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Nessuno ve ne parla? Ve ne parliamo noi!

La tubercolosi nel mondo

La tubercolosi (TB) rappresenta una emergenza a livello globale: ogni anno si registrano più di 10 milioni di nuovi casi e 2 milioni di decessi e, secondo stime dell’OMS, si manifestano oltre 400.000 casi di tubercolosi multiresistente.

Si stima che nel 2015 vi siano stati globalmente 10,4 milioni di nuovi casi (casi incidenti) di tubercolosi, di cui 5,9 milioni (56%) erano uomini, 3,5 milioni (34%) donne e 1,0 milione (10%) bambini.

Oltre la metà (60%) dei nuovi casi è stato riscontrato in 6 Paesi: India, Indonesia, China, Nigeria, Pakistan e Sud Africa.

Oltre 1 milione di nuovi casi (11%) si sono verificati tra persone Hiv positive.

La tubercolosi nella regione europea dell’Oms

La tubercolosi nella regione europea dell’Oms sono stati notificati 329,270 nuovi casi di Tb da 51 Paesi (l’Italia e il Liechtenstein non hanno inviato i dati).

Il numero totale di nuovi casi stimati nella Regione (53 Paesi) è pari a 340 mila casi di Tb, pari a un’incidenza di 37 casi per 100 mila abitanti.

L’83% dei casi incidenti nella Regione si sono verificati nei 18 Paesi ad alta priorità che includono Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Bulgaria, Estonia, Georgia, Kazakhistan, Kirghizistan, Lettonia, Lituania, Moldova, Romania, Russia, Tajikistan, Turchia, Turkmenistan, Ucraina e Uzbekistan.

Complessivamente, il 6, 5% dei nuovi casi di Tb nella regione si è verificato nelle prigioni (1,9% dei casi nei Paesi Eu/Eea e 7,3% dei casi nei Paesi non-Eu).

Questo dato mette in evidenza che il rischio di Tb nelle prigioni è 24 volte più elevato rispetto alla popolazione generale.

Nel 2014, il numero stimato di decessi correlati alla tubercolosi (in persone Hiv-negative) è stato di 33 mila, che corrisponde a un tasso di 3,7 per 100.000 abitanti.

L’Oms ha redatto un Piano di azione contro la tubercolosi per la regione europea dell’Oms 2106-2020.

La tubercolosi in Italia

Nel cinquantennio dal 1955 al 2008 il numero annuale di casi di Tbc registrati nel sistema di notifica nazionale è passato da 12.247 a 4418.

Il 50% dei pazienti è italiano, in gran parte anziani, e il 50% straniero.

TBC nelle persone nate all’estero

Nell’ultima decade il numero di casi di TBC in persone nate all’estero è più che raddoppiato e la frequenza percentuale sui casi totali è vicina al 50%.

In generale, nonostante l’incidenza si sia ridotta negli ultimi anni, la popolazione immigrata ha ancora un rischio relativo di andare incontro a TBC che è 10-15 volte superiore rispetto alla popolazione italiana.

Quasi i due terzi dei casi di TBC in stranieri è stato notificato nel Nord Italia.

Mentre sembra in costante diminuzione la proporzione di casi di TBC in persone provenienti dall’Africa, risultano in aumento i casi provenienti dall’Est europeo.

La popolazione proveniente dalla Romania conta di gran lunga il maggior numero assoluto di casi di TBC (oltre 500), ma il tasso grezzo di incidenza è inferiore ai 100 casi per 100.000 (circa 80 casi), in ragione degli importanti flussi migratori dalla Romania in Italia.

I dati di incidenza grezza per Paese di origine, pur essendo poco accurati per mancanza di informazioni certe sui denominatori, sembrano individuare 9 nazionalità a particolare rischio con tassi maggiori o intorno a 100 casi per 100.000 residenti: Etiopia, Pakistan, Senegal, Perù, India, Costa d’Avorio, Eritrea, Nigeria e Bangladesh.

Inizialmente oltre il 50% dei casi di TBC in persone nate all’estero insorgeva entro i primi 2 anni dall’arrivo in Italia; questa proporzione è diminuita fino al 43%, mentre è aumentata la proporzione di casi insorti dopo 5 anni o più dall’arrivo (da circa il 29% a circa il 38%).

Le stime sulla mortalità in Italia parlano di oltre 350 l'anno, un decesso ogni giorno: non è poco, comunque.

Vai su http://www.iss.it/binary/pres/cont/Fascicolo_Abstract_Convegno_19_05_11_2_.pdf

Una sola domanda al Ministro Lorenzin e ad Oliverio( visto che si vuole incatenare per avere la sanità)

Ma si è usi fare la tubercolina a chi viene in Italia dai paesi a maggior rischio, magari quando arrivano?

 

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Tutti si sono sgolati a dichiarare che l’ondata di migranti si era ridotta, quasi che stesse finendo..

Ed anche che gli accordi fatti con il “governo” libico era alla base di questa riduzione di migranti.

Ma non era vero.

Ora sono cambiante le cose.

Siamo in vista delle elezioni ed occorre pagare preventivamente il conto.

Diversamente niente voti.

A chi?

Fate voi.

Ed infatti ecco massicci arrivi, uno dopo l’altro.

In Calabria, ovviamente.

In Sicilia si vota!

Oltre 760 persone portate dalla nave Diciotti della Marina Militare al porto di Reggio Calabria.

