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Per la Suprema Corte, le condotte dell’ex presidente della sezione civile del Tribunale di Vibo Valentia sono di estrema gravità

E' stata confermata dalla Cassazione la rimozione dalla magistratura di Patrizia Pasquin, ex presidente del Tribunale civile di Vibo Valentia condannata in via definitiva per corruzione in atti giudiziari a due anni e otto mesi di reclusione.

La Suprema Corte hanno infatti respinto - con il verdetto 22427 depositato oggi - il ricorso della Pasquin contro l'espulsione dall'ordinamento giudiziario deciso nei suoi confronti dal Consiglio superiore della magistratura con decisione depositata il 28 luglio 2017.

Ad avviso della Cassazione, non merita obiezioni la pronuncia disciplinare del Csm che "ha rilevato l'estrema gravità dei fatti, evidenziando che il reato di corruzione in atti giudiziari commesso da un magistrato costituisce una condotta che attinge al massimo livello di intollerabilità da parte dell'ordinamento, qualunque e di qualunque entità ne sia l'utile che se ne trae, ed è fonte di discredito per la magistratura".

Nel caso della Pasquin, secondo i giudici, il verdetto del Csm non ha riscontrato "alcun elemento idoneo a fornire una qualche parvenza di giustificabilità nel comportamento dell'incolpata, tale da indurre ad una riflessione sull’eventualità di una graduazione della sanzione".

Patrizia Pasquin, tra l'altro, "con atti contrari ai doveri di ufficio" - ricorda la Cassazione - aveva favorito una persona a lei legata da "stretti rapporti personali" in un procedimento, la cosiddetta vicenda 'Ventura', nel quale avrebbe dovuto astenersi dalla trattazione di una procedura fallimentare che riguardava il suo conoscente, "ricevendo in compenso continuative forniture di derrate" alimentari. 

Patrizia Pasquin (in foto), 64 anni, residente a Tropea, è stata presidente della sezione civile del Tribunale di Vibo Valentia e prima ancora pm alla Procura di Vibo.

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Sorpresi dai carabinieri della Stazione di Spilinga su un fondo privato, un 24enne e un 18enne sono stati condotti ai domiciliari.

La giustificazione: "Ci serve per scaldarci"

 

 

Sono stati sorpresi dai carabinieri della Stazione di Spilinga intenti a tagliare diverse querce appena fuori Ricadi, utilizzando una motosega il cui rumore ha attirato l’attenzione dei vicini.

Il tutto lungo la trafficata strada provinciale n. 22I.

I militari hanno così colto in flagranza un 24enne del posto, Stefano Paluci, e un 18enne senegalese ospite del Cas di Nicotera, Danko Salif.

I due sono stati tratti in arresto e condotti nelle rispettive dimore agli arresti domiciliari come disposto dall’autorità giudiziaria.

Alla richiesta di giustificazioni il 24enne ha asserito candidamente ai militari di aver bisogno di legna per scaldarsi d’inverno.

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Detenzione di droga ai fini di spaccio.

Questa l’accusa per la quale i carabinieri (Radiomobile della Compagnia di Serra e militari dell'Arma della Stazione di Vazzano) hanno arrestato in autostrada Salvatore Emmanuele, 24 anni, di Gerocarne, già noto alle forze dell’ordine, e Rosa Inzillo, 33 anni.

Nell’auto con a bordo i due giovani i militari dell’Arma, al termine di una perquisizione, hanno rinvenuto della sostanza stupefacente e da qui l’arresto.

Più in particolare, 80 grammi di marijuana e quattro panetti di hashish per complessivi 750 grammi.

I due arrestati sono stati posti ai domiciliari in attesa della convalida in Tribunale a Vibo e della direttissima. Sono difesi dall'avvocato Pamela Tassone.

Ad insospettire i carabinieri è stata una manovra repentina dell'auto guidata da Salvatore Emmanuele nei pressi dello svincolo autostradale delle Serre.

Sono stati quindi inseguiti e bloccati in autostrada dalla Radiomobile a cui si sono poi aggiunti i carabinieri della Stazione di Vazzano.

Nei confronti di Salvatore Emmanuele pende una richiesta di rinvio a giudizio (inchiesta “Black Widows”) avanzata dal pm della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci (che ha applicato a tale inchiesta pure il pm della Procura di Vibo, Filomena Aliberti) con l’accusa di aver concorso ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa di un’autovettura Fiat Punto (in ragione dell’assenza del numero di telaio), rinvenuta e sequestrata in data 23 gennaio 2018.

Il tutto con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di mettere a segno il progetto omicidiario in danno di Giovanni Nesci.

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