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2020 braciereAmici lettori oggi vi voglio raccontare una storiella di Natale che un mio carissimo amico, ora scomparso, mi ha raccontato tantissimi anni fa, anche lui insegnante elementare come me. Erano gli anni 50 e in ogni contrada di ogni pur piccolo paese c’era una scuola elementare. Una sola classe. Veniva chiamata “ Scuola Unica pluriclasse “, unica aula in cui si raccoglievano contemporaneamente più classi. Era frequentata da alunni dai sei agli undici anni e accoglieva alunni dalla prima alla quinta elementare. Gli alunni potevano variare da 8 a 15. Tutti insieme partecipavano alle lezioni, con quali risultati è facile immaginare. Nella pluriclasse essendo i bambini pochi la socializzazione è più faticosa; gli insegnanti devono comunicare contemporaneamente con alunni di più classi diverse; per mancanza di tempo anche il programma della singola classe deve venire ristretto. Anche io, all’inizio della mia carriera magistrale, ho insegnato in una scuola unica pluriclasse. Il primo anno di titolarità presso la scuola elementare statale di Borgile nel Comune di Aiello Calabro e poi un altro anno a Colopera nel Comune di San Pietro in Amantea. La storia che sto per raccontarvi è una storia vera. La scuola era una pluriclasse di un paese vicino, ubicata allora in una sperduta contrada che si raggiungeva a piedi dopo 2 ore di cammino. Il maestro era un uomo non molto giovane. Non era riuscito ancora a vincere un concorso magistrale. Era un supplente ed ogni anno aspettava con ansia la nomina annuale da parte del Provveditorato Agli Studi. Natale era alle porte e un giorno disse ai suoi alunni:- Prendete il quaderno a righe e la penna e scrivete in mezzo al rigo “Tema”: Quali doni porterete al vostro caro maestro per il Santo Natale?- E poi si affrettò a spiegare quali erano i doni che gli alunni dovevano fare al maestro per renderlo felice: Dovevano venire ogni giorno a scuola. Dovevano studiare. Dovevano essere sempre educati, ubbidienti e rispettosi. Amare i genitori, i parenti, gli amici e specialmente i compagni. Aiutare i più piccoli specialmente quelli che si trovavano in difficoltà. Mario, Giuseppe, Pasquale, Ninetta e gli altri quando tornarono a casa si misero subito al lavoro e riempirono pagine e pagine del quaderno stracolme di buoni propositi. Solo Pinuccio non riuscì a scrivere niente e quella sera non volle neppure mangiare. Si era seduto accanto al focolare e ogni tanto si asciugava con la manina una lacrimuccia. Se ne accorse la mamma e lo tranquillizzò. – Vai a dormire, Pinuccio mio, ci penserà mamma tua a riempire le pagine del quaderno di buoni propositi -. Da buona contadina, scarpe grosse e cervello fine, sapeva quali erano i doni che il buon maestro aspettava per il Santo Natale. Prese un paniere e lo riempì di uova di gallina, due soppressate, tre salsicciotti, due belle forme di formaggio pecorino, un fiasco di moscato, una pagnotta di grano duro. Al mattino disse a Pinuccio:- Porta questi doni al tuo maestro e auguragli un Felice Natale-. Pinuccio andò a scuola col paniere riempito con tutto quel ben di Dio e non disse nulla ai compagni. Depositò il paniere sul tavolo del maestro e disse con gli occhi rivolti al pavimento tutto sgretolato:- Signor maestro, ieri sera ho avuto un forte mal di testa. Non sono riuscito a scrivere neppure un rigo di buoni propositi che voi ci avete suggerito. Vi ho portato, però, al posto del tema questi doni -. Il maestro lo ascoltava commosso, guardando quel bel cestino ripieno. Accarezzò Pinuccio. Lo baciò e gli disse: - Solo tu mi hai capito. Solo tu sai scrivere per davvero!-.

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amantea calcio 77Non ho nessuna intenzione di ricostruire in laboratorio impossibili memorie condivise un tempo che fu, ma di riconoscere che Amantea, la città che mi ha dato i natali, custodisce orgogliosamente un passato calcistico di cui andare fieri. L’attaccamento a quei valori e ai ricordi di quei fantastici risultati ottenuti sin dal 1927 e consegnati alla storia, sono un patrimonio che ci arricchisce tutti, indistintamente.

