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Un tempo le stazioni di rifornimento di carburanti erano distribuite sia sulla Statale 18 che nel centro urbano

Poi, una dopo l’altra, quelle che insistevano dentro il centro urbano sono state spostate verso la statale 18 ed allontanate dal nucleo abitato

Ne era rimasta una soltanto quella di Via Dogana, la ERG Petroli spa, gestita da Giuseppe( peppino) Prati.

Ma ora anche questa viene smantellata

Amantea, quindi, perde un punto di distribuzione e tutto mentre il territorio urbanizzato si allarga.

Ma soprattutto Amantea perde l’unico impianto interno alla città

Quello che, in qualche modo, assicurava la possibilità per i ragazzi in ciclomotore di rifornirsi senza dover andare sulla statale 18, che tutti giudichiamo molto più pericolosa delle strade interne, in particolare quando l’arteria statale viene usata dai Tir e dai grossi autocarri che viaggiano dal nord al sud dell’Italia, e viceversa, e che la invadono a dispetto di ogni tolleranza d’uso.

E senza dimenticare che in questo modo Amantea perde un posto di lavoro

Ma chi ci guadagna- viene da chiedersi-?

Perché la pompa di benzina di via Dogana è stata chiusa?

Per ragioni di sicurezza, ci dicono.

Perché le leggi sono cambiate e le condizioni dell’impianto di via Dogana non rispettavano più e obbligatorie condizioni di sicurezza imposte dalla legge.

Una legge nata nel lontano 1995 quando con delibera del C.R. n. 584 venne previsto l'obbligo di definire con apposita delibera del Consiglio Comunale la localizzazione degli impianti stradali di

distribuzione carburanti.

Da lì un fiorire di leggi e circolari fino all’art 28 del Decreto legge 6 luglio 2011, n.98, convertito in Legge 15 luglio 2011 n.111, che ha disposto che le regioni entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto dovevano emanare indirizzi ai comuni per la chiusura effettiva degli impianti dichiarati incompatibili ai sensi del decreto del Ministro delle attività produttive in data 31 ottobre 2001.

Impossibile quindi salvarlo?

Forse si o forse no

Forse non interessava alla compagnia perché non più produttivo.

Forse non era un problema di sicurezza ma un problema economico

Guarda caso la legge 98 invocata ha per titolo “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria”.

Altro che sicurezza!

 

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Il processo sul Fiume Oliva continua in Corte d’Assise a Cosenza.

A presiedere il giudice Garofalo ed a latere il giudice Lo Feudo.

Come noto il processo per disastro ambientale ha 5 imputati tra cui l’imprenditore Coccimiglio di Amantea ed altre quattro persone proprietarie dei terreni risultati inquinati dopo analisi e carotaggi effettuati.

Nell’ultima udienza, difesa e pubblica accusa hanno concordemente ed opportunamente deciso di acquisire preliminarmente agli atti la documentazione tecnica, sulla quale sarebbero dovuti essere ascoltati i testi Dattola, Trozzo e Chiappetta, dell’Arpacal e Rosanna De Rose,consulente della procura di Paola.

La prossima udienza è fissata per il 22 giugno.

Tra le parti civili costituite in giudizio, ricordiamo, ci sono diversi familiari di persone decedute

per patologie tumorali contratte, presuntivamente, a causa dell’inquinamento ambientale, i comuni di Serra D’Aiello, S. Pietro ed Amantea; il ministero dell’Ambiente, la regione Calabria, la Legambiente calabrese, il Wwf, altre associazioni ambientaliste (Anpana, Vas, e Forum Ambientalista), la Cgil di Cosenza ed il Comitato Civico “Natale De Grazia” di Amantea.

Resta sempre meno spiegabile come sia possibile la costituzione tra le parti civili dei comuni che hanno riempito il letto del fiume dei propri rifiuti come dichiarato nella penultima sessione processuale riunione dal geometra del comune di Aiello Calabro, rifiuti sembra mai rintracciati durante le indagini , quasi fossero scomparsi, od intesi ricadenti tra quelli emersi dalle indagini condotte per conto della procura della repubblica di Paola

Per quanto l’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, abbia certificato che la valle è luogo in cui sono stipati veleni di ogni sorta, non c’è un dato un dato scientifico sulle cause, perché non è stato mai attuato il ripetutamente annunciato registro tumori e mai condotte analisi specifiche sulla popolazione della valle.

E resta sempre inspiegabile come mai le recenti analisi sulle acque dell’oliva abbia dato risultati positivi ( nemmeno colibatteri e colifecali) mentre alcuni anni fa di esse si concludeva la inutilizzabilità per uso umano, agricolo e zootecnico.

Le popolazioni del posto, sebbene oramai sfiduciate, attendono da troppi anni una parola di certezza sull’inquinamento e sulle responsabilità.

Giuseppe Marchese

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Forse le buche ( non solo buche ma tutto quello che crea pericolo a chi cammina ad Amantea) che sono presenti un po’ dappertutto sulle carreggiate e sui marciapiedi impedisce di alzare gli occhi e per questo non si vede lo stato di grave difficoltà nel quale verso il ficus di Via margherita e la palma della Chiesa matrice.

La palma ha le cime più meno alte curve verso il basso e ingiallite, segno evidente della mancanza di acqua e di concimazione adeguata.

Nessuno che la curi. Nessuno che le dia un pò di acqua ed un po’ di concime. Sopravvive grazie a se stessa. Ma non sappiamo fino a quando.

La palma poggia su un fondo verticalizzato che nemmeno raccoglie la poca acqua piovana che la natura somministra dal cielo

Il ficus di Via margherita che venne violentato da persona sconosciuta e che venne salvato da poche mani e pochissimi cuori versa anche lui un’altra volta in condizioni precarie. Se si alzano gli occhi infatti si nota che le foglie più in alto sono piccole e giallastre , segno che non hanno sufficiente acqua.

Due gli elementi da tenere in considerazione.

Uno il fatto che siano state tagliate inopinatamente le radici aeree che procuravano alimentazione aggiunta.

L’altro il fatto che nessuno la innaffi e la concimi. Peraltro anche il ficus ha un fondo verticalizzato che nemmeno raccoglie la poca acqua piovana che la natura somministra dal cielo.

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