
A Milano scorrazzano ovunque i rider dei delivery food services, sempre più numerosi: c’è Sushimi, il sushi a portér, il colosso Deliveroo o ancora Just Eat.
Secondo recenti statistiche gli italiani hanno imparato a prediligere con sempre più frequenza i servizi di delivery food e il take away; soprattutto nelle grandi città, dove è praticamente impossibile trovare qualcuno che non li abbia provati almeno una volta.
A Milano, la città che sembra essere sempre un passo avanti rispetto alle altre in fatto di mode, la nuova frontiera sembra essere proprio quella del delivery food: qui il cibo buono viene cotto, ordinato e consegnato nella scatolina eco direttamente in qualsiasi punto della città si vuole. A casa, in ufficio o con gli amici.
Difficile quantificare i pony express del cibo, così come i servizi di consegna a domicilio che, lanciati o gestiti in Italia da giovani startupper o imprenditori dall’esperienza internazionale, hanno conquistato la platea meneghina.
Ma la cosa più interessante sta nel fatto che oggi a domicilio si consegna gourmet e per tutti i gusti: dimenticate pizze raffreddate e misteriosi intrugli cinesi!
I nuovi servizi di online delivery food permettono di ordinare il proprio pasto via app o browser consultando un menu digitale e ricevendo il tutto ovunque si voglia.
Certo, bisogna anche ricordare che la maggior parte di questi servizi è attualmente attiva solamente nelle grandi città. Le principali startup dedite all’online food delivery hanno preferito concentrare i loro primi sforzi tra le vie delle metropoli e così Milano si è trasformata negli ultimi anni nel terreno ideale per testare nuove soluzioni e proposte inedite.
Un esempio degno di nota è Sushimi.
Sushimi nasce dalla passione di un gruppo di giovani trentenni per il Sushi e la Japanese Cuisine, che al grido di «Piu Sushi Per Tutti», hanno deciso di dar vita a SUSHIMI. Molto più di un Sushi Bar, non il solito Sushi a domicilio Milano. Infatti Sushimi seleziona solo ed esclusivamente ingredienti freschi e di altissima qualità e si avvale di veri sushi chef esperti e preparati per fornire ai milanesi il miglior servizio di sushi a domicilio al prezzo più basso.
Secondo quanto affermato recentemente dalla Camera di Commercio, sono 117 le imprese della ristorazione milanese “dichiarate’’. Tra queste ci sono anche Just Eat e Bacchetteforchette, Deliveroo e Foodora, Foodinho e MyFood, con le loro centinaia di ristoranti partner. E la new entry Quomi, che fornisce ingredienti per un menu a scelta invece del piatto. Il capoluogo lombardo è la vera capitale del food delivery.
Il Delivery Food è un servizio mobile e completamente ordinabile da mobile oppure sul web, che ha un target compreso tra i 21 e i 44 anni, secondo i dati forniti da Google Analytics, cioè da chi visita il sito, hanno spiegato da Foodora, il marchio bavarese attivo a Milano da fine estate 2015. I numeri dei clienti e delle consegne sono sempre «top secret». Sia perché crescono esponenzialmente, «del 25% alla settimana», racconta Matteo Sarzana, general manager di Deliveroo Italia (origine londinese), sul mercato milanese da novembre, sia perché ai concorrenti meno si svela, meglio è. Ci sono i numeri dei fattorini: 300 tra Milano e Torino per Foodora, così come in città per Deliveroo. La danese Just Eat, invece, sbarcata sulla piazza meneghina ben prima dell’Expo, nel 2011, rilevando Clicca e Mangia, si affida a un partner specializzato: Pony Zero.
Strano paese è l’Italia. Carissimi amici lettori di Tirreno News, se oggi il Commissario Prefettizio di Amantea emanasse una circolare e inviasse un fax ai parroci delle varie parrocchie comunicando loro che per la Processione del Venerdì Santo che si svolge lungo le vie principali di Amantea dovranno pagare una tassa per occupazione di suolo pubblico come reagirebbero i parroci, i fedeli, i cittadini e i turisti che per l’occasione vengono numerosi ad assistere alla processione delle Varette, del Cristo morto, del Cristo in Croce e della Madonna? Scoppierebbe certamente una rivoluzione e il Commissario sarebbe costretto a lasciare il Municipio in fretta altrimenti sarebbe linciato. Mio padre, originario di Cannavina, emigrato in America all’età di 15 anni, due cose ricordava della sua terra natia: il mercato ortofrutticolo che si svolgeva alla “Chiazza” e la processione del Venerdì Santo. Nel suo portafoglio conservava con cura l’immagine dell’Addolorata. Questo che sto per raccontarvi è successo davvero a Roma, non è uno scherzo o una notizia inventata o come la chiamano oggi “una fake news”. E’ un caso eclatante che farà molto discutere, a Roma e nelle altre città italiane, dove in occasione del Venerdì Santo si svolgono le manifestazioni religiose. Il fatto curioso e strano è accaduto proprio a Roma dove risiede il Santo Padre e precisamente nel IV Municipio, zona Pietralata. Ancora Roma è salita agli onori della cronaca per il putiferio scatenato dalla incredibile e sconcertante notizia. All’improvviso spunta una tassa per le processioni religiose. Fatto senza precedenti violando perfino alcuni articoli della nostra Costituzione e il Concordato tra Stato e Chiesa. Il Comune di Roma chiede per i riti della Via Crucis una tassa di 86 euro più il canone di occupazione. Avete letto bene, amici lettori, la processione del Venerdì Santo che si svolge lungo le vie del quartiere sarebbe una occupazione di suolo pubblico equiparata ai gazebo dei bar.
