
Redazione TirrenoNews
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Riace .Mimmo Lucano pretende risposte chiare
Domenica, 08 Settembre 2019 18:20 Pubblicato in CalabriaIn verità non sono ancora andati a trovarlo i suoi amici tra cui Oliverio, la Boldrini.
Nemmeno i giornalisti di Fortune, che avevano posto Lucano tra i 50 uomini importanti del mondo e che ora parlano solo male del governo giallo verde e di quota 100, sono andati a trovalo.
Ne parla solo Beppe Fiorello che vuole la proiezione del suo film "Tutto il mondo è paese", ambientato proprio a Riace per raccontare il progetto di accoglienza di Lucano.
Comunque appena tornato a Riace Mimmo Lucano accolto da una decina di amici e fans dice :
“Per ben 5 volte sono state fatte richieste di revoca delle mie misure cautelari e ogni volta sono state rigettate, tranne dalla Cassazione che già nei mesi scorsi si è pronunciata sull’assenza delle esigenze cautelari, annullando con rinvio il divieto di dimora”.
Così Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, in conferenza stampa dopo il suo ritorno a casa, avvenuto nei giorni scorsi. “La mia vicenda giudiziaria – ha aggiunto – ha un livello giudiziario e uno mediatico.
C’è stata una strategia denigratoria, e sono le accuse sul piano morale quelle che fanno più male; c’è stato un tentativo di costruire fatti non veri”.
Provato, amareggiato, non più sindaco, né consigliere comunale, neppure di minoranza e con un processo penale sulle spalle dall’esito ancora molto incerto.
Ma tutt’altro che disposto a mollare, a piegarsi e a pensare che sul cosiddetto “Modello Riace”, in tema di accoglienza di uomini, donne e bambini che fuggono dalle guerre e dalle persecuzioni, si possa mai calare del tutto il sipario.
Mimmo Lucano, ex sindaco della cittadina collinare della Locride nota in tutto il mondo per i famosi Bronzi ma anche per l’accoglienza che almeno nell’ultimo decennio ha dato a centinaia di rifugiati, non si dà per vinto.
“Dopo 11 mesi di ‘esilio’, visto il divieto di dimora che mi è stato imposto dall’autorità giudiziaria di Locri ad ottobre scorso, sono tornato, da uomo finalmente libero, nella mia cittadina, a Riace, dove conto, anche se non sono più amministratore comunale, di continuare a dare aiuto a chi ne avrà bisogno.
Farò di tutto per lavorare e favorire i progetti di accoglienza perché ormai, nel mondo, Riace rappresenta questo”, dice. Lucano tornato a Riace, grazie alla revoca del divieto di dimora decisa dal Tribunale di Locri giovedì scorso nonostante il parere contrario della Procura, è imputato per aver favorito l’immigrazione clandestina, per l’illecito affidamento a due cooperative di Riace della raccolta dei rifiuti e per abuso d’ufficio nel processo “Xenia” che indaga su una presunta illecita gestione dei fondi destinati all’accoglienza dei migranti.
Nella sua prima conferenza stampa a Riace, dopo 11 mesi di esilio, Lucano, nonostante il “disturbo” del suono a festa, ogni dieci minuti, delle campane della chiesa (“Il parroco del paese, ha detto Mimmo Lucano, lo sta facendo di proposito.
Del resto lui alle ultime elezioni comunali ha votato per la lista della Lega..”), ha fermamente ribadito di essere “stato accusato e mandato sotto processo per reati che non ho affatto commesso.
L’altro aspetto grave – ha aggiunto l’ex sindaco, alla guida della cittadina collinare della Locride dal 2004 al 2019 – è che con la vicenda di Riace è stato fatto passare un messaggio politico, governativo e istituzionale pericoloso e grave: aiutare un altro essere umano è reato. Io mi rifiuto di avere un governo così, con questa cattiveria in corpo.
Tutto questo è disumano”. Gli ultimi passaggi Lucano li ha poi voluti dedicare ai suoi mandati di sindaco di Riace e all’inchiesta in atto nei suoi confronti: “Io ho cercato di fare il sindaco per fare del bene, per riscattare questa fetta di territorio calabrese.
Riace era un paese alla deriva in tutti i sensi, spopolato e abbandonato.
Io da sindaco ho cercato solo di ridare vita e futuro al paese.
Su quanto successo a Riace pretendo sia faccia al più presto chiarezza. Pretendo anche risposte chiare.
Qui a Riace è arrivato, negli ultimi dieci anni, il mondo intero tessendo lodi.
