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Copertina libro KoreaRicordi di guerra di un giovane calabrese che ha indossato la divisa dell’U.S.Army, S.N.11301482 e che si trovava ad Ascom City, nel 121° Evacuation Hospital, quando il 27 luglio 1953 a Panmunjon venne firmato l’armistizio tra due Coree.

Ero partito da un piccolo paese della provincia di Cosenza sperduto in mezzo al verde, avevo lasciato una casetta dove ancora l’acqua potabile veniva portata in casa da mia sorella Anna con un barile riempito nella pubblica fontana ed ora invece mi sentivo protagonista della storia mondiale in una terra dove si decidevano i destini dell’umanità. Il passo fatto era enorme, avevo mutato in poco tempo il mio tenore di vita ed avevo imparato per forza e per necessità nuovi modi di agire e di pensare, non fosse altro per non essere stritolato dagli ingranaggi e dalla routine militare. Non potevo morire senza rivedere il paesello natio, le piante di “Nmienzu u largu”, i volti amici, il muro della mia casa dove, bambino, avevo scritto “Vinceremo”, le colline dove avevo visto spuntare tante volte il sole. Già, il ricordo del sole di quelle lunghe giornate d’estate; di quella pace celestiale che regnava ovunque; dei suoni, delle voci, degli odori che salivano al cielo; del battito del martello sull’incudine e della figura di mio cugino, ancora bambino, che tirava il mantice nell’officina del padre; del canto delle cicale, monotono e regolare, che ti accompagnava sempre durante la pennichella pomeridiana. Non potevo morire ed infatti anche per questa volta la fortuna fu dalla mia parte. L’avanzata dei soldati Nord coreani venne fermata dal pronto e miracoloso intervento dei marines. La firma dell’armistizio era imminente e le agenzie “Tass” e “Nuona Cina” precisavano che la linea di demarcazione avrebbe seguito esattamente la linea del fronte, quale essa si sarebbe presentata dodici ore dopo la firma dell’armistizio. Il dramma coreano era entrato nella fase culminante: il vecchio Presidente Sud Coreano Sigman Rhee non accettava le condizioni dell’armistizio ed era disposto a condurre la guerra da solo. Eravamo convinti che la strada per tornare a casa passava necessariamente per Panmunjon ed ogni qual volta apprendevamo che si era riunita la Commissione per l’armistizio, l’America si avvicinava sempre di più. Sul fronte, intanto continuano violenti gli attacchi comunisti. La situazione è critica non solo militarmente, ma anche politicamente e diplomaticamente. Si teme da un momento all’altro un colpo di mano militare da parte del Presidente sud coreano. Syngman Rhee crea dunque nuove complicazioni e la fine della guerra in Korea viene rimandata di giorno in giorno ed intanto altre centinaia di soldati continuano a morire. L’opinione pubblica americana è stanca della tensione psicologica creata dalla lunga guerra in Korea, le madri piangono le perdite dei loro giovani figli morti ammazzati in una terra tanto lontana e sconosciuta, Wall Street rimpiange le spese militari di milioni di dollari sostenute in questi tre anni di guerra ottenendo scarsa soddisfazione e mediocre gloria. I cino nordisti con altoparlanti fanno sapere che la firma dell’armistizio è vicina e che per Natale saremo di ritorno in patria. Non ci credo molto, anche perché nel 1950 il Generale Mac Arthur aveva detto la stessa cosa, così pure il Generale Eisenhower prima di essere eletto Presidente degli Stati Uniti d’America nel 1952. Staremo a vedere. 27 luglio 1953, fine delle ostilità, da mezzanotte non si sparerà più, a Panmunjon viene firmato l’armistizio. E’ la prima buona notizia dopo sette mesi di inferno. Nelle baracche, nelle corsie dell’ospedale si sentono ripetere alcune frasi come:- Abbiamo avuto salva la vita -. – Ritorneremo finalmente a casa -. E’ la pace, è la pace, ma non c’è pace dentro il mio cuore. Immagini della guerra mi ritornano nella mente e rivedo davanti ai miei occhi gli amici che mi hanno lasciato. E’ ancora davanti ai miei occhi il triste spettacolo di uomini e donne, giovani e vecchi, frugare tra le rovine e le macerie alla ricerca di qualche oggetto domestico; il volto dei ragazzi che ti guardano con occhi impauriti e che pietosamente stendono la mano con la speranza di ricevere qualcosa; gli sguardi avviliti delle ragazze che si vendono per un pacchetto di chewing gum ed una tavoletta di cioccolato. Ma soprattutto i volti di migliaia e migliaia di soldati, avviliti, tristi, polverosi, infangati, in marcia lungo le strade e in mezzo alle risaie che vanno verso la morte. E’ impossibile dimenticare tutte queste brutture della guerra. L’inferno finalmente è finito, però porterò con me per sempre vivo il ricordo di questa triste avventura coreana. Cin cin, ragazzi, buona fortuna. Chiudo gli occhi e rivedo la mia casetta, la mia gente, i miei compagni. La giornata è splendida, molto bella, caldissima. Penso sarebbe bello un giorno rivedere i luoghi dove sono nato e ritrovare gli amici di un tempo. Chi troverò.