Don Fabrizio Biffi, parroco di San Fedele da Signoringa a via Masula, con ironia ha risposto al fax arrivato in parrocchia, ma senza rinunciare ad alcune efficaci stoccate:- Non temete e non vi preoccupate perché la nostra parrocchia non farà richiesta per la processione. Ci disturba un po’ relegare una processione del Venerdì Santo ad attività commerciale, con occupazione di suolo pubblico. Anzi vi promettiamo che saremo attenti a non consumare ulteriormente le strade. Dopo le nostre processioni con tutti i danni che fanno le scarpe con il loro attrito,e con le preghiere che pesano sull’asfalto, come potremmo dormire sonni tranquilli? Complimenti, siete riusciti a eliminare il problema. Non facendo processioni, certamente ci saranno meno buche e voi avrete meno spese -. Come risponderebbe Padre Francesco ad una simile provocazione? Rinuncerebbe per quest’anno alla processione del Venerdì Santo per le vie principali di Amantea come sempre si è fatto sin dalla notte dei tempi? Non rinuncerebbe mai. Risponderebbe al Commissario con ironia facendogli notare che la processione religiosa non é assolutamente configurabile come occupazione di spazio pubblico, dato che i fedeli si limitano a percorrere una strada in un dato tempo. E come per tutte le manifestazioni si limiterebbe a darne comunicazione agli organi competenti e che hanno nella Costituzione Italiana una analoga garanzia. Nelle feste parrocchiali che prevedono l’uso di palchi sui sagrati delle chiese o sulle piazze, in questi casi si paga l’occupazione del suolo. Perciò cara Sindachessa e caro Presidente del IV Municipio, mettevi il cuore in pace, perché la Via Crucis si svolgerà regolarmente come previsto e non verrà pagata nessuna tassa per l’occupazione di suolo pubblico.
Il festival della canzone italiana è terminato da alcuni giorni e non si placano le polemiche innescate dalla esclusione dalla finale dei cantanti Gigi D’Alessio e Albano Carrisi.
I due cantanti non hanno nascosto la loro amarezza e il loro disappunto per l’eliminazione e la sonora e inaspettata sconfitta brucia ancora.
Come ogni anno il Festival di Sanremo alla fine ha lasciato degli strascichi vuoi per le polemiche innescate sul compenso del conduttore Carlo Conti, vuoi per i componenti della giuria di qualità e sull’accusa di plagio di Fiordaliso nei confronti di Fiorella Mannoia.
Gigi D’Alessio non si aspettava l’eliminazione prima di accedere alla serata finale e così ha voluto togliersi un sassolino dalle scarpe sfogandosi in una lunga intervista al settimanale “Chi”.
Ha accusato apertamente il Festival che quest’anno ha voluto far fuori cantanti esperti come lui e come Albano per far vincere ad ogni costo i giovani.
I vecchi sono serviti da esca per far fare audience.
Senza di loro il programma di RAI 1 non avrebbe mai raggiunto 11 milioni di telespettatori. Il cantante è davvero furioso e lo dice apertamente:-
Non sono rimasto contento nei confronti del sistema Sanremo -. Fiordaliso accusa apertamente la Mannoia perché la canzone presentata a Sanremo “Che sia benedetta” è un plagio.
Lo ha spiegato nella trasmissione televisiva Pomeriggio Cinque. Per lei la canzone seconda classificata è identica alla sua “Accidenti a te” composta dal famoso maestro Bigazzi e presentata al Festival di Sanremo nel 2002 classificatasi al nono posto.
Per quanto riguarda i componenti della giuria di qualità e la partecipazione di Greta Menchi le polemiche non si sono ancora placate.
La sua partecipazione ha scatenato un vero e proprio putiferio ed è stata molto criticata non solo perché è molto giovane ma anche perché non possiede una vera e propria cultura musicale. Avrebbe fatto meglio restarsene a casa e dare agli altri, più esperti di lei, la possibilità di partecipare come giurati al Festival.
La scelta di inserirla nella giuria di qualità accanto a nomi famosi ed esperti di musica ha fatto storcere il naso a molti telespettatori e ai cantanti esclusi dalla finale.
Anche Albano c’è rimasto male. Tutti sono rimasti stupiti a partire dalla platea dell’Ariston che ha accolto il verdetto tra boati e fischi.
Non se lo aspettava davvero.
E’ rimasto deluso ma non ha innescato nessuna polemica.
Sono scesi in piazza, invece, i suoi vecchi amici e sostenitori di Cellino San Marco i quali hanno inscenato un sit-in.
Uno di loro addirittura per protesta ha incominciato lo sciopero della fame.
Ma fra pochi giorni tutto si placherà e nessuno ricorderà le polemiche e le diatribe dimenticando perfino chi è stato davvero il vincitore della gara canora che dura da più di 67 anni.
Calerà il silenzio su Sanremo, i ricordi si affievoliranno e Gigi D’Alessio e Albano potranno continuare a cantare come hanno sempre fatto.
E ora noi possiamo anche andare al supermercato a fare la spesa e comprare il Dash.
La sera guarderemo la TV come del resto fanno tutti.
di Francesco Gagliardi