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È successo ad un automobilista palermitano finito in tribunale per aver lasciato la sua auto in un'area riservata ai portatori di handicap per 16 ore e adesso condannato in Cassazione.

 

In sostanza chi parcheggia nel posto dei disabili rischia la condanna per violenza privata.

A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione, chiamata a decidere sulla vicenda di due cittadini palermitani.

Una complessa vicenda giudiziaria.

Un automobilista palermitano era finito in tribunale per aver lasciato la sua auto in un’area riservata ai portatori di handicap per 16 ore.

Pochi giorni fa condannato la Cassazione lo ha condannato a 4 mesi di carcere.

La vicenda ha avuto inizio ben 8 anni fa, nel maggio 2009.

Il protagonista è il sig Mario Milano di 63 anni.

La donna che lo ha querelato è una disabile di 49 anni, che aveva un parcheggio sotto casa assegnato nominalmente (con il suo numero di targa).

E' successo tutto di mattina, quando la donna, stanca, decide di rientrare a casa(ha problemi fisici gravi).

Individua il suo parcheggio ma trova il suo posto occupato.

Erano circa le 10.30.

Telefona ai vigili che però non possono intervenire perché sono tutti impegnati in una riunione.

Poi si rivolge ai carabinieri di zona.

Passano le ore, finisce il giorno, arriva la notte.

Soltanto alle 2.30 del mattino l'auto "abusiva" viene finalmente caricata sul carroattrezzi e portata via.

La donna decide di querelare il proprietario della macchina.

Parte un iter processuale infinito. Un iter che si è concluso adesso.

Parcheggiare nello spazio per i portatori di handicap è un reato.

Violenza privata.

È la prima volta che accade.

Una sentenza destinata a fare scuola.

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Carte d’identità false per persone di origine brasiliana finalizzate all’ottenimento della cittadinanza italiana con documenti che attestavano che erano figli di persone residenti già da anni in Italia.

Si tratta di duecento finte carte di identità emesse da un comune

Ad assumersi le responsabilità della vicenda è stato un dipendente che aveva le redini dell’ufficio anagrafe in mano pur non essendo lui il responsabile.

Si tratta Michele Di Maio, 59 anni, uomo molto stimato in città .

La vicenda è emersa in seguito alle indagini condotte a Terni su un brasiliano coinvolto in una vicenda giudiziaria che ha spinto la Procura a investire la Digos.

In pratica la Procura voleva far luce sulla carta d’identità dell’extracomunitario che insieme anche a quelle di un altro gruppetto di brasiliani risultavano emesse dal comune di Brusciano.

Dietro il traffico di false pratiche per il conseguimento della cittadinanza italiana, alimentato dal funzionario dell’anagrafe e dello Stato civile del Comune di Brusciano potrebbero esserci le difficoltà economiche.

Un debito contratto nel 2007 che non sarebbe riuscito ad onorare entro i tempi stabiliti.

Il dipendente comunale avrebbe dovuto restituire entro il 2014 la somma avuta in prestito dalla finanziaria, non avendolo fatto era finito in mano una società di recupero crediti.

È quanto emerge dalle 115 pagine dell’ordinanza di applicazione della misura cautelare personale firmata dal Gip del tribunale di Nola, Daniela Critelli.

L’ipotesi sarebbe avvalorata dal fatto che sarebbe proprio il 2014 l’anno zero dall’attività illecita. Ma come sono arrivati nel centro del napoletano i giocatori brasiliani?

E soprattutto come ha fatto Vanderlei Luis Sonda, il titolare italo brasiliano dell’agenzia di disbrigo pratiche di Terni ad agganciare Di Maio?

Chi ha fatto conoscere il dipendente comunale al “talent scout” di funzionari infedeli che aveva agganci anche in altri Comuni italiani?

Domande alle quali i carabinieri della compagnia di Castello di Cisterna, coordinati dal capitano

Di Maio però ha smentito di aver ricevuto soldi e ha dichiarato che tutti gli atti prodotti dal suo ufficio erano regolari e che puntualmente venivano notificati al consolato di riferimento.

Unica mancanza l'accertamento della effettiva residenza da parte dei vv. uu.

"Il giorno dopo l'arrivo dei carabinieri in Comune, nel luglio del 2016, ho provveduto personalmente all'immediata sospensione dell'impiegato".

Così il sindaco di Brusciano (Napoli), Giuseppe Romano, commenta con l'ANSA l'operazione dei carabinieri che oggi ha portato agli arresti domiciliari anche un dipendente dell'Ufficio Stato Civile coinvolto in un'inchiesta su false cittadinanze concesse a centinaia di cittadini brasiliani, tra cui figurano anche calciatori professionisti.

Romano ha voluto sottolineare che alla rimozione dell'impiegato è seguita anche quella di tutti gli altri lavoratori di quell'ufficio.

"Ho rimosso il responsabile e tutti gli altri impiegati, assegnandoli ad altre mansioni". "Contestualmente da quel giorno - dice ancora il primo cittadino - ho anche avviato un'indagine interna analizzando tutte le pratiche sottoposte all'ufficio anagrafe nel periodo in cui la persona arrestata vi ha lavorato".

