Tre anni fa, me ne stavo seduto sul terrazzo nel silenzio di un pomeriggio da coronavirus, privo anche del dolce rumore dell'Ulisse. Calma piatta priva di onde.
I mass-media erano riemersi a nuova vita, diventando la tecnologia dei poteri forti nel mondo. Quegli stessi poteri che avevano sovvenzionato una nuova tecnologia come invisibile tiranno che porta i suoi effetti distruttivi nei più profondi recessi della psiche umana, “più di quanto possano fare i denti a sciabola della tigre o dell’orso. Quello di cui c'era bisogno non era attaccare l’imbecillità, ma spiegare ciò che la sosteneva.
Le classi privilegiate erano confortevolmente sdraiate e serene nei loro credi. La loro coscienza era cristallina, anche grazie all’assoluzione della Chiesa; con gli oppressi, che non sapevano di esserlo, debitamente convinti di essere creature inferiori, orgogliosi della loro condizione servile; gli intellettuali, usignoli dei padroni, si sentivano a loro agio, nel redigere i loro discorsi politici che in gran parte erano in difesa del sistema vigente.
Oggi, non essere consapevole di tutto quello che sta succedendo alle nostre “libere esistenze” e collocarle alla loro reale concessione o dono corrisponde al non capire chi veramente siamo in un contesto non creato da noi e nel quale ci viene accordato di vivere.
La libertà dell’uomo, di conseguenza, non è il risultato di un atto arbitrario dello stesso ma quella di atti determinati da poteri che ci governano. La libertà non è fatta di libere scelte: chi non può scegliere nella propria vita non è libero. Senza libertà di scelta non c'è creatività; senza creatività non c'è vita. Quante volte durante la nostra vita abbiamo sentito dire che la libertà era uno dei “doni”, dunque una donazione non una conquista attraverso atti rivoluzionari, “atti arbitrari” come li chiamerebbe Gianbattista Vico.
Atti arbitrari che porterebbero alla sollevazione di una umanità consapevole, dando vita inevitabilmente, ad una lotta che una volta si chiamava “lotta di classe” mutuando il termine da Karl Marx, il quale considerava la struttura della società in relazione alle sue classi principali e la lotta tra di esse come il motore del cambiamento in questa struttura. La sua non era una teoria dell’equilibrio o del consenso. Il conflitto non era cambiare direzione all'interno della struttura della società, né le classi erano elementi funzionali al mantenimento del sistema. La struttura stessa era un derivato e un ingrediente della lotta di classe.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik
Alcune parole risuoneranno, per alcuni di voi, più che per altri,familiari, vi identificherete con Shakespeare piuttosto che con Frida o sceglierete di parlare in versi piuttosto che essere spiritosi.
"Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni"E con questa celebre frase di William Shakespeare voglio augurarvi un nuovo anno in cui ognuno riuscirà a trovare l'energia e la determinazione per realizzare e mettere in pratica i propri sogni, in cui ognuno troverà la forza per affrontarelo strano viaggio chiamato Vita!
“Nessuno ti restituirà gli anni andati; nessuno ti restituirà te stesso...” Seneca.
La mia componente anglofona conosce i versi "Auld Lang Syne" dai festeggiamenti di Capodanno quando unendomi ad amici cantavamo a voce alta nel dare il benvenuto al nuovo anno.
Le parole appartengono alla lingua scozzese. La melodia, è antecedente a qualsiasi celebrazione del Capodanno come la conosciamo, ed è stata utilizzata da compositori a me molto cari come Beethoven, Haydn e Cliff Richard.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik
Non si può festeggiare Natale a Gaza e in Ucraina, c’è la guerra. E i cittadini che vivono in quelle martoriate terre dove si combatte e dove vivono nascosti nei sotterranei, nei cunicoli, nei camminamenti, per paura dei razzi, delle bombe, dei missili, dei carrarmati, che Natale potrebbe esserci? Dominano la paura e il terrore di essere accoppati da un momento all’altro. L’unica speranza è una tregua, almeno per questo Natale, e una pace duratura. Le chiedono a gran voce le Nazioni Unite, i governati di tutte le nazioni libere e democratiche, le chiedono gli uomini e le donne di tutto il mondo amanti della pace, le chiedono finanche il Santo Padre, tutte le domeniche all’Angelus, quando si affaccia dalla finestra del Vaticano. Voce che grida nel deserto. Voxclamantis in deserto direbbero i latini. Non è ascoltato. A voglia ca gridi, Papa caro, e staricchianun ci sentanu.Non viene spesso neppure ascoltato da Vescovi e Cardinali, figuriamoci se viene ascoltato da Putin, da Netanyahu e dai seguaci e dai guerriglieri di Hamas. Professano religioni diverse e nei loro cuori c’è soltanto odio, vendetta, soppressione, annientamento, distruzione e morte. E così ogni giorno che passa è peggio. Si vive senza elettricità, senza acqua, senza medicinali, senza cibo. La vita dei cittadini di Gaza dopo l’attentato terroristico di Hamas alla popolazione civile ed inerme di Israele e dopo l’invasione del popolo ucraino da parte delle truppe sovietiche, la vita di centinaia di migliaia di famiglie è completamente cambiata. Nelle città, nei paesi, nei piccoli borghi ci sono soltanto macerie. Non ci sono più per loro luoghi sicuri, neppure a Natale. Dove in ogni casa del mondo si mangia e si beve e si festeggia la venuta di Cristo nel mondo. Dove le vetrine dei negozi e le strade sono sfavillanti di luci e di colori, Dove nelle piazze si esibiscono cantanti di grido per allietare tutta la gente. Noi festeggiamo, ma loro piangono e soffrono, e non sanno se arriveranno a domani. Ci sarà Natale anche per loro? Non ci sarà. Vorrei che anche per tutte quelle persone che soffrono per causa della guerra ci fosse almeno una tregua di 48 ore in modo che anche loro potessero uscire dai nascondigli e andare in qualche chiesa aperta e non ancora distrutta dalle bombe, per poter ascoltare la Santa Messa di Natale e il coro degli Angeli cantare: Gloria a Dio nel più alto dei cieli, e pace agli uomini amati dal Signore. Ma gli Ucraini e i palestinesi, quei pochi cattolici rimasti, non potranno ascoltare il coro degli Angeli, perché loro hanno pure paura delle bombe e se ne stanno nei luoghi sicuri e riparati del Paradiso. Ucraina e Palestina sono luoghi pericolosissimi, perciòGesù non nascerà nella notte santa in questi luoghi. Nascerà sicuramente in un’altra parte del mondo dove non si sentirà il frastuono delle bombe che cadono e il pianto dei bimbi e delle mamme. Non si farà neppure vedere Babbo Natale. Nessuno porterà i doni ai bambini feriti, a quelli che hanno perso il papà o la mamma, a quelli che nascono in mezzo alle bombe negli ospedali distrutti. Non stanchiamoci di gridare “No alla guerra”, in nome di Dio e nel nome di ogni uomo che aspira alla pace. Buon Natale.