A luglio del 1961 sono ritornato definitivamente nella mia amata terra di Calabria.

Francesco Gagliardi

Via Guido Dorso,23

87100 Cosenza

Tel.0984-391835

Cell. 3287094710

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Ancora una volta ci dobbiamo occupare di un femminicidio avvenuto però non in Italia ma questa volta in Pakistan.

Una bella ragazza di 25 anni si era pazzamente innamorata di un ragazzo italiano e per questo sgarro fatto alla sua famiglia è stata severamente punita.

 

 

E’ stata barbaramente sgozzata.

La ragazza era cresciuta in Italia e precisamente a Brescia, aveva frequentato le scuole italiane e aveva ottenuto finanche la cittadinanza italiana.

Si era pazzamente innamorata di un ragazzo che voleva sposare, che voleva passare i suoi giorni col ragazzo che lei aveva scelto liberamente e che da lui voleva avere dei figli.

Tutto questo non si è potuto realizzare perché la sua giovane vita è stata spezzata da un padre padrone che non ammetteva che sua figlia si comportasse come gli occidentali e che potesse sposare un uomo non scelto ed imposto dai familiari come del resto avviene in Pakistan e nelle altre nazioni islamiche.

Purtroppo è una regola di vita che ancora oggi esiste in quei lontani paesi.

Le ragazze non possono sposare i ragazzi che amano, ma i ragazzi che i genitori sceglieranno per loro a volte cugini o vecchi per pura convenienza.

La ragazza di nome Sana ha rifiutato le nozze combinate e imposte dalla famiglia e per questo sgarro è stata sgozzata.

Uccisa perché voleva vivere come le altre sue compagne di Brescia, perché voleva vestirsi e comportarsi all’occidentale, perché voleva sposare il ragazzo che amava e non uno sconosciuto e forse molto più grande di lei.

La ragazza aveva studiato a Brescia e a Brescia si era ben inserita.

Il viaggio in Pakistan fatto per andare a trovare i famigliari per un breve periodo forse per annunziare il giorno delle nozze le è stato fatale.

Non è più tornata in Italia.

La sua morte l’abbiamo appresa da un video postato dalla famiglia.

I funerali si sono svolti secondo il rito islamico.

Secondo i familiari la ragazza è morta in un incidente, secondo i tanti amici che aveva a Brescia è stata sgozzata dal padre e dal fratello.

Padre e fratello sono stati arrestati dalla Polizia, ma non ci sono conferme.

Infatti una sua amica ha scritto che i familiari inquisiti sono stati già liberati e la vicenda è stata chiusa.

La ragazza non è morta per incidente, ma di infarto.

Dal Pakistan, però, arrivano notizie contrastanti e frammentarie.

Addirittura si apprende che la ragazza non sia morta di infarto, ma si sia suicidata.

Non è la prima volta che ci siamo occupati di tristi vicende del genere, di giovani donne vittime di violenze da parte dei familiari solo per aver fatto scelte a loro invise.

Nell’agosto del 2006 a Ponte Zanamo un’altra ragazza è stata uccisa dai familiari e poi sepolta nel giardino di casa con la testa rivolta verso la Mecca, perché voleva vivere come le altre sue amiche all’occidentale, truccarsi, indossare pantaloni, camicette attillate, uscire di casa con le amiche, frequentare ragazzi italiani.

Si era opposta alle tradizioni familiari.

E il 15 settembre 2009 viene uccisa Sanaa Dofani di anni 18 mentre si trovava in auto con il fidanzatino italiano.

E ancora un’altra ragazza indiana di 27 anni nel maggio 2012 viene strangolata dal marito e gettata nel Po perché viveva l’occidentale.

Così hanno commentato gli amici e le amiche di Brescia della sventurata ragazza ancora sotto shock:- Ha pagato la sua voglia di libertà-.

E così Matteo Salvini, il leader leghista che vuole diventare Presidente del Consiglio, ha twittato:- Quanta tristezza, quanta rabbia!

In Italia nessuno spazio per chi viene a portare questa cultura-.

Secondo Giorgia Meloni, leader dei Fratelli d’Italia, Sana – è vittima di un fondamentalismo tribale, di una cultura da cui non abbiamo nulla da imparare -.

di Francesco Gagliardi

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Non è tutto oro, ciò che luccica, nemmeno in Gerrmania. Ma come in Italia la verità si nasconde. Vediamola !

Germania: La mafia dei cantieri e il lavoro sommerso di Stefano Solaro

 

 

 

 

Un approfondimento sul quotidiano online tedesco die Welt fa luce sulla preoccupante diffusione in Germania del lavoro in nero nell'edilizia.

Questo fenomeno, oltre ad aver assunto dimensioni enormi, comporta una crescente compressione dei salari per i lavoratori nel settore delle costruzioni e una crescente importazione di manodopera a basso costo dall'Europa sud-orientale.

di Christina Brause, Anette Dowideit, Jennnifer Wilton

Il settore dell'edilizia tedesco è sempre più colpito dal fenomeno del lavoro in nero, dietro al quale si cela spesso la criminalità organizzata.