Nuova ondata di sbarchi, a Reggio in arrivo 764 persone.

Nei giorni scorsi circa 400 migranti.

Vengono dal Pakistan, Somalia, Eritrea, Nigeria, Sudan, Libia, Bangladesh, Ciad, Guinea, Algeria, Egitto, Mali, Costa d’Avorio, Nepal, Marocco, Ghana, Camerun, Kenia, Niger, Senegal, Sierra Leone, Etiopia, Sri Lanka, Iemen, Siria, Giordania e Libano( e scusate se ne ho dimenticato qualcuno).

Un gruppo di 48 persone giunto a bordo di una piccola barca di legno è stato invece scoperto su una spiaggia a Palmi

È già arrivata nel porto di Vibo Valentia Marina la nave inglese 'Acquarius' con a bordo 588 migranti, tra cui una quindicina di donne in gravidanza, soccorsi nei giorni scorsi lungo il Canale di Sicilia.

Anche la Guardia costiera libica è stata protagonista di operazioni di soccorso in mare: nei giorni scorsi circa 400 migranti sono stati recuperati.

Proprio le partenze dalla Libia fa suonare un campanello d'allarme.

Per chi suona la campana?

Ma per l’Italia, s’intende!

Quella Italia che produce e vende armi, che alimentano le guerre, che creano invivibilità e quindi fughe.

Mah!

E poi l'Italia  non è mica degli Italiani!

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Tre giornalisti, tra cui un italiano, sono stati fermati ieri in Venezuela, mentre tentavano di entrare in un carcere nello Stato di Aragua per condurre un'inchiesta.

 

La notizia è stata diffusa dal sindacato nazionale dei giornalisti, l'Sntp (Sindicato Nacional de Trabajadores de la Prensa).

L'italiano fermato si chiama Roberto Di Matteo, di Bari - a quanto si apprende - mentre gli altri due sono lo svizzero Filippo Rossi ed il venezuelano Jesus Medina.

I tre, ha reso noto il sindacato, stavano conducendo un'inchiesta giornalistica nel centro penitenziario di Aragua, nel nord del Paese, meglio conosciuto come il carcere di Tocoron, ma sono stati fermati dalla Guardia Nazionale Bolivariana.

Da quel momento, non sono riusciti più a comunicare con loro. L'Sntp ha quindi chiesto alle autorità di fornire "informazioni reali" su dove si trovino e di "garantire la vita, la libertà e l'integrità dei giornalisti detenuti".

L'appello è stato fatto proprio anche da altre organizzazioni.

La Farnesina ha fatto sapere che l'ambasciata d'Italia a Caracas, in stretto raccordo con Roma, segue fin dal primo momento il caso del fermo del connazionale Roberto Di Matteo, in stretto contatto con le autorità locali, e la rappresentanza diplomatica italiana si è prontamente attivata per prestare al connazionale tutta l'assistenza necessaria.

Il carcere di Tocoron è tristemente noto in Venezuela per i suoi ripetuti episodi di violenza e diversi altri crimini ed il governo non è ancora riuscito a pacificare.

La Sociedad Interamericana de Prensa (SIP) ha stimato che l'anno scorso le intimidazioni e gli arresti arbitrari contro i giornalisti sono aumentati.

In Venezuela, il Colegio Nacional de Periodistas (CNP) ha denunciato un'ondata di attacchi contro i giornalisti in particolare mentre coprivano le proteste dell'opposizione anti-chavista, tra aprile e luglio.

Roberto Di Matteo, il giornalista italiano arrestato in Venezuela è stato rilasciato dalle autorità. Lo ha reso noto l'unione l'l'Sntp (Sindicato Nacional de Trabajadores de la Prensa). Insieme a lui sono tornati in libertà anche il collega svizzero Filippo Rossi e al venezuelano Jesus Medina. 

 

Alfano, rilascio Di Matteo è buona notizia  - "Abbiamo seguito la vicenda tramite la nostra ambasciata ed il nostro consolato generale a Caracas con la massima attenzione e per noi questa è una buona notizia".

E' quanto sottolinea il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, commentando il proscioglimento da ogni accusa del giornalista italiano, Roberto Di Matteo, tornato in libertà.

 

Il papà di Roberto Di Matteo, non sappiamo se tornerà in Italia

"Non sappiamo se adesso potrà restare in Venezuela o dovrà rientrare in Italia", spiega all'ANSA il padre del giornalista italiano, Roberto Di Matteo, fermato in Venezuela dopo aver appreso, pochi minuti fa, che il figlio è stato rilasciato.

"Noi - aggiunge - speriamo rientri".

"Non lo abbiamo ancora sentito - prosegue - anche perché non ha il cellulare, glielo hanno sequestrato: suppongo che troverà la maniera per chiamare, e sicuramente contatterà prima la moglie". "Qui - aggiunge il papà del cronista - siamo tutti felici per la notizia - conclude - e speriamo stia rientrando anche perché ora dovrebbe stare attento a ogni minima mossa".

Roberto era stato fermato con l'accusa di avere introdotto senza autorizzazione nel carcere di Tocoron strumentazioni per girare video e registrare audio.

Il giornalista di origini pugliesi stava facendo una inchiesta sul penitenziario insieme con altri due colleghi: uno svizzero e un cronista venezuelano.(ansa)

Ah. Roberto Di Matteo lavora per “Il Giornale”

Le armi di di Matteo

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