo.

Si allude, al lavoro del giurista, Avvocato, Giudice o Pubblico Ministero, fatto di interpretazione dei testi giuridici, di esegesi delle disposizioni, per rintracciare in esse le norme valide a chiarire cosa possa essere reputato lecito, alla luce dello Stato di diritto, e cosa, invece debba essere considerato fuori dalla liceità.

Si tratta di attività di “incasellamento” dei fatti verso quelle fattispecie astratte predeterminate dalla legge.

Certezza del diritto, intesa quale fiducia nel metodo scientifico più condivisibile perché vagliato in sede nomofilattica dalla Corte di Cassazione, prescelto per giungere al giudizio di corrispondenza tra la condotta incriminata del soggetto indagato e quegli elementi costitutivi di fattispecie che distinguono quell’articolo di legge da un altro, quel reato da un altro.

Dunque, interpretare fatti e norme, essere esegeti, giuristi o, più semplicemente, lavorare sulle norme.

Questa speranza eminentemente tecnica possiede un auspicio di fondo, un ideale che non può che passare per la Fiducia verso la Struttura Giustizia, matura, competente, esperta, capace di distinguersi per la serietà del metodo di analisi interpretativa delle norme e dei fatti, indifferente al prevenuto giudizio di quella società nella quale è costretta ad operare, però alla quale tanto può insegnare, spiegando che si è colpevoli oltre ogni ragionevole dubbio soltanto dopo il passaggio in giudicato di una sentenza di condanna, maturata dopo un dibattimento in cui accusa e difesa hanno potuto confrontarsi ad armi pari.

Questa peroratio cela il caso di un “amico” che spero possa davvero trovare conforto in quella Giustizia che ancora credo…sia.

Avvocato Francesco Bernardo

Redazione TirrenoNews

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