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sedie tribunaQualche tempo fa, un candidato sindaco per la cittadina di Verbania, in uno dei suoi volantini scriveva: “Senza pace e giustizia sociale, senza cibo sufficiente e acqua, senza un’istruzione e un’abitazione decente, senza che ognuno e tutti abbiano un ruolo da svolgere nella società e senza un reddito adeguato, non ci può essere salute né crescita reale né sviluppo sociale”.

Oggi l'emarginazione è un concetto molto più esteso, ed è un problema presente nella nostra società globalizzata. Situazioni di esclusione nei confronti di una o più persone relegate ai margini della vita sociale. Da un certo punto di vista, l'emarginazione può essere vista da due prospettive diverse ovvero c'è chi sceglie di vivere in solitudine, c'è chi invece è allontanato o tenuto a distanza dal gruppo dei medesimi.

Un vero e proprio atto alienante che porta la persona umana a ricorrere a strategie anche folli come al protagonista dell’atto unico di Luigi Pirandello “La Patente”. Il giudice D’Andrea, persona ordinata e meticolosa nello svolgere il suo lavoro, aveva ancora in sospeso un caso che lo lasciava molto perplesso, al punto di far chiamare il querelante per convincerlo a ritirare la querela, che alla fine lo avrebbe penalizzato ancor di più.

Il caso, dunque, era il seguente: un uomo, Rosario Chiàrchiaro, sporse querela contro dei ragazzi che avrebbero fatto dei gesti osceni per fuggire dalla presunta iella che portava l’uomo vittima dell’accaduto. Naturalmente il giudice non avrebbe mai potuto incriminare i due ragazzi querelati per un così banale fatto e alla fine la fama di iettatore di Chiàrchiaro si sarebbe ancor di più diffusa ottenendo l’effetto contrario di quello desiderato. Quando Chiàrchiaro arrivò nell’ufficio si presento con il tipico aspetto di uno iettatore e ammise addirittura di esserlo, il giudice sbigottito dalla sua apparente incongruenza gli chiese perché inizialmente aveva querelato i ragazzi che lo ritenevano uno iettatore se poi Chiàrchiaro si riteneva tale; egli rispose che in realtà voleva che la gente lo ritenesse uno iettatore per essere pagato affinché non portasse iella ad essi, e a prova del suo potere voleva avere un riconoscimento ufficiale di iettatore: una “patente”!

L’alienazione corrisponde al momento della scissione, del divenire-altro per una persona. Il sacrificio di se stesso. Nella convergenza sociale, il vicinato trovava una ragione d’essere nell’esigenza di sopravvivenza e nello stesso tempo si differenziava notevolmente da quello tipico così caro alla tradizione sociologica del villaggio urbano.

Questa nuova condizione caratterizzata dalla mancanza di precise norme sociali per sopravvivere, non è più mediata culturalmente: il consenso che su di essa si formava tra i membri era limitato allo scambio dei servizi mentre non era accettata la funzione di controllo sociale.

La persona, segregata nel proprio quartiere da cui non riesce ad allontanarsi per la propria povertà e vita precaria, inchiodato cioè nei settori marginali della città e del mercato del lavoro, insieme ad altre persone organizza un tipo di strutture e di relazioni interpersonali adeguato alla propria condizione di povertà e di esclusione. Legato alla propria zona, stringe intensi rapporti con i propri simili ed intreccia con questi fitte relazioni di scambio aventi come scopo il soddisfacimento di quei bisogni, alcuni dei quali elementari, che le strutture pubbliche o le possibilità strettamente familiari lasciano insoddisfatti.

Viene di fatto escluso socialmente per l’impossibilità, l’incapacità o la discriminazione dell’individuo nella partecipazione a determinate attività sociali e personali. L’esclusione sociale descrive una condizione di forte deprivazione, determinata dalla somma di più situazioni di disagio. Questa sua deprivazione sembra proprio essere riconducibile sia alla mancanza di risorse economiche adeguate che ad un accesso limitato ad ambiti sociali come l’educazione, l’assistenza sanitaria, il lavoro, l’alloggio, la tecnologia, la vita politica come quella sentimentale. Socialmente esclusi, quindi, sono quegli individui la cui capacità di partecipare pienamente alla vita sociale è fortemente compromessa.

Nelle società contemporanee le categorie maggiormente vulnerabili sono: le persone senza fissa dimora, i disabili, i detenuti o ex detenuti,, le persone con dipendenza da sostanze, gli anziani, gli immigrati, i rom, le famiglie numerose o monoparentali, i minori In tutti i gruppi, le donne poi,   vivono una situazione di disagio più marcata degli uomini. Violenza, stigma sociale, povertà espongono le donne e le ragazze ad un rischio costante di emarginazione.