Attraverso società fittizie, condizioni di lavoro simulate e fatture contraffatte, vengono sottratte allo Stato grandi somme di denaro da progetti di costruzione a livello nazionale.

Friedrich Schneider, il noto ricercatore dell'Università di Linz specializzato nello studio del lavoro sommerso, stima che ogni anno nell'edilizia il lavoro in nero produca perdite di oltre 127 miliardi di euro, dei quali circa 28 miliardi finiscono nelle tasche della criminalità organizzata. Secondo Schneider, l'attuale boom delle costruzioni sta ulteriormente accentuando il problema: "Se, in veste di costruttori, avete la necessità di realizzare rapidamente un progetto, nonostante il boom delle costruzioni, difficilmente troverete un esercizio disponibile. Tutti gli appalti saranno già occupati."

Armin Rolfink, presidente dell'ufficio doganale e responsabile del controllo finanziario locale sul lavoro in nero, conferma che la criminalità organizzata nel settore delle costruzioni ha raggiunto un alto grado di professionalità: "Dietro il lavoro illecito esistono spesso delle fitte reti aziendali, che a tratti sono coordinate da un'intensa attività criminale, agendo a un livello estremamente professionale".

Le menti che tirano le fila di questo immenso sistema di frode importano a getto continuo lavoratori a buon mercato dai paesi dell'Europa sud-orientale nei cantieri tedeschi. Il confine con la tratta di esseri umani a volte viene perfino superato, come conferma l'attuale rapporto dell'Ufficio federale di polizia criminale.

La dogana è sopraffatta

La dogana riesce a malapena a seguire le varie indagini, nonostante dal 2016 l'organo si sia concentrato sulla persecuzione di coloro che alimentano il lavoro illegale organizzato, aprendo, solo lo scorso anno, ben 4872 procedure d'infrazione nel settore edilizio.

Il sindacato IG Bau ha invitato il governo federale a "distruggere definitivamente le strutture criminali". "Al fine di consentire una densità di controllo che scoraggi le imprese criminali dalle loro azioni, il personale di controllo finanziario deve essere aumentato il più rapidamente possibile di almeno 10.000 posti di lavoro", afferma il leader sindacale Robert Feiger.

Attualmente, l'unità doganale impiega sulla carta 7211 persone, ma solo 6452 posti di lavoro sono realmente occupati. Inoltre, il presidente del Partito della Sinistra, Bernd Riexinger, parla di un "enorme problema nei controlli" e invoca 10.000 investigatori. Nella situazione attuale, "SPD e Unione sono complici della diffusione del lavoro in nero e della continua violazione del salario minimo nell'edilizia".

Le accuse del FDP

Johannes Vogel, il portavoce sulle politiche del mercato del lavoro del gruppo parlamentare del FDP, muove pesanti accuse al governo: "È completamente incomprensibile che il nuovo governo federale crei 209 nuovi posti nei ministeri, scegliendo invece di risparmiare sulle assunzioni in dogana. Questo è un classico esempio di prioritizzazione errata. Invece di creare più posti di lavoro nel Ministero degli Interni, il governo federale dovrebbe garantire piuttosto che la legge vigente in Germania sia applicata grazie a uno staff adeguato. Attualmente, purtroppo, fa esattamente il contrario".

La frode da un miliardo di euro è possibile perché attualmente nei cantieri in Germania le concessioni illimitate possono essere passate da un subappaltatore all'altro, mentre catene di appalti che contano fino a sette o otto attori contribuiscono a moltiplicare la confusione.

"La politica deve regolamentare l'assegnazione in modo trasparente", chiede a gran voce il leader sindacale Feiger, almeno per quanto riguarda i cantieri del settore pubblico, dove il lavoro sommerso apparentemente è diffuso tanto quanto nei progetti di costruzione privati: "Qui la politica potrebbe facilmente arginare questa dinamica, impedendo la presentazione di proposte con più di tre livelli di subappalto".

Una modifica della legge potrebbe migliorare la situazione

Il membro del Bundestag Matthias Barke (SPD), presidente della commissione per il lavoro e gli affari sociali, vede la questione in modo simile: "Le catene di subappalto favoriscono il dumping salariale e sociale. Se ogni imprenditore estrae il proprio margine, agli operai che si trovano alla fine della catena spesso rimangono solo dei miseri resti. Dobbiamo bloccare questo processo". E aggiunge "la disciplina della pratica degli appalti è compito che dovrebbe spettare al settore pubblico".

Il Ministero federale delle finanze difende però la sua attuale strategia nella lotta al lavoro illegale organizzato. Secondo l'organo istituzionale, l'anno scorso il numero di indagini preliminari è aumentato dell'8% e sono state scoperte frodi per un importo di 460 milioni di euro.

Inoltre, solo di recente è stata effettuata una revisione del codice penale grazie alla quale, in futuro, dovrebbero essere imposte punizioni più severe per i responsabili delle ditte fittizie.

Tuttavia, è prematuro valutare se questa modifica legislativa sarà realmente efficace.

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