Roma, 20 mar (Prima Pagina News) Ordinanza di custodia cautelare in carcere per Giancarlo Tulliani.
Al cognato dell’ex presidente della Camera Gianfranco Fini viene contestato il reato di riciclaggio nell’ambito dell’inchiesta sui rapporti (ritenuti illeciti) della famiglia, con il “re delle slot” Francesco Corallo.
Tulliani, da qualche anno però è residente a Dubai e il provvedimento restrittivo, firmato dal gip Simonetta D’Alessandro e sollecitato dal pm Barbara Sargenti e dal procuratore aggiunto Michele Prestipino, non è stato eseguito.
Per i magistrati italiani Tulliani risulta irreperibile.
L’ordine di arresto nasce da un approfondimento investigativo dell’indagine che aveva condotto, il 13 dicembre scorso, all’arresto di Francesco Corallo, Rudolf Theodoor Anna Baetsen, Alessandro La Monica, Arturo Vespignani e Amedeo Labocetta, tutti ritenuti membri di un’associazione a delinquere di carattere internazionale che riciclava tra Italia, Olanda, Antille Olandesi, Principato di Monaco e Santa Lucia.
Si trattava dei proventi del mancato pagamento delle imposte su gioco on line e video-slot compiendo così reati di peculato, riciclaggio e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Dai fascicoli dell'indagine verrebbe fuori che il profitto illecito una volta depurato sarebbe stato impiegato da Francesco Corallo in attività economiche e finanziarie, in acquisizioni immobiliari e destinato anche ai membri della famiglia Tulliani.
Lo scorso 14 febbraio, lo Scico della Guardia di Finanza aveva eseguito un sequestro preventivo di beni, pari a 5 milioni di euro, nei confronti dello stesso Tulliani, del padre Sergio e della sorella Elisabetta accusati a vario titolo dei reati di riciclaggio, reimpiego e autoriciclaggio a partire dal 2008.
Anche l’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini è stato raggiunto da un avviso di garanzia nella medesima indagine.
Ancora una volta ci dobbiamo occupare di un grave fatto di bullismo accaduto a Mugnano in provincia di Napoli dove un ragazzo di appena 13 anni, mentre rincasava insieme ad un amichetto, prima è stato preso in giro e poi picchiato selvaggiamente.
Il ragazzo di nome Fabio è tornato a casa piangendo e ha raccontato tutto ai suoi genitori, i quali, senza pensarci due volte, hanno esposto denuncia alla locale Caserma dei Carabinieri. Ritornati a casa hanno poi deciso di postare su Facebook il volto tumefatto del figlio per le percorse ricevute e hanno esortato tutti, grandi e piccoli, a denunciare gli episodi di bullismo perché gli aggressori devono essere puniti. Non devono restare impuniti come spesso accade perché molti ragazzi non parlano e non si confidano coi genitori e con gli insegnanti. Il post ha incassato migliaia di condivisioni. Il papà del ragazzo ha ricevuto finanche il plauso e la solidarietà del Sindaco della cittadina napoletana e ha chiesto ai vigili urbani e ai carabinieri affinché nei pressi della scuola vengano fatti ulteriori e stringenti controlli per evitare simili aberranti episodi di bullismo.
Il bullismo nuoce alla società, alimenta l’aggressività e la criminalità. La vittima del bullismo ha molta paura di riferire tutto ai propri genitori e agli insegnanti. E così le angherie, le ingiurie, gli sfottò, le minacce, i pestaggi rimangono impuniti perché colui che viene aggredito ha tanta paura, teme rappresaglie e vendette. La scuola, la parrocchia, le associazioni, le famiglie sono le istituzioni dove le vittime di bullismo devono essere incoraggiate a denunciare gli episodi, in modo che le autorità possano intervenire immediatamente e punire gli autori.
