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Due interventi:

1)Il primo del Circolo Territoriale Calabria di Unione Mediterranea:

Gioia Tauro, molti i punti da chiarire

Il porto di Gioia Tauro è una eccellenza. Un gioiello ricco di professionalità e di competenze, soprattutto nel settore della sicurezza del lavoro, che ne fanno il porto più sicuro d’Italia, il più grande e più attrezzato terminal per trasbordo del Mediterraneo, tanto da essere stato designato per fare da scalo ai container dell’arsenale chimico siriano. Tutto ciò per compiere quella che è stata definita dal ministro dei trasporti Maurizio Lupi “la più importante operazione di disarmo degli ultimi 10 anni”.

Tutto ciò ci onora. Ma ci indigna.

La notizia più eclatante della vicenda è infatti che il Governo italiano ha “confessato” che il porto di Gioia Tauro è il più adatto per questa operazione e che è un porto attrezzatissimo e sicuro. Come mai se ne accorgono solo ora? Come mai l’amico di Enrico Letta, il cercatore di funghi Claudio Burlando, ha vietato l’arrivo dei treni merci a Gioia Tauro quando era Ministro dei Trasporti? Come mai gli amici della Lega, che sono al Governo, continuano a sovvenzionare porti di serie B come Trieste, Livorno e Genova, togliendo soldi a quello di Gioia Tauro? E quando venivano commessi questi ennesimi torti nei confronti della Calabria dov’erano Lupi e Company? E come votavano in Parlamento i deputati e i senatori calabresi? Sarebbe bello avere un Governatore della Regione che approfitta di questa vicenda per obbligare il Governo a ripristinare il trasporto delle merci per ferrovia al porto di Gioia Tauro e per il completamento rapido della A3, arteria fondamentale per la movimentazione dei container a distanze più brevi, al fine di incrementare la movimentazione dei containers, considerato che nel porto ci sono tante persone costrette a fare turni di cassa integrazione.

Restano, tuttavia, alcune domande. Come mai i nostri politici locali si allarmano e minacciano di chiudere il porto solo ora, pur conoscendo che il trasbordo di sostanze chimiche è un’attività ordinaria all’interno del porto? Il territorio dal punto di vista delle strutture sanitarie è adeguatamente attrezzato per affrontare emergenze relative ai rischi legati a queste operazioni? Le minacce del Ministro di chiudere il porto se non si eseguissero le previste operazioni sono sufficienti a scatenare un atto di dignità e di ribellione fra gli amministratori e la popolazione, o dobbiamo sopportare ancora l’arroganza tipica del dominatore nei confronti dei sudditi?

Altra inquietante ed allarmante notizia riguarda la zona di smaltimento delle armi chimiche.

Sarà il Mediterraneo, il Mare Nostrum, già avvelenato dall’affondamento delle varie “navi dei veleni” (circa 30 negli ultimi 20 anni), a ricevere questo ennesimo carico della morte. Le sostanze chimiche, residue del processo di smantellamento delle armi, saranno inabissate tra Malta, Italia, Grecia e Libia, con un procedimento che lascia dubbioso anche il mondo della scienza circa gli effetti sugli organismi viventi, così come evidenziato dal Centro Nazionale di Ricerca Scientifica di Atene e del Politecnico di Creta.

Queste sono le domande che poniamo, legittime domande alle quali spetterebbero risposte esaustive. Il passato è sempre presente, non è la prima volta che lo Stato italiano non tiene in considerazione le nostri sorti. I tempi però sono cambiati ed ora vogliamo sapere cosa realmente succederà dopo la partenza della nave americana dal porto di Gioia Tauro. E vogliamo sapere cosa si cela dietro questo accordo, è un nostro diritto di cittadini europei, ma soprattutto di essere umani.

2)Il secondo di Iaconetti di Fare Ambiente Calabria

 “Se è vero quanto riferito da un Sindaco della Piana ieri l’altro alle telecamere del Tg 3 della Calabria edizione delle ore 07:30 e misteriosamente scomparso nelle edizioni successive, dichiara Antonio Iaconetti, coordinatore regionale di Fare Ambiente, la vicenda del transito delle armi chimiche fa assumere all’intera vicenda una connotazione ancor più grave ed inquietante. A dire di questo Sindaco la Calabria e, quindi, il porto di Gioia Tauro sarebbero stati scelti perchè, secondo le informative dei servizi segreti ( Italiani o Americani ?)  nella nostra regione la popolazione è .... . .più ragionevole e sottomessa, quindi meno incline a ribellarsi. Altro che pronti alla guerra civile !!!!! Viene legittimo, continua Iaconetti, pensare che tali affermazioni nascondano ben altro,  ovvero che apparati dello Stato, i Servizi, abbiano stretto un legame ben collaudato e saldo, e non da ora, con pezzi di potere oscuro radicati nella zona in cui ricade il porto di Gioia, che viene definita ad alta densità mafiosa.

