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tttpppFatima dopo aver messo nero su bianco la sua storia di adozione che dalla lontana Lituania l’ha portata a rivivere in Italia insieme alla sorella, è impegnata in un progetto ambizioso e impegnativo. L’ 11 di settembre è stato uno giorno importante, una piacevole tappa perché dopo l’enorme riscontro che la stampa le ha riservato, Caterina Balivo la nota conduttrice del nuovo programma su Rai Uno “La Volta Buona” l’ha voluta presente nel suo salotto riuscendo a fargli rivivere delle emozioni straordinarie. Hanno toccato i vari punti del suo percorso di vita travagliata che oggi a 25 anni appena compiuti ne è la testimone dimostrando l’impegno come promotrice. Di risorse credo ne abbia da vendere dato che dalla sua esperienza vuole estrapolare l’essenza migliore, vuole tramandare un messaggio positivo per tanti e tante come lei che si trovano nella stessa situazione ecco perché dopo quasi tre mesi di ricerca assidua quanto minuziosa è riuscita a creare un team di tutto rispetto fatto da professionisti: psicologhe, legali , professori e altre figure, in tutto sono 15 a reggere questo progetto e con Fatima che è la fondatrice e amministratrice gestiscono un giornale adoptlife.info sul quale quotidianamente vengono pubblicati degli articoli afferenti alle adozioni, rapporti umani, aspetti anche legali che riguardano l’ adozione. Per Fatima lo spazio creato per dare voce a chi non è ha deve essere come un faro a chi si trova in balia delle tempeste dell’opinione pubblica quanto mediatica, dove una società definita moderna è pronta subito ad additare certi epiteti screditando soggetti che purtroppo si ritrovano da soli per motivi svariati che non hanno nessuna colpa se non il fatto di essere stati abbandonati al loro destino. Serve amore in qualunque forma non possiamo credere che a un essere umano che abbia avuto un passato avverso deve essere prevaricato il diritto di condurre una vita normale avere quella base di rapporti umani che sono anche fulcro nella crescita e nella stabilità di ogni individuo ribadisce Fatima. Gli appuntamenti per lei non sono terminati dopo l’invito della Balivo anche il 2 di Novembre è stata ospite su Rai Uno in compagnia di Papà Giuseppe nella trasmissione dei “Fatti vostri” condotta da Tiberio Timperi e ogni settimana sarà presente con la propria rubrica ”La voce degli adottati” su Radio Azzurra. Quindi il suo impegno nel promuovere il tema dell’ adozione non arretra di un centimetro pianificando insieme al suo team altri progetti. Ad oggi stanno lavorando ad una rivista digitale per dare più visibilità possibile ad un argomento di grande importanza dove l’Italia è seconda solo agli Usa come adozioni, in 18 anni ha accolto 46000 bambini circa. Fatima ne va orgogliosa mettendo a nudo tutto il suo passato e spera che con il tempo possa sensibilizzare più persone possibili ad aprire mente e cuore vedendo aprire uno spiraglio di luce a chi comeleinon è stato cosi fortunato. Basta crederci con tanti sacrifici i risultati non esiteranno ad arrivare.

Giuseppe Ierace

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Incidente TrevisoMorire a 26 anni è una tragedia. Eppure ancora in Italia e nel mondo ogni giorno si verificano morti sul lavoro. Siamo costretti a piangerli, a scrivere, a raccontare le loro storie. L’altro giorno è toccata ad una operaia di Pieve di Soligo, nel Trevigiano, che lavorava in una industria alimentare. Si chiamava Anila, aveva 26 anni. Un altro operaio è morto a Ravenna. L’operaio di Ravenna e la 26nne di Pieve di Soligo, come fanno tutti gli operai di questo mondo, si erano alzati presto la mattina per raggiungere in tempo il posto di lavoro. Avevano certamente preparato una tazzina di caffè con la moka. Avevano certamente dato un bacio come si fa prima di andare a lavorare ai propri familiari. Forse si erano fermati un po’ al bar vicino la fabbrica e con gli amici avevano preso un cornetto o e un caffellatte. Avevano discusso dei fatti del giorno, dello sciopero imminente, della iniziativa presa da Salvini e dei dinieghi di Landini, del gol fatto dall’interista De Marco da oltre 50 metri di distanza trovando impreparato il portiere avversario, avevano parlato del tempo atmosferico che cambia continuamente e della alluvione della Toscana. E poi? E poi sono andati incontro alla morte. Morti innocenti, papà, mamme, vecchi e giovani, che hanno lasciato i loro figli, le loro moglie e i loro mariti a casa e non sono più tornati. Sono tornati ma sigillati in una cassa di legno. Alcuni morti soffocati dentro le cisterne che volevano pulire, altri caduti da una impalcatura, altri ancora schiacciati da una lastra di marmo o di acciaio, altri ancora investiti per sbaglio da un compagno mentre faceva marcia indietro col carrello carico, altri che hanno toccato i cavi elettrici e sono stati folgorati dando loro nessuno scampo, altri che vengono colpiti dalle ruspe e infine altri che vengono sommersi dal fango e dalle pietre mentre intenti a pulire un fossato. Ogni mattina nelle nostre fabbriche, nei nostri cantieri, nelle nostre officine muoiono due operai. E’ colpa loro se muoiono? Spesso si è parlato di disattenzione, di fretta, di casualità, di inesperienza. Se fosse davvero così basta mettere operai esperti sui posti di lavoro e si facciano lavorare su dei macchinari pericolosi. Ma tutti i macchinari se non vengono maneggiati con cura sono pericolosissimi. Anyla, la ragazza di 26 anni, non era una sprovveduta, era una lavoratrice esperta. Da tempo lavorava nella fabbrica ed era anche vicedirettrice. Non si sono ancora capite le cause della tragedia che sono ancora in corso di accertamento da parte dei Carabinieri. Come ha fatto a rimanere incastrata con la testa in uno dei macchinari della fabbrica? Morti, morti, tanti morti nel corso dell’anno e centinaia di incidenti gravi e meno gravi sul lavoro. Troppi sono, se ne parla solo per pochi giorni, poi il silenzio. Il posto di lavoro dovrebbe essere un posto sicuro come lo è la nostra casa o come lo sono le scuole che frequentano i nostri figli e i nostri nipoti. Dovrebbe essere il posto più sicuro al mondo. Invece ogni giorno gli operai la mattina si alzano, lasciano le loro abitazioni e nel pomeriggio non fanno più ritorno nelle case. Molte cose evidentemente non vanno per il verso giusto. E’ giunto il momento di rivedere qualcosa, aggiornare, modificare se necessario manutenzione e sicurezza. E più controlli da parte degli ispettori. Aumentare le ispezioni e sanzionare il datore di lavoro che viola i diritti del lavoratore e che ancora usa nelle fabbriche macchinari pericolosi e obsoleti.

