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Canon Beach. Oregon. Una storia di quotidiana follia. È la storia di Jessica Smith, 40 anni.( nella foto piccola)

L’ex marito Greg Smith la aveva lasciata.

Il tribunale aveva disposto la consegna all’ex marito delle due figlie, Isabella di 2 anni ed Alana di 13 anni (vedi foto).

Jessica avrebbe dovuto consegnare le figlie quel giorno

Ma Jessica scappa e si nasconde nel Surfsand Resort a Cannon Beach.

Poi una mattina un addetto alle pulizie scopre le due figlie in una stanza del terzo piano al Surfsand Resort

Per Isabella non c’è nulla da fare , era già morta.

Sul corpo di Isabella nessun segno di abuso fisico, nessuna lesione apparente.

Dall'autopsia è emerso che la bimba è annegata, e dal rapporto tossicologico è risultato che ha contribuito, alla sua morte, una dose elevata di clorfenamina, un sedativo.

L’altra aveva i polsi e la gola tagliata.

Alana viene sottoposta ad intervento chirurgico presso l’ospedale Doernbecher di Portland e si salva.

La madre Jessica non c’era, era fuggita

Scattano le ricerche e Jessica viene trovata nella sua auto su una strada forestale in prossimità della Highway 26 .

L’ex marito Greg Smith aveva chiesto al giudice una valutazione mentale per l’ex moglie Jessica Smith dopo aver ricevuto strani messaggi dalla sua ex moglie.

Catturata e portata in Tribunale Jessica rideva, come se non fosse successo nulla

Anzi davanti ai giudici in videoconferenza dal carcere Jessica ha dispensato sorrisi e strizzatine d'occhio.

La verità da Alana che appena ripresasi ha raccontato che era stata la madre la quale prima aveva annegato sua sorella e poi aveva utilizzato su di lei un agente paralizzante e le aveva inferto ferite con una lametta

L'avvocato della donna ha dichiarato la sua assistita non colpevole e ha chiesto una perizia psichiatrica.

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L’Italia è piena di tracheiti . Prima hanno colpito cani e gatti. Ora è il momento degli uomini

Ed il modo più facile per contrarla è la stretta di mano

Ed allora ecco che si innalza vertiginosamente la pratica del fist bump

Il saluto diffuso promosso dalla serie televisiva How I met your mother v

Un saluto dal punto di vista igienico è molto più sicuro di quanto lo sia una stretta di mano, o anche darsi il cinque.

Un nuovo studio spiega che, potrebbe dunque essere la soluzione per permettere a medico e paziente di evitare lo scambio di batteri che il contatto implica normalmente.

I primi passi, dunque, verso un igienico futuro senza strette di mano.

Le infezioni correlate all’assistenza sanitaria, negli Stati Uniti sono considerate tra le principali fonti di danni prevenibili.

Secondo i Centers for Disease Control and Prevention statunitensi colpiscono infatti un paziente ogni 25 ricoverati, determinando almeno 75.000 decessi ogni anno.

Ne ha parlato David Whitworth, uno degli autori del paper pubblicato sul numero di agosto dell’American Journal of Infection Control, il team di ricercatori aveva come obiettivo stabilire quale fosse il saluto più adatto a ridurre al minimo possibile il passaggio di batteri.

Hanno iniziato immergendo una mano avvolta in guanto (inizialmente sterile) in un contenitore pieno di batteri: una volta fatto asciugare il guanto, hanno poi fatto alcune prove di saluto con un altro ricercatore, che indossava a sua volta un guanto sterile.

Si sono scambiati una stretta di mano, un fist bump e un cinque, a vari livelli di intensità nel contatto e mimando saluti di differente durata.

In seguito, i guanti del secondo ricercatore (quelli rimasti sterili fino ai vari saluti) sono stati immersi in una soluzione per contare il numero di batteri che vi erano stati trasferiti con il contatto. La stretta di mano ne trasmetteva circa il doppio rispetto al cinque, mentre molti meno anche del cinque passavano ricorrendo al fist bump.

In tutti e tre i casi, comunque, più a lungo durava il saluto maggiore era la quantità di batteri che passava da una mano all’altra.

“Scegliere di ricorrere al fist bump per salutarsi potrebbe ridurre significativamente la trasmissione delle malattie infettive tra individui”, spiega Whitworth. “È improbabile che un saluto che non prevede il contatto possa soppiantare la stretta di mano; in ogni caso, nell’ottica di un miglioramento della salute pubblica, incoraggiamo che il fist bump venga utilizzato sempre di più come semplice e più igienica alternativa”.

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Il primo caso in Europa è quello di un missionario spagnolo.

Madrid ha inviato un aereo militare, con un team medico, per il rimpatrio di un missionario di 75 anni, che ha contratto il virus in Liberia. Il responsabile della Sanità, Vineusa ha spiegato che il missionario, Miguel Pajares, sarà condotto in un ospedale pronto a ospitare questo tipo di patologie: «la sicurezza è garantita».

Un altro caso di contagio interessa un medico americano che aiutava i pazienti infettati con il virus dell'ebola in Liberia e che è rimasto lui stesso contagiato. Lo riferisce l'organizzazione umanitaria per la quale lavora. Il medico, Kent Brantly, 33 anni, è ora ricoverato in un ospedale di Mongrovia e si sta sottoponendo a cure, riferisce la ong, Samaritan Purse. Quando ha notato i sintomi, dopo aver curato una serie di pazienti la scorsa settimana, si è messo in isolamento, ha fatto sapere la portavoce Melissa Strickland.

E secondo i nuovi dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) i decessi sono stati, al 4 agosto scorso, 932 mentre sono 1.711 i casi accertati in quattro paesi africani (Guinea, Liberia, Sierra Leone e Nigeria).

Oggi l’OMS ha dichiarato che l’epidemia di ebola attualmente in corso è una “ emergenza sanitaria internazionale”

Per evitare ulteriori contagi saranno necessarie misure straordinarie di contenimento.

L’ebola conferma la propria pericolosità dovuta all’elevata virulenza: il tasso di mortalità ha superato il 50%.

L’appello è rivolto alla comunità internazionale in quanto l’epidemia, che settimane fa era già stata identificata come la più grave della storia per durata ed entità, ha colpito paesi che non hanno le risorse per far fronte all’infezione.

Margaret Chan, direttore generale dell’OMS, ha sottolineato che le risorse materiali o finanziarie impiegate ed i rispettivi sistemi sanitari sono attualmente troppo insufficienti

L’epidemia, iniziata a marzo in Guinea, a oggi è arrivata in Sierra Leone, in Liberia (ora in stato d’emergenza) e infine anche in Nigeria, dove il primo caso identificato risale al 20 luglio e pochi giorni fa è stato annunciato un altro decesso, un medico.

L’organizzazione sottolinea che le conseguenze di un’ulteriore espansione sarebbero estremamente serie, rendendo più che mai necessaria la risposta internazionale. Non esiste a oggi una terapia mirata né un vaccino ufficiale (sono ancora fermi nei laboratori).

Le cure mirano perciò a lenire i sintomi con i quali il virus si presenta, come febbre alta, diarrea e vomito.

Si tratta della epidemia più mortale al mondo.

Tra l’altro si contano le prime vittime tra gli operatori sanitari (un medico) e parasanitari( 3 infermiere)

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