Stiamo forse  assistendo alla riproposizione di un nuovo patto tra Stato e ambienti, per c.d. a limite della legalità??

Se così fosse, e la vicenda ben si presta a tale tipo di speculazioni, sarebbe cosa gravissima ed intollerabile.

Perciò, conclude Iaconetti, nei prossimi giorni chiederemo ai nostri deputati e senatori iscritti a Fare Ambiente di sollecitare i titolari dei dicasteri  competenti affinchè ci diano risposte chiare sulla sicurezza dell’intera operazione, in relazione alla quale, sia ben chiaro, siamo e restiamo fermamente contrari  ma che ci rassicurino, anche, che non ci siano patti perversi  tra apparati dello Stato e l’antistato.

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I presunti legami con massoneria, Banda della Magliana, Gdf e Servizi nel computer del commercialista Paolo Oliverio, arrestato con l’accusa di aver riciclato soldi della ’ndrangheta. «Condizionamento della Pubblica amministrazione attraverso ricatti, dossieraggio e finanziamento illecito della politica»

Farà rumore anche in Calabria il contenuto dell'archivio segreto di Paolo Oliverio, arrestato agli inizi di novembre con l’accusa di aver pilotato nomine e affari dell’ordine religioso dei Camilliani (da cui aveva ottenuto una procura speciale per la gestione degli appalti in Campania, Calabria e Sicilia), e commercialista di fiducia di esponenti delle istituzioni e uomini d’affari nonché – secondo l’accusa – «il “riciclatore” dei soldi della ‘ndrangheta e di alcuni esponenti della criminalità romana. Custode di numerosi segreti, come dimostrano le migliaia di file trovati nei suoi computer e nelle chiavette Usb sequestrate al momento dell’arresto. E adesso sono in molti a temere quello che ne verrà fuori. Anche perché il giudice delle indagini preliminari gli ha negato la scarcerazione proprio in attesa “dell’esito delle verifiche su questi legami” affidate dal pubblico ministero Giuseppe Cascini agli investigatori delle Fiamme Gialle guidati dal colonnello Cosimo De Gesù». Lo scrive oggi Fiorenza Sarzanini, firma di punta della cronaca giudiziaria del Corriere della Sera.

L'archivio, si legge nel dettagliato articolo, «svela i rapporti riservati con alti prelati, funzionari dell’intelligence, militari della Guardia di Finanza, imprenditori e politici».
«Riaffiorano prepotentemente i fantasmi di un passato che sembrava sepolto. Un passato fatto di ricatti, massonerie, imprenditori, faccendieri, pezzi delle istituzioni deviate, rapporti con la mafia – scrive Guido Ruotolo sulla Stampa –. C'è da giurare che questa inchiesta riserverà molte clamorose sorprese».  
«Se li aprite viene giù l’Italia», aveva detto lo stesso Oliverio al momento della cattura rivolgendosi ai militari che portavano via le sue apparecchiature informatiche. Tra le frequentazioni del commercialista si segnalano Paolo Berlusconi e Claudio Lotito, uomini d'affari come Lorenzo Borgogni, ex manager di primo livello di Finmeccanica, ma anche esponenti dei servizi segreti (secondo il gip che ha deciso di lasciarlo in cella, «l’indagato disponeva di un sistema software per le intercettazioni illegali») e politici: secondo i magistrati Oliverio avrebbe esercitato un «forte condizionamento della Pubblica amministrazione attraverso ricatti, attività di dossieraggio e finanziamento illecito della politica, grazie alla partecipazione nelle attività criminali dell’organizzazione di esponenti della ‘ndrangheta calabrese della banda della Magliana e di personaggi facenti parte di logge massoniche coperte oltre ad autorevoli prelati». Il riferimento – spiega la Sarzanini – «è ai contatti con il faccendiere Flavio Carboni e con il boss Ernesto Diotallevi che avrebbe concluso con il commercialista affari immobiliari da centinaia di migliaia di euro. Ma dagli atti processuali emergono pure i suoi legami con il parlamentare del Nuovo centrodestra Alessandro Pagano e con l’ex senatore pdl Sergio De Gregorio, sotto processo a Napoli per la compravendita dei parlamentari insieme a Silvio Berlusconi. Uomo di collegamento fra i due era Giuseppe Joppolo che curava i rapporti di De Gregorio con forze dell’ordine e forze armate e proprio per questo sarebbe entrato in contatto con Oliverio».

