
Nel 2100 nel Mondo 4 persone su dieci saranno africane
A dirlo le ultime stime demografiche dell’ONU.
Mutano gli scenari demografici del futuro del mondo: l’Onu ha infatti rivisto le proprie previsioni e per il 2100 ora i dati parlano di un exploit dell’Africa.
Il 40% della popolazione mondiale, fra 80 anni, sarà originario dell’Africa.
A dirlo sono le proiezioni dell’ONU nel World Population Prospects.
Su 11 miliardi abbondanti di abitanti del pianeta fra 80 anni, oltre otto su dieci arriveranno dal continente nero e dall’Asia.
Se le crescita dei paesi orientali non costituisce una novità, oggi rappresentano sei decimi della popolazione con Cina ed India a fare la parte del leone, colpisce invece il dato relativo all’Africa, che oggi è abitata da un miliardo e 200 milioni di persone: questo numero è destinato a quadruplicare complice un età media attualmente bassissima.
Sorpassati anche gli “storici” orientali e quasi scomparsi gli europei: saranno solo il 10% della popolazione.
Gli europei, infatti, passeranno dai 740 milioni di ora ai 640 milioni a fine secolo, ma con il rischio che solo il Vecchio Continente sarà una terra in cui l’età media è vicina ai cinquant’anni.
Nel 2050, in Italia, ci saranno cinque milioni e mezzo di bambini sotto i dieci anni e oltre quattro milioni e mezzo di over 85.
Bisognerà aspettare il 2100 per il sorpasso: 5,2 milioni di bambini, contro oltre sei milioni di anziani.
Ripercussioni da non sottovalutare si avranno anche per l’ambiente: a fine secolo la temperatura potrebbe essere salita di quattro o cinque gradi, anche di più ai Tropici.
6 o 7 miliardi di persone vivrebbero in paesi ampiamente desertificati, con un’agricoltura cancellata.
Dati che, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, incrociati con il riscaldamento globale, fanno ipotizzare un vero e proprio esodo verso l’Occidente e anche l’Italia.
E’ il drammatico appello che lanciano gli italiani emigrati in Venezuela.
"Le nostre autorità consolari non possono fare nulla, la Comunità italiana in Venezuela è allo stremo, il governo Maduro è ostile, ci stanno massacrando".
Il collegamento Skype con Caracas restituisce l'ansia e l'angoscia degli emigrati italiani - ben oltre la cifra ufficiale, 160 mila, di cui almeno 45 mila provenienti dal Nord Ovest, in particolare dal Piemonte e dalla Liguria - e anche il senso di disperazione, e di abbandono da parte della madre patria.
"Pochissimi parlano della situazione, media e tv, se non quando non si raccolgono i morti per le strade, ma qui è un'agonia lenta.
Molti di noi torneranno appena possibile in Italia, siamo una minoranza oggetto di persecuzione. Abbiamo ragazzi arrestati, minacciano le famiglie di ritorsioni, ci rimproverano di essere al fianco dell'opposizione ma tanti di noi, sino a ieri, hanno pensato solo a lavorare.
Chavez o Maduro, non importava.
Adesso è diverso.
Siamo come in Argentina ai tempi di Videla".
Si sentono esplosioni, nell'audio del pc.
"Mancano farmaci ed i negozi sono vuoti.
Ci sono scontri per le strade.
La polizia ha sbarrato le vie d'uscita di un parcheggio di un fabbricato, qui, cercano qualcuno, lanciano lacrimogeni, siamo bloccati qui dentro".
Chi parla è un quarantacinquenne che, a Caracas, dirige una catena di alberghi-ostelli, frequentati soprattutto da manager e lavoratori stranieri.
"Potrei anche chiudere - racconta -, abbiamo avuto un crollo del 70 per cento, adesso tutti hanno paura delle reazioni del presidente e delle squadre della morte, i Colectivos".