La sovrapposizione tra una posizione economica marginale e l’isolamento sociale può avere come conseguenza grave la perdita del senso di appartenenza ad una determinata comunità e quindi la degenerazione dell’esclusione a livelli estremi. Emblematico in questo senso, per cercare di rendere un’immagine del fenomeno, è il caso delle persone senza fissa dimora, che oltre alla precarietà materiale, dovuta alla deprivazione economica, sperimentano la solitudine in seguito alla rottura e alla disgregazione dei legami affettivi e relazionali.

Gigino A Pellegrini & G elTarik

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scuola a piediSu quasi tutti i giornali italiani nelle prime pagine sono comparse le tende piantate dagli studenti universitari fuorisede che frequentano le maggiori e più prestigiose università italiane. Protestano per i cari affitti. A me che ho una certa età mi hanno risvegliato antichi ricordi: gli anni della frequenza della scuola media in un paese diverso e lontano dal mio che per raggiungerlo dovevo percorrere 7 chilometri a piedi, perché allora non c’erano mezzi di trasporto, corriere, scuolabus. Ogni tanto passava un calesse, qualche carro tirato dai buoi e i traini dei fratelli Pizzini di Amantea. Siamo nel 1946. La seconda guerra mondiale era finita da poco. Avevo completato gli studi elementari e mia madre mi fece partecipare agli esami di ammissione alla scuola media. Per accedere alla scuola media bisognava superare gli esami di ammissione. Un tema, un dettato e un problema e poi gli esami orali con recita di poesie, storia, geografia. Li ho superati brillantemente( ero stato preparato dalla maestra Lillina Luciani) e il primo ottobre del 1946 incominciai la scuola media parificata di Amantea. Indossavo ancora pantaloncini corti e scarpe che il maestro Ciccio u scarparo mi aveva confezionato con le bullette nelle suole per non consumarle. La scuola media di Amantea era l’unica scuola che esisteva allora nel circondario e raccoglieva gli alunni dei paesi viciniori: Falerna, Serrra, Cleto, Belmonte Calabro, Longobardi e San Pietro in Amantea. Anche qualche alunno di Lago e di Aiello Calabro. I miei compagni di classe erano la maggior parte di Amantea centro. I compagni di Falerna, Belmonte e Longobardi arrivavano a scuola col treno. Io, invece, durante tutto l’anno scolastico, da ottobre a giugno inoltrato, dovevo percorrere 7 chilometri all’andata e 7 chilometri al ritorno, sempre a piedi. Allora la maggioranza degli alunni che voleva frequentare la scuola media doveva fare molti chilometri a piedi attraversando boschi, campi coltivati, torrenti, fiumare e fiumi e c’erano, invece,pochi alunni, solo qualche centinaio di metri. Scendere al mattino dalla Variante e da Cannavina lungo le scorciatoie per raggiungere l’edificio scolastico Garibaldi era una bazzecola. Al ritorno, per risalire, ci voleva più tempo. Dopo 5 ore di studio eravamo stanchi, la borsa era piena di libri, pesava e pure l’ombrello e il cappotto. Ricordare quei tempi e quei lunghi viaggi per raggiungere la scuola ai ragazzi di oggi può sembrare un racconto intriso di fantasia. Ma quale fantasia! Nell’immediato dopoguerra se volevi frequentare la scuola dovevi fare enormi sacrifici. Pioggia, vento, freddo, gelo e caldo non mi hanno mai fermato.

Allora non c’erano ancora i pullman, gli scuolabus che trasportano gli studenti a scuola. C’era una corriera scalcinata della Ditta Santelli che partiva da Amantea alle 6,30 di mattino e raggiungeva Cosenza alle ore 8. Ripartiva da Cosenza alle ore 14,00. Sempre presente a scuola. Non mi sono mai lamentato. Agli esami di licenza media risultai il primo della classe. Oggi, a pensarci bene, però, debbo dire che i miei compagni di classe erano alunni privilegiati. Si alzavano la mattina due ore dopo di me, non arrivavano a scuola sudati o bagnati, non dovevano percorrere sentieri di campagna, all’uscita di scuola trovavano pronto il pranzo. Io, invece, dovevo alzarmi presto la mattina e spesso d’inverno arrivavo a scuola tutto bagnato. In classe non c’erano i termosifoniper poter asciugare i calzini e i pantaloni. Non c’era ancora il diritto allo studio ed io avevo scelto di frequentare quella scuola che al mio paese ancora non c’era. Venne istituita come sede staccata di Amantea nell’anno 1963. In quel lontano 1946 ero il solo ragazzo del mio paese che era iscritto alla scuola media. Poi si iscrissero i fratelli Lupi, Emilio e Saverio, mio cugino Palmerino Sesti, Ernesto Cadetto, Sante Lorelli e Alfonso Belsito. I fratelli Lupi, Annibale e Aurelio, figli dei maestri Giovanni e Dolores Carusi, furono iscritti alla scuola media del Convitto Nazionale a Cosenza e Michele Policicchio, figlio del farmacista Pasquale, fu iscritto alla scuola media del Collegio Arcivescovile di Cosenza. Mamma Teodora e mia sorella Anna erano fiere di me. Anche il prete Don Giovanni Posa era fiero. E pure i contadini e i braccianti agricoli che venivano a giornata nelle nostre campagne. Dicevano: finalmente abbiamo uno che studia. Non dovrà zappare la terra per campare e fare enormi sacrifici.