Corposo il capitolo del presunto dossieraggio di Paolo Oliverio: il suo computer conterrebbe infatti più di un «report» su personalità e affari, resoconti dettagliati che – analizza la cronista – alimentano «l’ipotesi che in alcuni casi Oliverio si sia prestato a svolgere il ruolo di informatore.  I documenti custoditi nell’archivio svelerebbero però che di ben altro calibro erano i suoi referenti nelle Fiamme Gialle tanto da poter orientare verifiche fiscali su imprenditori e grandi società. Ma anche poter influire sull’attività di ispettori di Equitalia».

L’inchiesta sui Camilliani svela anche dei legami in Vaticano, e secondo le informative allegate all’ordinanza Oliverio avrebbe «risolto» questioni economiche e personali di alcuni prelati – ottenendone poi qualcosa in cambio – e persino un caso di violenza sessuale che vedeva coinvolto un religioso: il commercialista avrebbe convinto la vittima a non presentare denuncia. (0070

http://www.corrieredellacalabria.it/stories/Cronaca/20251_larchivio_segreto_del_fiscalista_che_fa_tremare_la_calabria/

http://www.corriere.it/cronache/14_gennaio_07/parlamentari-boss-prelati-nell-archivio-segreto-fiscalista-a567a07e-7763-11e3-823d-1c8d3dcfa3d8.shtml

Ecco i file sequestrati a Paolo Oliverio

Il commercialista che avrebbe riciclato soldi della 'ndrangheta aveva un software per intercettare le comunicazioni

Le due sponde del Tevere non sono mai state così vicine. A fare da “ponte” è il commercialista Paolo Oliverio gestore degli appalti nel sud Italia dell’ordine religioso dei Camilliani ma anche uomo di fiducia per politici e uomini delle istituzioni. I suoi contatti, però, si sarebbero spinti ben oltre. Oliverio, romano di 48 anni, avrebbe riciclato anche fiumi di denaro della ‘ndrangheta calabrese. Custode di segreti inconfessabili, il nome del fiscalista capitolino era comparso negli ultimi scandali giudiziari. A lui, infatti, erano intestati alcuni bonifici effettuati dall’ex consigliere della Regione Lazio Maruccio (calabrese di origine). Ancor prima era stato sfiorato dalle inchieste sulla P3 e sul business eolico in Sardegna. Mai, però, le Procure erano riuscite ad accertare eventuali sue responsabilità. Almeno fino al novembre scorso quando è stato arrestato con l’accusa di sequestro di persona. Oliverio, insieme all’ex superiore generale dell’ordine dei Camilliani, Renato Salvatore e a due appartenenti alla Finanza, avrebbe impedito, con la scusa di un finto interrogatorio, a due confratelli dell’ordine religioso di partecipare alle votazioni per il nuovo superiore. Al clic delle manette ai suoi polsi una crepa si è aperta nel muro che fino a oggi aveva celato la complessa rete di amici e affari messa in piedi dal commercialista. Lui stesso nel giorno dell’arresto aveva commentato: “Viene giù l’Italia”. E ora che le indagini del pm della Procura di Roma, Giuseppe Cascini, raggiungono i primi risultati quelle parole suonano come una sinistra premonizione. La conferma arriva dall’ordinanza con cui il gip Paola della Monica ha respinto la richiesta di scarcerazione per Oliverio. «Le esigenze cautelari permangono immutate, in ragione sia di quanto va emergendo dall’assunzione di sommarie informazioni sia di quanto va emergendo dall’esame della documentazione, anche informatica, sequestrata. Si profilano, infatti attività di gestione di società, rapporti con l’amministrazione finanziaria, rapporti con persone del mondo dello spettacolo, che paiono prevedere il ricorso a pratiche quali la captazione non autorizzata di conversazioni, l’estorsione, l’intervento su procedure di controllo». Le parole del giudice si basano sui primi riscontri effettuati sul materiale sequestrato a Oliverio. Decine di file che la guardia di finanza sta esaminando con meticolosa attenzione, il gip ne cita soltanto tre, che bastano per lasciare pesanti ombre sull’attività del commercialista. Come quello indicato con il numero 000455. E’ denominato “cell.spy 334”: «Un documento in cui viene descritta la procedura per l’installazione di un software denominato “spyphone” su un cellulare Nokia, utile per procedere ad attività di intercettazione di comunicazioni». Ma c’è di più. Un altro file ha l’inquietante nome “estorsione F.N.”. Sembra quasi il “pizzino” scritto da un boss: «Attenzione F. state marciando male tu, Paolo Oliverio, R. e ancora l’amico avvocato R. e suo cognato lestofante. Se chiudete verifiche della Gdf illegalmente, e volete guadagnare solo voi state sbagliando. F. la tua vita è in pericolo se volete continuare i lavori in tranquillità e stare sereni dovete pagare 150.000 euro al mese. Per il pagamento riceverete istruzioni tramite la I.T.R. di cui l’amministratore è Paolo». L’ultimo documento che compare nell’ordinanza del gip romano riguarda Sabina Beganovic, l’attrice di origini tedesche conosciuta come “ape regina” vicina all’ex premier Silvio Berlusconi. Tra le carte sequestra a Oliverio c’è anche «un documento che riporta un apparente visto turistico rilasciato alla stessa Beganovic». Vaticano, politica, mondo dell’imprenditoria e dello spettacolo e criminalità calabrese, il caso Oliverio promette nuovi clamorosi sviluppi. Lo stesso pm nel fornire parere contrario alla scarcerazione del commercialista avverte che il quadro è «ben più ampio e allarmante».