L’ennesimo episodio di bullismo ha indignato non solo il web. E’, purtroppo, una triste pagina di una piaga in rapida estensione, che può e deve essere arginata e fermata al più presto. Forse fino ad oggi non si è fatto abbastanza. I carabinieri hanno avviato immediatamente le indagini e due balordi sono stati già individuati. Come sono stati individuati e arrestati quei balordi di buona famiglia, figli di professionisti che a Vigevano uno studente di 15 anni era stato oggetto di una vera e propria persecuzione che con il tempo le angherie subite erano diventate insopportabili. La violenza aveva subito l’apice nel mese di gennaio quando i bulli hanno fatto ubriacare il ragazzo e poi lo hanno portato in giro per la città legato ad una catena di ferro. Un’altra volta lo hanno appeso con la testa in giù e lo hanno stuprato. Hanno finanche fotografato la scena e postata su What’s up. Individuati sono ora in galera con l’accusa di violenza sessuale, riduzione in schiavitù, pornografia minorile, violenza aggravata. La baby gang prendeva di mira i compagni più deboli e incapaci di difendersi.
Il Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani con riferimento al provvedimento di perquisizione e sequestro emesso in data 1° marzo 2017 dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle associazioni criminali, anche straniere, a firma della Presidente On.le Rosy Bindi ed eseguito lo stesso giorno dal Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata (S.C.I.C.O.) della Guardia di Finanza, in danno del Grande Oriente d’Italia, rende noto che è stata inviata il 17 marzo scorso tramite posta certificata un’istanza di revisione in autotutela finalizzata alla richiesta di annullamento e/o di revoca del provvedimento medesimo.
Con tale richiesta il Grande Oriente d’Italia ha assegnato alla Commissione un termine perentorio di 10 giorni, spirato il quale si è riservato il diritto di adire l’Autorità giudiziaria, in tutte le competenti sedi, al fine di ottenere, anche nei confronti dei singoli parlamentari membri della Commissione, il ripristino della propria onorabilità e reputazione e di quelle dei soggetti aderenti, nonché il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa dell’illiceità del decreto 1 marzo 2017.
Tale istanza si fonda anche sui principi consolidati nelle due sentenze che gli estensori ed i firmatari del provvedimento necessariamente conoscono senza averle volute osservare, una delle Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione (4/1983) l’altra della Corte Costituzionale 379/1996): principi, a parere del GOI, traditi nella formulazione del provvedimento anche alla luce del presidio Costituzionale costituito dalle norme poste a tutela della libertà di associazione (art. 18) del diritto inviolabile di difesa (art. 24 Cost.), e del principio del contraddittorio (art. 111 Cost.).
E’ stato contestato alla Commissione che le operazioni affidate allo SCICO risultano illecite in quanto anche esorbitanti rispetto ai poteri stessi, come configurati della legge istitutiva della Commissione con ogni conseguenza anche a carico dei singoli commissari e di chiunque abbia concorso ad adottare il provvedimento.
A seguito delle valutazioni da parte dei giuristi del Grande Oriente d’Italia, è stato costituito un Collegio “aperto” alle proposte sia del mondo del libero pensiero sia di coloro che hanno avvertito l’iniziativa della Commissione (interpretabile anche alla luce delle dichiarazioni ai media da parte dei singoli commissari), come preludio di una deriva populista ed autoritaria ora scaturita anche dalle proposte di legge contro la massoneria annunciate dal deputato Pd Davide Mattiello e dall’On. Claudio Fava, entrambi componenti della stessa Commissione Antimafia, su un modello sul quale già il fascismo si era cimentato con la “nota e sciagurata” Legge “Sulla regolarizzazione dell’attività delle associazioni e dell’appartenenza alle medesime del personale dipendente dello Stato”, promulgata il 26 novembre 1925, alla vigilia delle leggi speciali di abolizione dello Stato liberale e di instaurazione della dittatura .
Il Grande Oriente d’Italia intende agire inflessibilmente, nel solco dei duecento anni della propria storia e del rispetto e difesa dei principi costituzionali e delle leggi che ad essa si conformano, con la certezza della integrità e rispettabilità dell’Ordine ed anche delle azioni che le figure apicali degli organi amministrativi, abbiano intraprese o intendono intraprendere.