Com’è possibile, allora, che a Riace sia stato compiuto quello che la Prefettura di Reggio Calabria e la magistratura hanno ipotizzato. Io con l’anima e il cuore ho cercato di non fare solo il semplice sindaco che si mette la fascia e basta ma di creare una realtà diversa, di far emergere, con accoglienza e ospitalità, un territorio fin troppo bistrattato e abbandonato dallo Stato da decenni”.
Quicosenza.it
Non solo ma invoca la fine dello sfruttamento minorile.
Poi aggiunge che la povertà non è una fatalità.
Infine invita i giovani a non arrendersi mai davanti agli effetti nefasti della povertà, a non cedere mai alle tentazioni della vita facile ed a non ripiegarsi su se stessi.
Per raggiungere questi risultati nel Madagascar e nelle altre parti del mondo basta pregare.
Dio infatti – dice il Papa- tocca il cuore degli imprenditori e dei dirigenti perché provvedano a tutto ciò che è necessario per assicurare a quanti lavorano un salario dignitoso e condizioni rispettose della loro dignità di persone umane.
Conclude dicendo che ognuno deve conoscere la gioia e la dignità di guadagnarsi il pane per portarlo a casa e mantenere i suoi cari.
Imprenditori e dirigenti vedranno propri fratelli nei loro dipendenti.
E’ importante anche che si crei tra i lavoratori uno spirito di vera solidarietà.
Che sappiano essere attenti gli uni agli altri, incoraggiarsi a vicenda, sostenere chi è sfinito, rialzare chi è caduto.
Ed infine è necessario che il cuore dei lavoratori non ceda mai all'odio, al rancore, all'amarezza davanti all'ingiustizia, ma conservi viva la speranza di vedere un mondo migliore e lavorare per esso.
Conclude il Papa invita doli a far valere i loro diritti e le loro voci e il loro grido siano ascoltati.
E comunque il Papa spera che i politici garantiscano il rispetto dei lavoratori, il diritto allo studio dei giovani, il diritto delle famiglie ad avere soddisfatti i propri bisogni, evitando i disboscamenti selvaggi, lo sversamento delle plastiche nei mari, l’inquinamento dell’ambiente.
La Stampa
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Basta benedire i nuovi automezzi della Croce rossa.
Domenica, 08 Settembre 2019 16:28 Pubblicato in MondoMoncalieri. Non solo ci fanno togliere i crocifissi dalle aule, ma ora non si benedicono le autoambulanze della Croce Rossa
Il caso è stato reso pubblico con una lettera firmata da alcuni volontari, che non hanno gradito una svolta giudicata eccessivamente laica.
Ma oltre al messaggio scritto, c’è chi aggiunge ulteriori dettagli: «La decisione è stata presa per non offendere musulmani, buddisti e chiunque segua altre religioni».
Ad impartire il nuovo corso anti cattolico sarebbero stati responsabili d’area della sezione arrivati da poco.
Tutto risale al 1° agosto, giorno del taglio del nastro di un Fiat Doblò che sarà utilizzato per il trasporto delle carrozzine.
Il mezzo è dedicato alla socia benefattrice Anna Boccardo, per molti anni responsabile delle attività sociali della Croce Rossa e fondatrice della sezione femminile.
C’erano tutti: dai vertici del comitato locali, alle rappresentanze dell’amministrazione comunale e i volontari.
«Siamo rimasti molto amareggiati per l’inspiegabile assenza del rito della benedizione – spiegano i volontari firmatari della lettera – avviene da sempre e si ripete in tutti i comitati della Croce Rossa quando ci sono eventi simili».
Il divieto alla presenza del parroco ha interrotto una tradizione che proseguiva fin dalla nascita del comitato moncalierese, avvenuta nel 1977.
Ma perché tale decisione?
Guido Gonella, presidente del comitato locale spiega: «Circolano troppe voci fantasiose.
L’unica verità è che il marito della donna a cui è intitolato il veicolo, non ha voluto la presenza di un sacerdote».
Don Paolo Comba, parroco di Santa Maria della Scala, conosce la storia. Alza le mani e si trincera dietro un «No comment», che vale più di mille parole.
La polemica moncalierese non poteva non avere sfumature politiche. Arturo Calligaro (Lega), non va per il sottile: «Una buffonata.
Siamo sulla stessa lunghezza d’onda di chi tempo fa criticava i crocefissi negli ospedali.
La Croce Rossa, come dice il nome stesso, trae origine da un simbolo della cristianità».
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