http://www.corrieredellacalabria.it/stories/cronaca/20274_ecco_i_file_sequestrati_a_paolo_oliverio/

Paolo Oliverio, fiscalista finito nell’inchiesta sui Camilliani, lavorava anche per i servizi segreti. E a quanto pare per loro conto ha controllato Sabina Began. La storia è sul Corriere della Sera:

Numerosi dossier trovati nell’archivio segreto custodito in una pen drive e nel computer sequestrati a Oliverio al momento della cattura sarebbero stati preparati proprio per essere consegnati agli 007. Nell’elenco c’è anche la pratica relativa a Sabina Began, l’«Ape Regina » di Silvio Berlusconi. Nell’informativa allegata agli atti si parla del «file 000488 denominato “visto Sabina Beganovic”, documento che riporta un apparente visto turistico rilasciato alla stessa Beganovic».

Secondo alcune indiscrezioni si tratterebbe di appunti relativi a un’attività che sarebbe stata commissionata al fiscalista dai suoi referenti all’interno dell’Aisi. Chi decise di mettere sotto controllo la «preferita» del presidente del Consiglio? Il Copasir ha chiesto di sapere chi abbia proposto Oliverio al vertice dell’intelligence e chi fossero i suoi referenti, la natura degli incarichi a lui affidati e soprattutto la portata delle informazioni date e ricevute. Domande che nei prossimi giorni potrebbero porgli anche gli inquirenti.

http://www.giornalettismo.com/archives/1293913/paolo-oliverio-il-fiscalista-che-lavorava-per-i-servizi-segreti/

Paolo Oliverio venne fuori anche in occasione dell’arresto del Superiore dell’Ordine dei Camilliani.

Padre Salvatore fu riconfermato il 13 marzo ad Ariccia. Sei in carcere, il regista dell’intrigo è vicino a Flavio Carboni

ROMA - Per ottenere la riconferma alla guida del misericordioso Ordine, non ha esitato a far sequestrare per l’intera giornata due sacerdoti che avrebbero dovuto partecipare all’elezione. Solo così, “sottraendo” quei due voti rivelatisi decisivi al suo antagonista, padre Renato Salvatore, 58 anni, era riuscito a farsi riconfermare Superiore generale presso l’Ordine dei Ministri degli Infermi (noto come l’Ordine dei Camilliani, dal fondatore San Camillo De Lellis) lo scorso 13 maggio 2013, data-simbolo per la Chiesa (apparizione di Fatima). Ma quella votazione, adesso, è finita nella bufera: la Guardia di finanza di Roma, nell’ambito delle indagini condotte dal Gico e dalla Direzione Distrettuale Antimafia, ha arrestato lo stesso padre Renato Salvatore assieme ad altre cinque persone.

