
Da diversi giorni si sa peva che Piazza Commercio avrebbe avuto un nuovo Look, più compatibile con le palme che costituiscono il suo emblema.
Lo si sapeva per via della asportazione degli ingombranti sedili sui quali gli amanteani si rinfrescavano quando li utilizzavano.
Sedili trasferiti per arredare nuovi angoli della città, tra cui via Dogana, il lungomare e Santa Maria.
E stamattina sotto la attenta guida di Ciccia Caterina, assessore in prova, dopo la attenta pulizia della piazza , fatta da una ditta specializzata con una idropulitrice, un gruppo di operai delle cooperative del comune di Amantea ha provveduto a collocare i nuovi vasi da fiori e le eleganti panchine.
Devono essere piaciute perché, nemmeno il tempo di sistemarle, sono state immediatamente prese d’assalto dagli anziani fruitori della piazza.
Poi con la solita cortesia tutta amanteana è stato fatto posto alla consigliera Ciccia per il dovuto collaudo.
I sorrisi nella foto vanno intesi come dimostrazione di un lavoro ben riuscito.
NB Temiamo per i vasi!
Ciò che accomuna la storia dei vari popoli (greca, latina, africana, cinese, etrusca, indiana, ecc.) è che ai primordi di ogni civiltà, ci fossero tanti racconti di dei e d'eroi con altrettanti miti e/o leggende, attraverso i quali era spiegata ogni cosa del creato.
E’ curioso come i diversi popoli, attraverso le gesta di dei ed eroi, personificazione dei fenomeni naturali, abbiano spiegato i tanti misteri della natura. Ogni popolo si è infatti adoperato nel narrare una propria cosmogonia, offrendo una raccolta tanto ricca da trasportarci ora nell’Olimpo dei Greci, ora al Pantheon dei Romani, ora alla Corte di Odino o ai totem indo-americani, ora ai feticci dell’Africa o alla teocrazia dei Messicani ed Aztechi.
In Calabria ad Amantea viveva una ragazza. Mentre tutto il popolo prendeva parte ai riti di Bacco, la giovane donna osò sfidare il dio rimanendo al proprio telaio, indifferente ai festeggiamenti.
Bacco allora, si trasformò in fanciulla e andò da lei a consigliarle di partecipare alla festa; la giovane non solo si rifiutò ma parlò anche male del dio, il quale per punirla prima si trasformò in toro, poi in leone e infine in pantera. La giovane donna dallo spavento impazzì e Hermes la tramutò in pipistrello durante la notte in attesa di essere vinta dall’amore e diventare libellula.
La tradizione ritiene che la madre della ragazza sia stata un'inquilina del Palazzo di don Pantu, una delle numerose residenze assegnatele dalla leggenda nel corso della sua turbolenta vita.
Donna fortemente avversa all’amore, si racconta che andasse continuamente in cerca di tutti gli uomini della zona, dei quali faceva letteralmente scempio. Una volta infatti condotti in un luogo segreto, li faceva puntualmente uccidere o tramite qualche suo servitore oppure attraverso qualche altro espediente, tipo buttarli in mare da una rupe, laddove il malcapitato di turno cadeva vittima di qualche famelico animale marino, ma anche profonde fosse munite di punte di spada, denti di forcone e lame di rasoio. Chiunque si trovava a passare nei dintorni, non poteva fare a meno di ascoltare i pianti e i lamenti degli sventurati innamorati della figlia della perfida Madre.
Tra le tante sue vittime vi è una storia che i racconti popolari annoverano particolarmente. La storia di un uomo di mare perdutamente innamorato.
Il marinaio era approdato sulla spiaggia di Amantea dopo anni di girovagare senza meta. Era odiato sia dalla Madre della ragazza che da una stupida ipocrita. Un giorno si recò sul lungomare per chiedere consigli sul da farsi a Nettuno.
Volendo allontanare il marinaio dalla vita della propria figlia, alla madre venne consigliato di assumere il viandante al suo servizio come barcaiolo, almeno così disse agli amici e conoscenti.
Da quel momento in poi l’uomo non fu più visto, anch'egli vittima probabilmente di qualcuno degli innumerevoli tranelli orditi dalla crudele Madre e dalla bigotta amica della figlia.
Da quel giorno il nomade innamorato iniziò a vagare disperatamente per i boschi e per gli oceani alla ricerca della giovane donna, perché era talmente grande la passione che ardeva nel suo cuore che ogni minuto lontano da lei era una tremenda sofferenza. Alla fine riuscì a trovarla ma lei appena lo vide, scappò impaurita e a nulla valsero le suppliche dell’uomo che gridava il suo amore e le sue origini divine per cercare di impressionare la giovane fanciulla.
