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Dice il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, durante l’incontro con i giornalisti per illustrare l’operazione ‘Sipario’ che ha portato all’arresto di 12 persone vicine alla cosca Iamonte, tra le quali l’ex sindaco di Melito Porto Salvo Giuseppe Iaria.  

“Se un comune subisce in pochi anni tre scioglimenti per infiltrazioni mafiose, vuol dire che si trova dinanzi ad un sovvertimento della democrazia.Probabilmente bisognerà controllare le attività amministrative che saranno svolte da chi sarà eletto anche dopo l’ultimo scioglimento del Comune, altrimenti c’è il rischio che simili situazioni si ripetano. Credo che gli atti amministrativi dovranno essere vigilati, quanto meno sotto il profilo di legittimità. Dalle indagini è emerso un quadro indiziario allarmante, avvalorato anche dalla decisione di collaborare con la giustizia di uno degli arrestati, Giuseppe Ambrogio, affiliato per sua stessa ammissione dai maggiorenti della cosca, articolata anche a Desio, in Lombardia”.

Sempre nell’incontro con i giornalisti ha detto il comandante provinciale di Reggio Calabria, col. Lorenzo Falferiche ha diretto l’operazione : “Le indagini hanno evidenziato l’attivismo della cosca Iamonte nel sostegno elettorale all’ex sindaco Giuseppe Iaria”.

Insieme agli arresti la Dda ha anche notificato l’avviso di conclusione delle indagini a 113 indagati.

Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso; concorso in illecita concorrenza con minaccia o violenza, aggravata dall’aver favorito un sodalizio di tipo mafioso; concorso in turbata libertà degli incanti; abuso d’ufficio e falsità materiale commessa da pubblico ufficiale, reato anche quest’ultimo aggravato dall’aver favorito un sodalizio di tipo mafioso.

Tra gli arrestati anche l’ex sindaco di Giuseppe Iaria che è stato tre volte sindaco ed è rimasto in carica fino al 2012, quando gli successe Gesualdo Costantino.

All’ex sindaco Iaria, in particolare, viene contestato un episodio di concussione in relazione all’appalto per la manutenzione degli spazi di verde pubblico nel territorio comunale.

Gli arresti di oggi fanno seguito a quelli del febbraio scorso quando venne arrestato l’ultimo sindaco Gesualdo Costantino a cui conseguì lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune.

I Carabinieri hanno sequestrato una “copiosa documentazione e valutato gli atti amministrativi del comune dal 1991 in avanti.

Sono state sequestrate alcune aziende del settore dell’edilizia e della fornitura di materiali riconducibili alla stessa cosca Iamonte e del valore di 20 milioni di euro.

Ecco i nomi di tutti gli arrestati in carcere( salvo Iaria)

D’Andrea Antonino 28 anni

Flachi Pietro 57 anni

Iaria Giuseppe (domiciliari) 67 anni

Iaria Giuseppe Romeo 33 anni

Malaspina Vincenzo 57 anni

Minniti Angelo 38 anni

Sergi Domenico Salvatore 31 anni

Tripodi Demetrio 32 anni

Tripodi Francesco 36 anni

Tripodi Giovanni 31 anni

Tripodi Giovanni 34 anni

Verduci Pietro 34 anni

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Falso e abuso d'ufficio , queste le accuse delle quali dovranno rispondere il presidente del Consiglio regionale Francesco Talarico, i dirigenti della Regione Giovanni Fedele e Luigi Giuseppe Multari, il funzionario Rocco Sirio, la presidente Marisa Fagà ed i componenti del cda dell’Arpacal.

 

La vicenda attiene ai decreti di nomina di pertinenza del Presidente Talarico nei quali di solito si legge:

a)Che si prende atto “ della verifica dei requisiti dei singoli candidati alla nomina di che trattasi, effettuata, anche con l'ausilio delle schede ricognitive allegate alle domande ed ai curricula, nonché delle schede di settore da cui si rileva la sussistenza o meno dei requisiti richiesti dalla vigente normativa da parte dell'Ufficio di Presidenza, con deliberazione n. 10 del 23 febbraio 2011”;

b) che dai predetti elenchi e dai curricula personali, in atti, il nominato “ risulta in possesso dei requisiti per la nomina in oggetto ed in grado di assicurare il buon andamento ed l'imparzialità dell'Organo al quale viene nominato”;

c) che “la scelta della Pubblica Amministrazione, nella fattispecie, non presuppone una procedura concorsuale, ma impone solo la richiamata valutazione di tutti gli aspiranti e dei requisiti da ciascuno dichiarati nelle domande e nei curricula che hanno costituito il fondamento dell'istruttoria verificativa”;

Il sistema è sempre il medesimo.