LA FINTA AUDIZIONE - Al centro dell’inchiesta figura Paolo Oliverio, commercialista e fiscalista, noto alle cronache giudiziarie per essere a più riprese apparso in scandali finanziari dai quali è sempre uscito senza condanne. L’accusa è di aver ideato una raffinata macchinazione: il “composito gruppo criminale”, spiegano in una nota le Fiamme gialle, aveva “organizzato ed eseguito una finta audizione nei confronti di due chierici, connessa a inesistenti indagini di polizia giudiziaria nei loro confronti, in tal modo impedendo loro di recarsi a votare il 13 marzo presso la Casa del Divin Maestro, ad Ariccia (Roma)”, dove era allestito il seggio. Il reato contestato per tutti è sequestro di persona in concorso, e di conseguenza sono state emesse le sei ordinanze di custodia in carcere.

PRESUNTO MANDANTE - Padre Renato Salvatore è una personalità nota nella Chiesa. Abruzzese di nascita, era arrivato alla guida dei Camilliani nel 2007, succedendo a padre Frank Monks. Ordinato presbitero nel 1983, dopo il dottorato in teologia morale padre Renato concentrò impegno ed energie in svariati campi del ministero camilliano: è stato cappellano, responsabile della casa di formazione della provincia romana, parroco nella Basilica di San Camillo, nonché docente presso il Camillianum e l’Università Lateranense. Per alcuni anni è stato anche il rappresentante del Pontificio Consiglio per la pastorale della Salute presso l’Oms a Ginevra. Ora, l’onta dell’inchiesta giudiziaria e del carcere con l’accusa di aver partecipato a un doppio sequestro pur di non perdere carica e potere d’influenza nelle alte sfere ecclesiastiche.

IL REGISTA - Gli investigatori del Gico e della Dda si sono concentrati sul ruolo avuto nell’intrigo da Paolo Oliverio, 47 anni. Il commercialista con fama di prestanome è stato coinvolto in passato nelle indagini sull’ex consigliere Idv della Regione Lazio Vincenzo Maruccio (arrestato un anno fa per distrazione di ingenti somme, che firmò numerosi bonifici a suo favore), in quelle sulla P3 e sull’eolico in Sardegna, relative al sistema finanziario facente capo al faccendiere Flavio Carboni (“con cui l’Oliviero vantava frequenti contatti finanziari e personali”, spiega ancora la Guardia di finanza), e infine nella più remota inchiesta su conti correnti “gestiti in Liechtenstein per conto di Renato Squillante e Attilio Pacifico”. L’interesse odierno di Oliverio a mantenere un “rapporto privilegiato” con padre Salvatore, invece, secondo gli investigatori aveva un preciso tornaconto: confermare il proprio potere nella gestione di alcuni nosocomi diretti dai Camilliani, tra i quali quello di Casoria, nel Napoletano. Oltre agli arresti sono state eseguite numerose perquisizioni, alcune delle quali ancora in corso

http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/13_novembre_06/intrigo-nell-ordine-camilliani-f753ad88-46ee-11e3-a177-8913f7fc280b.shtml

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Tutti i ministri venezuelani hanno presentato le dimissioni al presidente Nicolas Maduro "per facilitare il rinnovo del governo in questo nuovo anno appena iniziato". Lo ha reso noto lo stesso Maduro su Twitter.

Dietro al gesto c'è l'emozione per l'omicidio dell'ex Miss Venezuela, che ha acuito l'emergenza nazionale su sicurezza ed economia. ''Ringrazio tutti i ministri per lo sforzo e per la lealtà dimostrate in questi tempi di Rivoluzione. Chavez vive! La Patria continua!'', ha aggiunto Maduro sul social network.

L'annuncio del presidente venezuelano - viene sottolineato da più parti - arriva in un momento di grande commozione nazionale, provocata dal recente, brutale assassinio dell'ex regina di bellezza, Monica Spear Mootz, e di suo marito, Thomas Henry Berry, durante una rapina.

L'episodio ha riacceso i riflettori sul tema della sicurezza, una delle maggiori sfide del Paese sudamericano, tra i più violenti del mondo per tasso di omicidi. Esecutivo e opposizione hanno così deciso di unire le forze, aprendo un gabinetto di crisi per predisporre un piano di emergenza contro la criminalità, dilagante.

In nove mesi al potere, Maduro ha poi dovuto fare i conti con un'evidente crisi economica interna, culminata in un'inflazione che ha raggiunto il 56% nel 2013. (ANSA)

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