"Oggi, con le notizie del coinvolgimento di alcuni giocatori professionisti che hanno ottenuto illecitamente la cittadinanza, - conclude Romano - ho capito e compreso la cautela e la blindatura delle notizie adottata fin dal 2016 dagli investigatori".

Circa 300 i cittadini brasiliani che avrebbero pagato per diventare italiani in base allo ius sanguinis, senza però averne i requisiti.

C'è anche Corsini Bruno Henrique(nella foto), del Palermo, tra i calciatori che hanno ottenuto illecitamente il passaporto italiano.

Gli altri sono: Gabriel Boschilia, del Monaco (Ligue 1 francese), impegnato in Champions League; Silva Eduardo Henrique, dell'Atletico Mineiro (Serie A Brasile); Colcenti Antunes Eduardo e Ferrareis Gustavo Henrique dello Sporting Club Internacional (Serie A Brasile); Dos Reis Lazaroni Guilherme Henrique, del Red Bull (serie B Brasile) e Vancan Daniel, del Gil vicente FC (Serie B portoghese).

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Alcuni anni fa “La Stampa” di Torino, nella rubrica Persone, ha pubblicato un articolo di Lietta Tornabuoni ( 1931-2011) “Com’è un giorno italiano” e per primo ha scritto dei quattro morti ammazzati in Sicilia, Calabria e Campania per colpa della mafia, della ‘ndrangheta e della camorra.

I morti ammazzati, è vero, ci sono stati e, purtroppo ce ne saranno ancora tanti in Sicilia, Calabria e Campania, come del resto ce ne saranno anche nell’Italia del Nord.

Ma i morti ammazzati del Nord non fanno notizia perché quei delitti non sono compiuti dalla mafia, dalla ‘ndrangheta e dalla camorra.

Se poi qualche efferato delitto viene compiuto anche al Nord da un cittadino del Sud, allora la notizia te la sbattono in prima pagina corredata anche di fotografia e nella didascalia in neretto ti diranno che l’omicida è un siciliano, un calabrese o un napoletano, come se tutti i meridionali fossero mafiosi o camorristi.

E’ un marchio di qualità che purtroppo ce lo portiamo addosso da diverso tempo.

Fino a quando?

A questo tipo di giornalismo di stampo mafioso ci siamo abituati ormai.

Ma quello che non tollero è che nessuno protesta.

I nostri giornalisti meridionali tacciono vigliaccamente.

I giornali del Nord diano pure risalto dei morti ammazzati nel Sud, ma vorrei però che venisse dato ampio risalto alle rapine, alle uccisioni, alle aggressioni alle donne, ai furti nelle case, che giornalmente avvengono al Nord e non relegare le notizie nelle pagine interne.

E vorrei anche che agli evasori fiscali del Nord, agli intrallazzatori, agli esponenti politici corrotti implicati in scandali, ai faccendieri, ai funzionari corrotti, agli spacciatori di droga, ai complici delle più intollerabili violenze, venissero riservati gli stessi trattamenti riservati ai meridionali.

Purtroppo non è così.

E Lietta Tornabuoni e gli altri giornalisti tacciono.

I morti ammazzati del Sud fanno notizia e la Tornabuoni ci descrive com’è un giorno italiano cominciando proprio dai morti ammazzati nel meridione.

Mentre la casa squillo scoperta a Bologna, città “grassa e godereccia”, dove si offrivano decine di ragazze di ogni parte d’Italia a industriali e professionisti; le tangenti di Venezia dove sono implicati tanti uomini politici; la morte di Giulio Papale, trovato riverso in un canale d’irrigazione nelle campagne di Castiglione Torinese; l’arresto dei tre fratelli, “la banda Bassotti” che con minacce, pestaggi, coltellate avrebbe incassato miliardi delle vecchie lire taglieggiando un folto gruppo di posteggiatori a Torino; gli evasori fiscali torinesi che, dichiarando redditi di fame, andavano a fare le vacanze ai Caraibi; la donna di Alessandria, la bella Mirella Legnaro, che lanciando il phon nella vasca da bagno, uccide il marito mentre stava facendo il bagno, non fanno notizia e Lietta Tornabuoni ( nella foto)ha taciuto di menzionarli.

Lietta Tornabuoni ha ritenuto importanti i fatti di sangue avvenuti nell’Italia meridionale, gli altri fatti verificatesi nell’Italia del Nord evidentemente non interessano i lettori ” polentoni” e vengono relegati nelle pagine interne del giornale e quindi non possono essere classificati tra le “Persone” che fanno notizie.

Ndr. Come al solito ringraziamo Francesco Gagliardi per la sua appassionata difesa del “Sud” e per la denuncia stereotipata di un intero popolo che il “Nord” ha voluto e preso con le armi ( chissà mai perchè se poi è così cattivo?).

Vogliamo poi ricordare che sono centinaia di anni che la politica( prima) ed il giornalismo (dopo) hanno scoperto che “parlare male degli altri porta a non parlare, e non far parlare, male di sé”.

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