Lei, terrorizzata, scappava tra i boschi. Accortasi però che la sua corsa era vana, in quanto l’innamorato la incalzava sempre più da vicino, invocò la Madre Terra di aiutarla e questa, impietosita dalle richieste della figlia, iniziò a rallentare la sua corsa fino a fermarla e contemporaneamente a trasformare il suo corpo: i suoi capelli si mutarono in rami ricchi di foglie; le sue braccia si sollevarono verso il cielo diventando flessibili rami; il suo corpo sinuoso si ricoprì di tenera corteccia; i suoi delicati piedi si tramutarono in robuste radici e il suo delicato volto svaniva tra le fronde dell'albero.
Durante il loro viaggiare intorno al mondo, alcuni calabresi riportarono, qualche anno più tardi , che, seduto su di un grosso tronco, al quale i pescatori legavano le loro barche, in un posto imprecisato dell’Oceano Pacifico, lo sfortunato amante aspettava pazientemente e quotidianamente l’improbabile apparire dell'amata e fu così per diverso tempo, fino a smarrire la ragione e a morire, con gli occhi fissi sul mare nella vana attesa della sua adorata Amanteana. C'è chi sostiene di vederlo ancora oggi, seduto su quel tronco di sequoia con lo sguardo fisso ad est, rivolto verso quel lontano mare di Ulisse come in perenne attesa di qualcuno...
Gigino A Pellegrini & G el Tarik
Astolphe de Custine, nacque nel 1790 in Lorena.
All’età di 22 anni, nel 1812, giunse ad Amantea.
Ecco cosa scrisse:
“Abbiamo trascorso una notte ad Amantea, una città sottoposta dai briganti a un blocco di nove mesi e a un assedio di quarantasei giorni.
La guerra vi ha creato diverse fazioni che ancora si contrappongono: padri, fratelli, tutti si detestano, si divorano, si tradiscono!
È il Medioevo, a parte l’entusiasmo.
O, forse, è esattamente la stessa cosa: ciò che manca ai nostri occhi è solo la vernice del tempo.
Il nuovo comandante della piazza ha tuttavia ristabilito un po’ d’ordine in questa infelice città.
Ed ecco il suo segreto: due volte la settimana ha dato dei balli avendo cura di invitarvi i vari capi dei partiti cittadini.
Vale la pena di essere calabresi, non partecipare in nessun modo alla civilizzazione, vivere di cipolle crude contese ai maiali per deporre le armi al primo suono di violino!
Se gli uomini sono dovunque gli stessi, a cosa serve viaggiare?
Del resto, in Calabria ogni città è una nazione.
I popoli della costa non somigliano a quelli dell’interno: gli albanesi sono diversi dagli abitanti delle pianure e, infine, non c’è accordo né nei costumi né nelle idee di questa regione.
Quello che si chiama il popolo calabrese è un composto di tanti popoli diversi, sicché il paese che esso occupa è simile ad un mosaico, tanto sorprendente è la diversità delle razze, dei costumi, dei dialetti.
In uno Stato composto da tanti popoli, gli individui cadono in una incoerenza di idee uguale al disordine politico.
Non immaginerete mai la bestemmia preferita dai calabresi, e che può servire a farvi conoscere il loro spirito.
Nell’esplosione della loro ira più grande, gridano: santo diavolo e Gesù maledetto! Ecco come un popolo così cattolico offende la propria fede, anche con le parole!
In Italia si apprende che l’incoerenza non sempre è la strada della follia, ma che, al contrario, essa conduce all’indifferenza che è l’abuso della ragione.
Alcune domande ai nostri lettori.
Prima domanda. E’ stato davvero l’assedio a creare diverse fazioni che ancora si contrappongono: padri, fratelli, tutti si detestano, si divorano, si tradiscono?
Seconda domanda. E’ vera la affermazione che sono stati i briganti a sottoporre Amantea ad un blocco di nove mesi e a un assedio di quarantasei giorni?.
Terza domanda. Ancora oggi, in Calabria ogni città è una nazione?.
Quarta domanda. E’ da allora che gli Amanteani fanno finta di fare la pace quando si fa musica e festa o era una caratteristica semplicemente sfruttata dal comandante francese?
Quinta domanda. De Custine non lo dice ma il comandante francese proprio per questa incresciosa situazione decise di spostarsi a Paola lasciando gli Amanteani ad ammazzarsi tra di loro?
Grazie
Giuseppe Marchese