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zu Ciccio in KoreaIl Presidente della Repubblica On. Sergio Mattarella è a Seoul, Capitale della Corea del sud, per una visita di stato, accompagnato dalla figlia Laura e da una delegazione italiana guidata dal Viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli. Ha visitato Panmunjon, striscia demilitarizzata, luogo dello storico armistizio fra le due Coree. La guerra coreana fu una guerra durissima che terrorizzò il mondo dal 1950 al 1953. Due milioni di morti. Così disse fra l’altro Mattarella:- Qui si è svolta una pagina cruciale della storia-. E in questa pagina c’è scritto anche a lettere cubitali il mio nome: Frank Gagliardi, un semplice soldato italo-americano, venuto dalla Calabria, che ha combattuto in Corea per aver creduto agli ideali di pace, libertà, giustizia e fratellanza tra i popoli. La guerra coreana che si è combattuta intorno al 38° parallelo fino ad allora conosciuto come una linea geografica, divenne anche la mia guerra. E Seoul, Inchon, Pusan, Pyogyang, Panmunjon, divennero nomi famosi ed ancora a distanza di oltre 70 anni di quella triste avventura, mi riempiono il cuore di mestizia. Una guerra strana, senza vincitori né vinti, ancora non c’è neppure un trattato di pace, una guerra che si poteva e si doveva evitare. Ne è valsa davvero la pena combattere questa guerra lasciando morire centinaia di migliaia di giovani da ambo le parti, quando ancora in Europa non si erano rimarginate le ferite procurate dalla seconda guerra mondiale? Ne è valsa la pena distruggere paesi e città, colline senza più un’ombra di un albero? Dopo 16 mesi in Corea, dopo tanti giorni agitati, tristi, pieni di paura e di terrore, finalmente tornai in America. Non sentivo più i fischi delle pallottole ronzare negli occhi, i rumori strani che ti facevano venire la pelle d’oca, la puzza dei sudori e del letame che mi avevano fatto compagnia in tante notti e giorni agitati. Quando arrivai con la nave a Seattle, presi il sacco militare e senza voltarmi indietro salii in fretta la scaletta dell’aereo che mi avrebbe portato a Pittsburgh. Dopo un po’ l’aereo cominciò a rullare sulla pista, si alzò in volo, scomparve in mezzo alle nuvole e anche la Corea scomparve, terra lontana e sconosciuta. Scomparve per sempre e con lei tutti i miei patimenti, le privazioni, i pericoli, le paure, le sofferenze, inghiottite dal nulla, dal niente, dal buio che avevo lasciato dietro di me. Ora sono a casa mia, a Cosenza, in Calabria, terra che amo e che adoro. Però spesso le immagini della guerra mi ritornano nella mente e rivedo davanti ai miei occhi gli amici che mi hanno lasciato, il triste spettacolo di uomini e donne, giovani e vecchi, frugare fra le rovine e le macerie alla ricerca di qualche oggetto domestico, il volto dei ragazzi che ti guardano con occhi impauriti e che pietosamente stendono la mano con la speranza di ricevere qualcosa, gli sguardi avviliti delle ragazze che si vendono per una tavoletta di cioccolato. Ma soprattutto i volti di migliaia e migliaia di soldati, avviliti, stanchi, disfatti, polverosi, infangati, sanguinanti, in marcia lungo le strade o in mezzo alle risaie che andavano verso la morte. E’ possibile dimenticare tutte queste brutture della guerra? L’inferno ora è finito, però porterò con me per sempre vivo il ricordo di questa mia triste avventura. Ho combattuto in una nazione che non conoscevo neppure il nome. Malgrado abbia servito l’America per lunghi tre anni, sedici mesi e due giorni in Corea del Sud, il Governo degli Stati Uniti d’America si è sempre rifiutato di concedermi la pensione e i Presidenti Obama, Trump e Biden non hanno mai risposto alle mie lettere. Non dirò: Godbless America-.

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I Racconti

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