Riceviamo e pubblichiamo la nota di Filippo vairo:
L’altra domenica e nella mezza mattinata, mentre mi recavo al solito Bar, dove servono un ottimo caffé e mi ritrovo in buona compagnia (l’abbrivio non è mio e l’ho preso in prestito da un amico), sono stato verbalmente aggredito dal ragioniere del Comune, che non so se devo continuare a considerare mio amico. Talvolta, basta poco a rovinare un’amicizia di circa mezzo secolo. Ma se dovesse accadere, sarebbe il caso di interrogarsi sulla sua sincerità e quel poco sarebbe davvero tanto.
L’aggressore, solitamente gentile nei modi, si riferiva ad un mio recente scritto, Avviso ai naviganti, col quale avvertivo, per l’appunto, la giunta di limitarsi all’ordinaria amministrazione e ad evitare azioni clientelari, tra cui manomissioni di bilancio, che potrebbero alterare le prossime elezioni.
Ascoltavo parole forti, ma non capivo esattamente quel che stava accadendo, perché non pensavo che il mio aggressore fosse così prepotente, o forse perché ero già preso dal mio caffé.
Al culmine dell’aggressione, il ragioniere mi ha definito un Don Chisciotte, senza sapere di farmi un grande complimento, anzi al suo cavallo, Ronzinante, senza sapere di farmene due. Segno, comunque, che la citazione se l’era preparata da almeno una settimana e non aspettava altro che rovesciarmela addosso. Citazione per citazione, solo in quel momento ho capito di avere di fronte un cane (senza aggettivi al seguito), nella versione offerta da Calvino ne Il barone rampante: Lo sguardo dei cani quando non capiscono e non sanno che possono avere ragione a non capire. (Modestamente, questa citazione mi sembra più pertinente, ancorché raffinata). Mi è venuto, altresì, di pensare che se è bastata una mezza parola per farlo andare letteralmente in bestia, figuriamoci se dovessi dirne una famiglia di parole o se, per esempio, dovessi entrare nel merito di altre questioni. Perché non è sempre Natale e neppure Natalino.
Vorrei rassicurare Sabatino che non sono mai stato tra quelli (a quanto pare quasi tutta Amantea) che lo accusano di esercitare sopra le righe il suo ruolo di impiegato comunale. Una discussione che non mi ha mai appassionato, giacché ho sempre pensato che se c’è qualcuno che va oltre, ci sono sempre altri che glielo lasciano fare. Ed anche nella ricorrente polemica sul suo ruolo di comando, ho sempre sostenuto che il guaio di Amantea non era Sabatino, ma quegli amministratori incapaci di fare il loro dovere, tra cui commercialisti, direttori e impiegati di banca che per definizione dovrebbero sapere dove mettere le mani.
Vorrei far sapere al Rag. ed a chiunque fosse interessato che non desidero essere importunato per strada. Lo trovo volgare e fastidioso. Se qualcuno ha qualcosa da dirmi lo faccia per iscritto, così come faccio io, magari usando qualche algoritmo che mi farei decifrare, giacché la mia è una capa a righe. Per iscritto è meglio, anche per evitare scene penose da intriganti comare e quella perdita di tempo dei testimoni che non ricordano mai niente e ingolfano le aule dei tribunali.
Vorrei far sapere a chiunque fosse interessato che non sono mai stato uno che inizia per primo una polemica personale, tanto meno uno che porge l’altra guancia.
Vorrei far sapere a chiunque che sono più interessato ai programmi ed alle idee su Amantea che alle polemiche spicciole.
Mi fermo qui, perchè sono curioso di sapere come andranno a finire le litigate che sarò costretto a fare fino alle prossime elezioni comunali.
Nel frattempo, sono stato costretto a rinunciare al mio caffé e ingenuamente resto in attesa che dopo le elezioni me lo offra Sabatino che, però, non ho mai visto al Bar.