Il governo italiano tiene sotto controllo la situazione, mentre l'appello di papa Francesco di porre la chiesa come mediatore tra Maduro e le opposizioni, che reclamano nuove elezioni, è caduto nel vuoto.
Una domanda alla politica.
Perché l’Italia si preoccupa dei profughi africani ed asiatici e non degli italiani in Venezuela?
La scena, nei film d’azione, è classica: all’accendersi di una fiammella anche piccolissima, immediatamente tutti gli spruzzatori dell’impianto antincendio del palazzo si attivano contemporaneamente, tanto da far sembrare impossibile che gli incendi possano mai verificarsi. Ma come spesso accade, nei film c’è molto di spettacolare e poco di vero: e per farci dare qualche informazione reale e concreta, soprattutto per quanto riguarda l’importantissimo tema della manutenzione, ci siamo rivolti ai tecnici specializzati di un’azienda del settore, Antincendio Master,
Allora: come funzionano davvero gli impianti antincendio?
Va detto, purtroppo: non in maniera drammatica come si vede nei film. I sensori dei rilevatori di fiamma, ossia i dispositivi che permettono agli impianti antincendio di “accorgersi” del fuoco e attivarsi – in realtà sono molto semplici: si tratta di fascette di metallo a bassa temperatura di fusione, montate in modo da bloccare l’uscita dell’acqua su ogni singolo sprinkler – o spruzzatore, in italiano – degli impianti antincendio. Non c’è quindi nessun dispositivo che faccia in modo che una fiammella nel cestino della spazzatura di un ufficio al quarto piano possa far partire l’impianto antincendio dell’ingresso a piano terra - e nemmeno ce ne sarebbe bisogno: il calore delle fiamme fonde le fascette metalliche degli spruzzatori localizzati dove l’incendio sta scoppiando, e fa partire soltanto quelli.
E questo cosa significa, a livello di manutenzione?
Questo ha delle ricadute di importanza capitale sulla manutenzione, perché il sistema che abbiamo descritto implica che ogni spruzzatore sia autonomo: non verrà “avvisato” elettricamente o digitalmente dell’incendio, se non è in perfette condizioni, e quindi non partirà. Se il focolaio non viene spento immediatamente, potrebbe essere diventato troppo grande per esser spento facilmente quando entrerà nel raggio d’azione dello sprinkler più vicino, e in ogni caso potrebbe fare danni gravissimi già nel primo divampare. Per questa ragione, la manutenzione degli impianti antincendio deve essere sempre svolta in maniera puntuale e accurata, perché ogni punto critico deve funzionare subito e correttamente in caso di emergenza.
E allora quali sono i consigli per quanto riguarda installazione e manutenzione degli impianti antincendio?
Per quanto riguarda l’installazione, sicuramente la questione principale è affidarsi a una ditta specializzata per la progettazione: in questo modo l’impianto sarà disegnato, fin dall’inizio, tenendo conto delle reali problematiche e dei rischi effettivi, senza essere né insufficiente né sovradimensionato.
Per quanto invece concerne la manutenzione, è assolutamente necessario affidarla ad un’azienda del settore, che invii periodicamente tecnici esperti. La manutenzione degli impianti antincendio è infatti un’operazione lunga e complessa, che prevede di controllare singolarmente, come abbiamo spiegato, ogni spruzzatore dell’impianto – operando per aree, così da limitare sempre la zona anche solo temporaneamente non protetta. La pianificazione necessaria a far sì che queste ispezioni siano regolari e quindi garantiscano il perfetto stato dell’impianto, e allo stesso tempo ad assicurare che i rischi vengano ridotti al minimo anche mentre l’impianto è parzialmente disattivato è la migliore garanzia che un’azienda del settore può dare.
Tutte le aziende interessate a tutelarsi dai rischi di incendio possono trovare informazioni utili visitando la pagina impianti antincendio del sito di Antincendio Master, che ringraziamo per il supporto nella stesura di questo articolo.