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Una minorenne giunta dalla Nigeria in Italia è finita nel vortice della prostituzione e in un incubo fatto di continue minacce e violenze.

Ma è riuscita a venirne fuori denunciando e facendo arrestare i suoi sfruttatori.

È accaduto a Castel Volturno, dove i carabinieri hanno fermato su ordine della Dda di Napoli un uomo ed una donna suoi connazionali con l'accusa di riduzione in schiavitù in concorso.

Nel comune casertano la mafia nigeriana gestisce varie attività illecite, dal traffico di droga alla prostituzione; un business quest'ultimo, alimentato dal continuo arrivo di ragazze minorenni dalla Nigeria, spesso rapite in patria o convinte a venire con il miraggio di una vita migliore; la minorenne ha dovuto pagare 35mila euro per raggiungere l'Italia.

Quando è giunta in Italia è stata sottoposta più volte a riti voodoo.

Ha raccontato di essere stata subito portata in strada a prostituirsi e di essere stata obbligata a consegnare quanto guadagnava per rientrare con il debito.

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Don Paolo Glaentzer resta ai domiciliari: il parroco di una chiesa del Fiorentino arrestato lunedì scorso, in flagranza di reato, e accusato di violenza aggravata su una bambina di 10 anni, non andrà in carcere.

 

Lo ha deciso il gip di Prato Francesco Pallini, che ha sciolto la riserva sulla misura cautelare da applicare.

«La scelta della misura cautelare degli arresti domiciliari è tecnicamente ineccepibile e ben motivata», ha commentato l'avvocato pratese Valeria Fontana, difensore del sacerdote, sorpreso con la bimba da due vicini di casa e bloccato subito dai Carabinieri.

Intanto vengono fuori altri particolari della storia della bambina, che sarebbe stata abusata dal prete: nel gennaio scorso, la procura per i minori del tribunale di Firenze aveva chiesto l'allontanamento dalla famiglia della piccola, richiesta allargata anche agli altri due fratelli.

Alla richiesta non seguì una decisione del giudice: sarebbe stato proprio il prete a chiedere che la bimba non fosse portata via ai genitori.

Come riporta il Corriere Fiorentino, sette anni fa il fratello maggiore della bambina sarebbe stato vittima di un episodio in qualche modo simile a quello vissuto dalla sorellina: il ragazzo, oggi ventiduenne, all'epoca dei fatti ne aveva 15 anni, venne trovato appartato con un adulto.

In mancanza di riscontri oggettivi l'indagine fu poi archiviata.

Don Paolo durante l'interrogatorio del 24 luglio davanti al pm avrebbe confessato di aver avuto incontri analoghi con la bimba «almeno altre tre volte», specificando poi che era sempre stata la piccola a prendere l'iniziativa: «Ignoravo l'età, pensavo che avesse qualche anno in più, tipo 14, 15 anni».

Ma la circostanza sarebbe smentita, secondo il gip, dal fatto che ha dichiarato di conoscere la famiglia da molti anni, da quando la bambina era poco più che una neonata. «Ho conosciuto questa famiglia circa dieci anni fa» avrebbe detto, «andavo una volta al mese a cena a casa loro».

L'uomo avrebbe anche affermato di aver aiutato la famiglia, gravata da problematiche sia economiche che sociali - tanto che i figli erano stati affidati ai servizi sociali -, e di aver donato loro circa 7mila euro nell'arco di una decina di anni.

Per il giudice, l'anziano avrebbe circuito la piccola approfittando dal suo ruolo di sacerdote e della conoscenza con la famiglia, iniziata diversi anni fa.

«Dal momento dell'arresto ad oggi ho pensato a quanto accaduto e mi rendo conto di aver sbagliato», ha detto il sacerdote davanti al gip.

Il gip Pallini, nell'ordinanza che dispone per don Paolo la misura della custodia cautelare ai domiciliari (nella sua abitazione in una frazione di Bagni di Lucca), afferma che il prete avrebbe potuto ancora abusare di lei: per il gip nei fatti confessati si dimostra «un pervicace radicamento dell'indagato in siffatte devianti e illecite modalità di condotta».

Sempre secondo quanto spiegato dal giudice, la scelta degli arresti domiciliari, rispetto a quella in carcere che era stata chiesta dall'accusa, è stata dettata dall'assenza del pericolo di inquinamento delle prove, tenuto conto che il 70enne ha confessato, fornendo la stessa versione dei fatti sia davanti al pm, il 24 luglio scorso, che in sede di interrogatorio di convalida davanti al gip.

Nella decisione hanno pesato poi l'avanzata età del prete e il fatto che sconterà gli arresti nel Lucchese, lontano dall'abitazione dove la vittima vive coi fratelli e i genitori.

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Con un semplice biglietto del treno pretendeva di imbarcarsi sull’aereo ma quando il personale dell’aeroporto ha cercato di fermarlo è scoppiato il putiferio.

Finiscono in ospedale due guardie giurate, un finanziere e un agente di frontiera.

È accaduto ieri mattina all’interno dell’aeroporto del Salento di Brindisi, davanti alla postazione d’imbarco.

Un uomo di 26 anni, originario del Burkina Faso, si è presentato al check pronto per l’imbarco su uno dei velivoli in partenza, peccato che tra le mani avesse un biglietto ferroviario.

Quando gli operatori gli hanno fatto notare che il titolo di viaggio non era quello previsto per imbarcarsi l’uomo ha cominciato a innervosirsi.

Le guardie giurate così lo hanno invitato ad allontanarsi e ad uscire dall’aeroporto.

In un primo momento il 26enne ha girato “i tacchi” e se ne è andato ma poco dopo ha tentato nuovamente di raggiungere il primo piano dello scalo brindisino da dove si ha accesso alle partenze. Immediatamente le forze dell’ordine presenti in aeroporto hanno cercato di fermarlo.

Erano, ancora, nel vano scala, quando è scoppiato il putiferio.

L’uomo si è scagliato contro gli agenti. Come una furia, con calci e pugni, ha tentato di divincolarsi per guadagnare la fuga. In pochi minuti è scoppiato il panico in aeroporto.

I viaggiatori presenti si sono spaventati, il 26enne ha dato in escandescenza urlando e scagliandosi contro gli agenti.

C’è voluto non poco per bloccare l’uomo che è stato ammanettato e portato in questura.

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