Ma poi il sostituto procuratore, Gerardo Dominijanni, ha deciso di porvi fine ed ha inviato un avviso di garanzia al presidente del Consiglio regionale della Calabria, Francesco Talarico, ed al funzionario autore delle schede di valutazione relative alle nomine “incriminate”, Rocco Sirio. Sotto indagine anche il CDA dell’Arpacal.

In sostanza il presidente del consiglio regionale deve rispondere di abuso d'ufficio per aver proceduto alla nomina dei componenti del Cda senza che questi avessero i requisiti. Anzi per aver procurato così “intenzionalmente da un verso a costoro un ingiusto vantaggio patrimoniale, dall’altro un danno ingiusto agli aspiranti parimenti la nomina aventi idoneità a ricoprire l’ambito incarico”.

Poi a settembre scorso il sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro Gerardo Dominijanni ha trasferito l’ inchiesta sull’Arpacal alla Procura di Reggio Calabria, territorialmente competente.

Ora la Procura di Reggio Calabria ha chiuso le indagini sulle presunte irregolarità nelle nomine dei membri del cda dell'Arpacal.  

Sette le persone che sono finite nel registro degli indagati con le ipotesi di falso e abuso d'ufficio:

-il presidente del consiglio regionale Franco Talarico,

-il dirigente della Regione Giovanni Fedele

-il dirigente della regione Luigi Giuseppe Multari,

- il funzionario Rocco Sirio

-la presidente del CDA dell’Arpacal Marisa Fagà

-i componenti del cda tra cui l’ex sindaco di Scalea Mario Russo.

Secondo l'accusa i componenti del CDA avrebbero attestato di avere una «comprovata esperienza tecnico-scientifica in materia ambientale» e di aver esercitato almeno «cinque anni di attività professionale riconducibile all'incarico». Requisiti che , invece, secondo la Procura i tre non avrebbero.

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Parigi.“Vogliamo pane,vogliamo pane” e fu la prima rivoluzione francese.

Reggio Calabria.“Vogliamo lavoro, vogliamo lavoro”e può iniziare la prima rivoluzione calabrese.

Peraltro questa volta i 5200 LPU ed LSU non sono soli. Insieme con loro i sindacati, uniti in questa lotta, e molti sindaci dei comuni calabresi.

Parliamo di quei sindaci che da oltre 15 anni utilizzano costantemente LPU ed LSU per assicurare una vasta serie di servizi essenziali alla collettività.

Una condizione inaccettabile.

Queste amministrazioni non possono sfruttare ancora questi lavoratori.

Se li utilizzano allora li assumano e li paghino!.

E lo Stato deve togliere eventuali vincoli alla loro assunzione.

Ora in particolare con il governo Letta si avverte la disponibilità di onorevoli del PD e del PDL alla stabilizzazione dei precari ed i lavoratori calabresi che, esasperati ma consci di questo momento favorevole, hanno minacciato che, in caso di risposte negative o poco soddisfacenti, «sfonderanno le porte di Palazzo Campanella».

Siamo ai prodromi della rivoluzione civile ed a nulla sembra serva la blindatura del portone da parte di carabinieri e poliziotti, assieme a personale in borghese della Digos della Questura di Reggio Calabria e ad agenti della Polizia provinciale e della Polizia municipale.

Deve essere anche superato il problema posto dal Consiglio di Stato che nelle sue sentenze ha sottolineato che: « le caratteristiche dei lavori socialmente utili non ne consentono la qualificazione come rapporto di impiego; e ciò per la considerazione che il rapporto dei lavoratori socialmente utili trae origine da motivi assistenziali (rientrando nel quadro dei c.d. ammortizzatori sociali); e riguarda un impegno lavorativo certamente precario; non comporta la cancellazione dalle liste di collocamento; presenta caratteri del tutto peculiari quali l'occupazione per non più di ottanta ore mensili, il compenso orario uguale per tutti (sostitutivo della indennità di disoccupazione) versato dallo Stato e non dal datore di lavoro, la limitazione delle assicurazioni obbligatorie solo a quelle contro gli infortuni e le malattie professionali».

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