Riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato stampa della Capitaneria di Porto di Vibo Valentia Marina
“Continua incessante l’attività di contrasto alla pesca illegale portata avanti dagli uomini e dalle donne della Capitaneria di Porto di Vibo Valentia Marina.
Nel corso della giornata odierna, nell'ambito di una serie di controlli sulla filiera della pesca, con particolare riferimento alla pesca ed alla vendita illegale dei prodotti ittici, i mezzi navali della Guardia Costiera di Vibo Valentia hanno sequestrato un attrezzo da pesca professionale utilizzato in maniera illegittima da pescatori senza regolare licenza.
L’attrezzo sequestrato, un palangaro di circa 4 km, senza alcuna targhetta identificativa è stato salpato direttamente dal personale della Guardia Costiera ed il pescato è stato donato in beneficenza ad una locale parrocchia per opere di carità
Continueranno nei prossimi giorni le attività di controllo da parte della Guardia Costiera, sia via terra che via mare, finalizzate al contrasto della pesca illegale e dell’immissione del frutto di tale pesca sul mercato.
Un ragazzo, S.S., di 20 anni di Vibo, è stato accoltellato sabato, dopo le 23.30, da un 15enne di nazionalità romena, nei pressi dei giardinetti pubblici “Villa Gagliardi”.
La vittima, al termine della serata trascorsa con gli amici, stava facendo rientro a casa
accompagnato da un ex compagno di scuola quando, all’improvviso e senza un ragionevole motivo, è stato aggredito con un coltello all’altezza della clavicola sinistra da parte di uno sconosciuto.
L’aggressore è stato messo in fuga dall’intervento di passanti.
Immediatamente allertati, i Carabinieri del Comando Provinciale di Vibo hanno da subito attivato un massiccio dispositivo di ricerca dell’accoltellatore che a seguito della descrizione fornita dalla vittima è stato identificato seppur non ancora rintracciato.
Il ferito è stato trasportato al Pronto Soccorso del capoluogo dove è stato dimesso poco dopo con una prognosi di dieci giorni salvo complicazioni.
Continuano senza sosta invece le ricerche dell’aggressore che, affetto da disturbi psichici - come d’altronde dimostrato dalla madre convocata presso il Comando Stazione Carabinieri di Vibo Valentia - non ha fatto rientro a casa dopo il fattaccio rendendosi di fatto irreperibile.
Omicidio Piperno, a Nicotera un 12enne spacciava col nonno
Dall’inchiesta sull’uccisione del 34enne emerge il contesto in cui avveniva lo spaccio di stupefacenti nel paese del Vibonese.
Eloquenti anche le conversazioni tra i parenti di Ezio e Francesco Perfidio, padre e figlio arrestati per il delitto: «Secondo me hanno fatto “l’africa”»
Nicotera. È una storia sbagliata quella di Stefano Piperno. Una storia tragica, finita nel modo più atroce. Laureato in Lettere, impiegato in un progetto di alfabetizzazione in un Cas per migranti a Nicotera, il 34enne era affetto da bipolarismo e per questo assumeva quotidianamente degli psicofarmaci. Ma da tempo Stefano era anche vittima della dipendenza da cocaina. Le persone a lui care lo sapevano e avevano tentato in ogni modo di tirarlo fuori da certi giri. Si era indebitato spesso con gli spacciatori e i suoi genitori lo avevano convinto a farsi accreditare lo stipendio su un conto corrente cointestato. Più volte erano stati costretti a coprire alcuni di quei debiti consegnandogli somme comprese tra i 200 e i 400 euro che, secondo i suoi stessi genitori, avrebbe dovuto corrispondere a Francesco Perfidio, alias “Carrozza”. Un paio d’anni fa avevano anche telefonato a quell’uomo – 58 anni, precedenti per droga, accusato di aver concorso con il figlio Ezio all’omicidio di Stefano – invitandolo a non fornire più droga al figlio. E anche la mattina del 20 giugno, quando di Stefano non si avevano notizie da poco meno di 24 ore, erano andati a casa di “Carrozza” nella frazione Preitoni e avevano citofonato più volte, ma senza ottenere risposta. Nei giorni precedenti Stefano aveva chiesto denaro con insistenza: non grosse somme, si parla di 140 euro, ma le motivazioni con cui aveva avanzato le richieste erano poco credibili agli occhi dei genitori. Anche la mattina del giorno della scomparsa aveva chiesto soldi a una sua amica. Poi il giorno dopo (20 giugno), nella tarda mattinata, sarebbe stato ritrovato cadavere proprio a Preitoni, a due km dalla casa dei Perfidio, sul sedile passeggero della sua Punto carbonizzata. Un vicino di casa ha raccontato ai carabinieri che Stefano si faceva vedere da quelle parti anche due o tre volte alla settimana. Andava dai Perfidio, secondo gli inquirenti, a comprare cocaina o marijuana, e proprio lì stando alle ipotesi investigative sarebbe stato ucciso da Ezio con una fucilata al torace.