Ultimamente, Amantea è stata troppo ingannata e troppo delusa, perché debba provare ancora delusioni. Senza scomodare Salvemini, Nitti, Gramsci e tutti i grandi intellettuali che hanno studiato la questione meridionale, è evidente che l’economia del Sud ha sempre fatto fatica ad emergere.

Primo fra tutti, al Sud mancano grandi gruppi industriali in grado di patrocinare una città, come fatto, solo per fare alcuni esempi, dalla famiglia Agnelli con Torino, dal gruppo Percassi con Bergamo, dagli Squinzi che hanno saputo portare sul palcoscenico nazionale una realtà provinciale come quella di Sassuolo.

Esistono delle vere e proprie disfunzioni e prassi fuorvianti delle amministrazioni regionali e locali nella regione Calabria, e anche sedimentazioni profonde di comportamenti collettivi impropri. Insomma, non solo ci sono pochi soldi, ma quei pochi sono, in parte, gestiti male dalle Amministrazioni calabresi.

Vorrei ricordare al Capo dell’amministrazione di Amantea che negli ultimi dieci anni, sono stati investiti solo 180 milioni di euro a fronte dei 15 miliardi di euro investiti negli stadi del resto dell’Europa. Eppure, in questa grande trasformazione del calcio che stiamo vivendo, lo stadio diventa un luogo fondamentale: non più asset immobiliare, ma infrastruttura strategica del futuro.

Il calcio è diventato, egregio Primo Cittadino, uno strumento vitale per migliaia di programmi di sviluppo sociale promossi da organizzazioni non governative e comunitarie in tutto il mondo. Questi programmi forniscono ai bambini e ai ragazzi mezzi importanti per rendere la loro vita veramente differente. Affrontando le questioni più urgenti in ogni comunità, questi programmi stanno contribuendo ad un positivo cambiamento sociale su scala globale.

Nel 2005 la FIFA e l’ente Street football world hanno iniziato congiuntamente a mettere insieme organizzazioni di questo genere rafforzando i loro programmi attraverso il supporto diretto e l’incremento della loro visibilità. Il movimento “Football for hope” (il calcio per la speranza ndt)”è stato creato proprio come movimento unico e globale che usa il potere del calcio come forza per lo sviluppo sociale sostenibile. Un Rapporto Sport e Società non può ovviamente avere un carattere puramente celebrativo occorre quindi analizzare anche le criticità e le distorsioni che minano l’etica ed il portato valoriale dello sport.

La capacità dello sport di innervarsi nella società – anche come veicolo di comunicazione sociale – è un fatto noto anche se a volte dimenticato. Oltre lo sport spettacolo solidaristico (partite del cuore, manifestazioni sportive di denuncia, etc.) che richiama pubblici e audience esiste una capillare attività di promozione del sociale che gli organismi territoriali e le migliaia di società sportive pongono in essere.

Sono certo che nel partecipare alle elezioni passate, vinte dall’attuale maggioranza, il Condottiero della cordata non avrà sprecato neanche un attimo nel soffermarsi su tematiche, forse per lui banali, come quella dello sport e sull’importanza che ha nella collettività di una cittadina come Amantea.

Altri condottieri come Annibale e Napoleone vengono celebrati come geni della guerra. Ci si è mai domandato perché? Che diamine: perché gli storici scrivono per i vincitori di quei geni inarrivabili. Ora tu, cara vecchia smandrappata Amantea 1927, hai sfruttato appieno le virtù della tua indole. “Non si può giocare a calcio senza storia”.

Non fossi sfinito per altri motivi, le troppe note prese e poi svolte in frenesia, le seriazioni statistiche e le molte cartelle dettate quasi in trance, giuro candidamente che attaccherei questo pezzo secondo ritmi e le iperboli di un autentico epinicio come nella lirica della Grecia antica, che era un vero e proprio canto corale di vittoria.

Egregio Condottiero, hai gli occhi addosso di migliaia di Amanteani, che chi scrive di politica o di cultura può solo sognarsi. Da qui viene una cura per ciò che avviene intorno ad un avvenimento e una indispensabile precisione nello scrivere. Basterebbe ricordare il passato di giornalista sportivo di Indro Montanelli, ma anche l’epopea di Gianni Brera.

