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Redazione TirrenoNews

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Il radicale Emilio Quintieri che si occupa della condi zione dei dete nuti nelle car ceri calabresi parla di Mauri lio Pio Mora bito il detenuto che si sarebbe impiccato.

E lo fa diffondendo la lettera autografa di Morabito, il quale appena giunto nella casa circondariale di Paola, aveva scritto di aver ricevuto minacce di morte, conseguenti ai fatti accaduti nel carcere di Arghillà, e testualmente, in un italiano poco corretto, ma comprensibile:

“Se dovrebbe accadere un mio eventuale decesso, facendo il tentativo di farlo passare per un suicidio, non è così in quanto amo troppo la vita e il mio fine pena è imminente, 30 giugno. Ovvio che l'agente che fa la notte sa".

Il 12 aprile, nella sua cella, posta nella I sezione del carcere di Paola, per quanto è stato riferito, si sarebbe verificato un incendio e Morabito sarebbe stato salvato dal personale della Polizia Penitenziaria.

Dopo l’incendio un'altra lettera : “a tutela della mia incolumità, chiedo di essere trasferito in una struttura sita in qualsiasi punto della Penisola, purchè sia dotata di un'area protetti.

Inoltre chiedo che per il tempo di attesa affinchè avvenga il mio trasferimento, sia mantenuto il cancello ed il blindo 24 h chiuso e aperto soltanto per i vari colloqui, il divieto di incontro con qualunque detenuto anche lavorante."

I familiari avevano comunicato al radicale Quintieri che il loro congiunto non aveva voluto fare nemmeno il colloquio, rifiutandosi di incontrarli e che ciò era strano ed erano seriamente preoccupati per la sua vita.

I familiari di Morabito hanno , anche, riferito di essere stati contattati dal carcere a seguito del decesso, avvenuto in nottata, per suicidio. “Ho consigliato loro – scrive Quintieri - di fare denuncia recandosi presso la Stazione Carabinieri di Reggio Calabria per chiedere l'intervento immediato dell'Autorità Giudiziaria al fine di chiarire la dinamica e le cause del decesso”

Amantea.il comune porta la Cassa DDPP in Tribunale.

Sabato, 30 Aprile 2016 18:27 Pubblicato in Politica

Probabil mente il co mune di A mantea è il primo comu ne italiano a citare la cas sa depositi e prestiti pres so il Tar.

La vicenda è quella relativa ai mutui.

Il comune di Amantea in data 24 dicembre 2015 ha chiesto alla Cassa Depositi e Prestiti sette mutui( Campo sportivo Campora SG, rete fognante S Procopio, Campora , Fravitte, rete acquedottistica interna, ampliamento via PO, Prolungamento via Mazza, pavimentazione tratti stradali sottoferrovia, rotatoria Oliva)

La cassa DDPP con note del 29 dicembre non ha affidato i mutui.

Il comune con nota del 15 gennaio 2016 protocollo 790 ed ai sensi dell’art 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990 n 241 ha prodotto istanza di accesso ai documenti amministrativi della Cassa Depositi e Prestiti.

La cassa DDPP h evaso la richiesta con nota dell’11 febbraio 2016 ed ha inviato gli atti istruttori

Sempre il comune con delibera di giunta n 26 del 23 febbraio 2016 ha dato incarico legale allo studio Manzi di Roma per la verifica della posizione dei mutui, sostenendo che la conclusione del procedimento è consistita per tutte le posizioni in quanto segue;:” per l’anno in corso di non affidare l’ente in relazione alla suddetta posizione di prestito e per l’importo indicato” senza richiamare la citata nota dell’11 febbraio 2016 da parte della Cassa Depositi e Prestiti”.

Oggi in consiglio comunale è stato riferito che i legali del comune hanno presentato ricorso avverso la decisione della Cassa DDPP.

Il sindaco ha anche riferito che sono stati sentiti i dirigenti della Cassa DDPP che sono apparsi quantomeno titubanti dando la impressione di “arrampicarsi sugli specchi per giustificare la loro decisione “.

Purtroppo questa volta ce l’ha fatta!

Parliamo di un detenuto di origine italiana di 46 anni, con fi ne pena tra due mesi e ristretto nel carcere di Paola, che la notte scorsa si è tolto la vita impic candosi nella sua cella, facendo una corda con brandelli di una coperta.

Il detenuto aveva tentato altre volte il suicidio ed era sempre stato salvato dalla polizia penitenziaria.

Dichiarano Donato Capece, segretario generale del SAPPE, e Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto.

"Nei giorni scorsi aveva anche provocato un incendio nella sua cella, per cui era stato necessario evacuare la sezione.

Successivamente aveva anche rotto gli arredi della cella e utilizzato un pezzo di ceramica del lavandino, sempre per tentare di suicidarsi.

L'uomo aveva più volte dichiarato di temere per la sua vita, tanto da pretendere di stare da solo in cella.

E in ogni caso l'amministrazione aveva provveduto a togliere tutto ciò che potesse servire per tentare un suicidio, ma nonostante tutti gli accorgimenti possibili il detenuto è riuscito nel suo intento".

Capece e Battista Durante evidenziano poi, sempre a proposito del suicidio, come "nonostante i tanti tentativi dei sanitari, l'uomo rifiutava ogni tipo di terapia".

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