«SECONDO ME HANNO FATTO “L’AFRICA”» I carabinieri di Nicotera, Tropea e Vibo, coordinati dalla Procura guidata da Bruno Giordano – titolare del fascicolo è il sostituto Filomena Aliberti – hanno chiuso il cerchio attorno ai presunti responsabili dopo due mesi di indagini e riscontri incrociati su filmati e tabulati telefonici. Ma determinanti si sono rivelate anche le conversazioni carpite ai vari componenti della famiglia Perfidio nelle fasi successive al delitto. A cominciare dai dialoghi intercettati tra padre e figlio dopo essere stati convocati in caserma e dopo aver incontrato il loro avvocato. «Va studiata bene… non come dice lui…», dice Franco riferendosi probabilmente alla strategia difensiva da adottare. «In questo modo… “ci appizzi i penne puru tu”», risponde il figlio Ezio. Quest’ultimo aggiunge: «Tu come cazzo lo hai portato là… seduto… guidavi tu? (…) l’avevi già ammazzato?». Ma è un altro il passaggio più eloquente: «Ma mannaggia chi ti ha comandato…», è la domanda retorica che Franco fa al figlio, come per dire «chi te lo ha fatto fare?». Ed Ezio risponde «lo so… lo so…».
Stando a quanto emerge dall’ordinanza vergata dal gip di Vibo Graziamaria Monaco potrebbe essere stato un omicidio di impulso. Le intercettazioni restituiscono un clima di forte tensione anche tra gli stessi familiari che provano goffamente ad accordarsi per non rendere versioni contraddittorie agli inquirenti. Diversi di loro però finiscono per accusare inconsapevolmente Ezio – «u mazzau», «u cuppau» – e di lui dicono anche che «beve dalla mattina alla sera». Gli stessi parenti, intercettati, dicono che «ad un certo punto… (incomprensibile)… è successo un bordello», «tutto in un secondo», «secondo me hanno fatto “l’africa”», «perché era ubriaco marcio», «ci minò drittu… u mu su levanu» («lo ha affrontato in maniera diretta per portarselo via/ammazzare», traducono gli inquirenti).
PUSHER A 12 ANNI Agli inquirenti è apparso «verosimile» sin dalle prime indagini che l’omicidio fosse maturato in un contesto di spaccio di stupefacenti. Un contesto paesano ma comunque pieno di ombre, in cui può capitare anche che, stando alle ricostruzioni degli inquirenti, nonno e nipote si occupino insieme della vendita al dettaglio degli stupefacenti. È il caso di Francesco Perfidio – indagato anche per possesso di marijuana ai fini di spaccio – e di uno dei suoi nipoti, intercettati mentre si recano in un fossato sulla strada provinciale 23 per prelevare della marijuana – indicata come «insalata» – da cedere subito dopo a un terzo soggetto. Nell’ordinanza del gip vengono riportate alcune conversazioni tra i due: «Nonno il marsupio…», «ce ne andiamo? (si sentono rumori di buste di plastica…) nonno aspetta che viene una macchina…». Il nipote di Franco Perfidio è nato nel 2006, ha solo 12 anni.
DaIlCorrieredellaCalabria Sergio Pelaia