Devo essermi distratto per non aver riconosciuto in illo tempore, la caratteristica un po' alla Dionisio, tiranno di Siracusa, ed anche un po' di Abd el Karim, pirata saraceno. Altezza media, possente, i capelli neri ondulati, non crespi, il naso forte, gli occhi vivi, sempre capaci di accendersi d' una luce non proprio bonaria, i baffetti sottili a proteggere una bocca larga e sensuale, tracciata di netto sopra un mento quadrato e volitivo.

Il nostro personaggio era ed è certo di esser nato per comandare, lo distingui sicuro protagonista quando ormai ti sei sbilanciato in un giudizio fin troppo perentorio: ho scritto infatti di lui che è un "KONDUCATOR". In sogno mi sono rivolto al lui chiedendogli, rispettosamente, di porre fine, rassegnando le dimissioni, a questo ciclo amministrativo inconcludente e disastroso per le sorti già avvilite della città. Come lui ben sa, i cittadini di Amantea stanno pagando sulla propria pelle la ormai farsesca vicenda di un’amministrazione che, perdendo i propri pezzi strada facendo, non è riuscita a fare nulla di buono e di utile.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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notteOggi voglio onorare quei pensieri che durano il tempo di una stella cadente.

Ciò che viene definito ‘normale’ è figlio della repressione, del diniego, della proiezione, introiezione, spaccature e altre forme di azioni distruttive acquisite con l’esperienza. E’ radicalmente alienato dalla struttura dell’essere.

Più si riconosce, più si pensa all’inutilità di andare avanti con descrizioni generalizzate di presupposti e specifici schizoidi, schizofrenici, “meccanismi” isterici. Inoltre, non bisogna dimenticare che vi sono forme di alienazione relativamente strane rispetto a quelle statisticamente ‘normali’. La persona alienata ‘normale’, per il semplice fatto che agisce come gran parte della gente, viene considerata sana di mente.

Altre forme di alienazione considerate fuori dal seminato del prevalente stato di alienazione sono quelli che vengono additati dalla maggioranza come cattivi o matti e dunque facenti parte di una minoranza. Non si possono schiudere le ali della libertà e volare senza lasciare qualcuno o qualcosa dietro di Te. Aiuto!!!

La soluzione del dilemma me la diede lo scrittore John Fante: “Una sera me ne stavo a sedere sul letto della mia stanza d’albergo a Bunker Hill nel cuore di Los Angeles. Era un momento importante della mia vita; dovevo prendere una decisione nei confronti dell’albergo. O pagavo o me ne andavo: così diceva il biglietto che la padrona mi aveva infilato sotto la porta. Era un bel problema, degno della massima attenzione. Lo risolsi spegnendo la luce e andandomene a letto.”

Il mio breve sonno venne riempito dalla presenza di Vladimir Majakovskij e a ciò che scriveva alla sua donna, anche se, forse, in maniera, un po' esagerata: "L'amore è la vita, è la cosa più importante. Dall'amore si dispiegano i versi, e le azioni, e tutto il resto. L'amore è il cuore di tutte le cose... Se il cuore interrompe il suo lavoro, anche tutto il resto si atrofizza, diventa superfluo, inutile. Ma se funziona non può non manifestarsi in ogni cosa."

Al mattino non Ci fu nulla di più odioso del trillo della sveglia che mi strappò bruscamente al sonno. Cercai allora, per quanto possibile, di rendere l’impatto meno duro con una suoneria gradevole. La luce del sole è stato il segnale più naturale e atavico dell’ora in cui svegliarsi. Visto che dormire in una stanza buia è il modo più fisiologico per assicurarsi un buon riposo.

Mi sono svegliato poco a poco, come quando ero bambino, per gradi. Nel corso degli anni ho cominciato a scoprire me stesso e il mondo. Per lungo tempo li ho dimenticati, per poi riscoprirli. Qualche anno fa, preso coscienza del risveglio, ho cominciato ad ipotizzare che uno degli anni futuri, sarei stato sveglio sempre più, senza mai più tornare indietro, senza mai più liberarmi di me stesso.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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