                                                                                     

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foto-soccorso-ferragosto-2023-1015x675l 17 settembre u.s. si è conclusa l’operazione “Mare sicuro 2023”, la stagionale campagna operativa di legalità e sicurezza condotta dai comandi territoriali del Corpo delle Capitanerie di porto – Guardia costiera -, sia a mare che a terra, lungo tutte le coste italiane. L’estate rappresenta il momento di massima fruizione di spiagge e mare da parte della collettività ed il personale delle Capitanerie di Porto è chiamato ad assolvere il delicato compito di supervisore discreto, ma sempre presente, per garantire lo svolgimento sereno e sicuro delle attività balneari, intervenendo, nel caso occorra, per censurare e reprimere condotte illecite Durante la fase operativa, lo sforzo della Direzione Marittima della Calabria è stato prioritariamente volto alla salvaguardia della vita umana in mare. Con l’impiego di 48 motovedette e gommoni e di 55 mezzi terrestri, i militari impiegati hanno portato a termine numerosi interventi consentendo il soccorso di 45 unità da diporto in seria difficoltà e portando in salvo 42 persone, tra diportisti, bagnanti e subacquei, in pericolo per cause il più delle volte riconducibili a condotte azzardate o negligenti. Tali dati consentono di evidenziare il pieno raggiungimento degli obiettivi prefissati indicando nel contempo una variazione in alcuni settori che, grazie al dispositivo di vigilanza che la Guardia Costiera calabrese ha dispiegato lungo le coste ed alla capillare ed efficace campagna informativa preparatoria posta in essere nei mesi di aprile e maggio, hanno registrato una positiva flessione: meno utenti del mare, infatti, si sono trovati in situazioni di pericolo (circa la metà rispetto all’anno passato), segno evidente di una maggiore prudenza e senso di responsabilità. Quotidiana l’attività di vigilanza (per un totale di 9845 missioni e 24345 controlli complessivi) che si è svolta con l’impiego, spesso simultaneo, delle pattuglie di terra e delle unità navali, coadiuvate in molte occasioni, per più efficaci e rapidi interventi, dai velivoli in dotazione al Corpo e delle altre forze di polizia. Particolare attenzione è stata dedicata al diporto (oltre 2500 controlli effettuati) e specialmente al fenomeno della navigazione sotto costa che avviene, molto spesso, con l’utilizzo di piccoli natanti e moto d’acqua e che arreca turbamento e potenziale pericolo alla balneazione. Non è mancata la consueta attività di verifica ai fini demaniali e di sicurezza delle strutture balneari insistenti sui litorali con oltre 3300 controlli effettuati. La Capitaneria di porto di Reggio Calabria, nell’ambito dell’Operazione “Spiagge Libere” ha rimosso attrezzature balneari abusive rimettendo alla libera fruizione dell’utenza oltre 20.000 mt quadrati di arenile. In tema ambientale è stata intensificata l’azione di sorveglianza nel settore della depurazione, mediante il coinvolgimento dei tecnici dell’ARPACAL, allo scopo di incrementare i campionamenti delle acque della costa calabrese e verificarne la bontà a tutela della balneazione. In particolare, l’attività ha interessato i prevalenti corsi d’acqua che sfociano nelle acque di giurisdizione (oltre 3400 controlli effettuati). L’andamento positivo della campagna è stato evidenziato anche dal Comandante Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, Ammiraglio Nicola Carlone, nel corso del suo intervento al Salone Nautico di Genova dove è stato presentato il bilancio dell’operazione estiva. Anche a livello Nazionale si è registrata una diminuzione importante dei soccorsi alle unità da diporto, segno di una sempre maggiore consapevolezza dei diportisti e dell’importante ruolo svolto dalla Guardia Costiera nell’attività di informazione e prevenzione. MARE SICURO 2023 (guardiacostiera.gov.it) 01 - Salone di Genova 2023 - Soccorsi Guardia Costiera .mp4 - Google

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