Auspice- ormai è una sana abitudine- l’editore Mannarino ,ecco un neofita che si affaccia sulla platea della cultura locale. Parliamo di Giuseppe Cicero, quarantasettenne amanteano, nato nel Quebec dove ha studiato fino ai 14 anni prima di rientrare in Italia. Divulgatore agricolo dell’Arsac. “Aforismi e poche parole” è la sua prima opera
Prima di avviarci alla sua lettura forse è utile ricordare che “un aforisma o aforismo (dal greco ἁφορισμός, definizione) è una breve frase che condensa - similmente alle antiche locuzioni latine - un principio specifico o un più generale sapere filosofico o morale”.
Poi ognuno esplica il tutto a proprio modo. O meglio legge questo significato come gli pare: ed in questo sta la forza dell’aforismo.
Per esempio , come peraltro ricorda l’autore, Karl Kraus affermava che «L'aforisma non coincide mai con la verità; o è una mezza verità o una verità e mezza».
Da qui la forte curiosità della ricerca “dell’al di qua o dell’al di là della verità” e la necessità di riflessione; il che, di questi tempi, è veramente difficile.
Dall’altra parte della barricata c’è chi sussurra che, al contrario, «Un aforisma non ha bisogno di esser vero, ma deve scavalcare la verità. Con un passo solo deve saltarla» (Detti e Contraddetti, Adelphi Editore).
Ed infine sembra utile ricordare Umberto Eco ed i suoi Aforismi "cancrizzabili" ( da granchio, cioè reversibile nel suo procedere) « L'aforisma cancrizzabile è una malattia della tendenza al wit, in altre parole una massima che, pur di apparire spiritosa, non si preoccupa del fatto che il suo opposto sia egualmente vero. »
Buona lettura, allora.
Forse quelle di Cicero sono aforismi “semplici” per quanto attenti al mondo intorno e profondi alle sue verità , ma non mancheranno di sorprendere. Provate per credere!
Sono diversi i nostri utenti che ci segnalano inefficienze nel sistema distributivo dell’acqua potabile, in particolare nella zona di Santa Maria e Colongi.
Gravi e perduranti inefficienze che non sembrano imputabili, come taluni pensano e dicono, ad abusi perpetrati da qualcuno( sempre possibili, comunque, visto il totale mancato controllo sui beni comunali e nella fattispecie sui pozzetti di derivazione, sempre aperti ed accessibili a chiunque del “mestiere”) , quanto ad una carenza tecnica della rete distributiva.
Ci riferiamo a serbatoi inidonei alle esigenze di uno sviluppo edilizio che cresce senza che si sia mai adeguata, livellata la rete di rifornimento alle esigenze degli abitanti della zona e tantomeno al suo possibile sviluppo urbano.
Ci riferiamo ad attacchi abusivi sulla rete che dovrebbe essere di solo trasporto fino al serbatoio e che è invece diventata di distribuzione.
Ci riferiamo all’edificazione abusiva o simil abusiva quale è quella permessa quando nella zona c’è una carente urbanizzazione preventiva e nel pieno dispregio delle normativa in materia di servizi.
Insomma di tutto e di più!
Come non lamentarsi se si resta insaponati sotto la doccia senza acqua? Come non lamentarsi quando poi il comune chiede canoni abnormi a fronte di un servizio insufficiente ed inefficiente? Come non lamentarsi quando poi si vede l’acqua andare a mare perché rifiutata dai serbatoi?
Ora esistono diverse possibilità. La prima è quella di una class action contro il comune, sorretta da una preventiva denuncia di una situazione simile. La seconda è una lettura politica della inefficienza tecnica che verosimilmente sembra sorretta o comunque garantita dal governo del paese ( come può essere diversamente possibile giustificare una siffatta situazione?). Una terza è chiedere una indagine su tutta la gestione dell’acqua . La quarta è ricordarsi di queste cose alle prossime elezioni, non solo sul lavoro della maggioranza, ma anche su quello della minoranza ( anche se riteniamo che prima delle stesse il problema sarà stato affrontato e risolto) .
Ed è per questo che lo ricordiamo. Perché sia risolto sul serio e senza più palliativi inutili.
Una domanda va posta, però! Ma davvero, in queste condizioni, è utile la gestione pubblica dell’acqua?
Staff Tirreno news