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cessoEnnio Flaiano, famoso scrittore romano, era ottimista quando diceva che la linea più breve fra due punti da noi è l’arabesco. Dimenticava o non vedeva che molte di queste linee convolute non arrivano mai al punto B: disegnano un arabesco che non porta da nessuna parte e quello diventa il ritratto esatto di questa Calabria e dei suoi abitanti. “Un uomo qualunque” è il ritratto di un uomo mediocre e paranoico, alienato (parla con un pesce del suo acquario) e in difficoltà con i suoi simili e con la vita. 

Se non si riuscirà a capire almeno questo, resteremo per sempre prigionieri dentro il labirinto inconcludente del nostro arabesco meridionale, schiavi di quei notabili mediocri che da sempre mandiamo in giro fra gli scarni del parlamento nazionale e di quelli del parlamento europeo. Uomini vuoti e mediocri, spacciatori dei loro sacchetti di peperoncino, al posto del Viagra, o direttori di una banda musicale dentro gli ingranaggi della macchina del Potere. Personaggi che la mia macchina da presa rincorre mentre mi affanno a capire se la continua sensazione di pericolo che mi tormenta sia percezione concreta oppure frutto di feroci proiezioni mentali.

Mi ritrovo davanti ad un incrocio e chiedo a me stesso di scegliere quale strada scegliere. Scegliere da che parte stare. Scegliere tempi e spazi dell’agire , naturalmente. Ma scegliere tante altre cose, scegliere con chi e per andare dove. Scegliere l’abito, scegliere i gesti, scegliere i silenzi, scegliere i sessi, scegliere lo stile, scegliere di includere, scegliere di lottare, scegliere di rinnovare, scegliere di scontentare, scegliere di farsi da parte. Scegliere le parole e scegliere il tempo. Sono solo alcune delle scelte che la persona dovrà compiere se ambisce a rappresentare qualcosa di più della propria conservazione e della propria sopravvivenza.

Scegliere le parole e scegliere il tempo. Per secoli ormai, la persona umana non ha scelto, o ha scelto di non scegliere: si è nascosta in stanchi rituali o, peggio ancora, ha pensato di trovare la propria essenza nel realizzarsi unicamente come una debole controparte ad un sistema oppressivo e dominante come quello che si sta vivendo in questo momento. Un presente metamorfico, un conflitto esclusivo ai vertici di interessi e di relazioni apparentemente contrapposti. Una storia raccontata dal pensiero dominante. Da una parte l'establishment, la finanza, dall’altra gli individualisti, gli arrampicatori, i profeti, i riciclati e riciclabili e quelli, e sono tanti, non più necessari. Non esiste più un blocco sociale compatto, ma un mondo sconosciuto e frammentato.

Scelte che si correlano con uno status quo immobile, con il mantenimento dell'equilibrio e con la promozione della "profondità dell'esperienza". A tutto questo si contrappone l’ignoto, l’inesplorato, il dinamismo, il non bilanciato. Tutte cose, queste ultime, non molto gradite alla persona pacata con una forte avversione al nuovo e al rischio, cosi tipicamente e umanamente conformista. Molte di queste persone neanche soffrono la perdita di tante opportunità, semplicemente perché neanche le cercano e, quel che è peggio, raramente riescono a scoprire come sarebbero andate le cose.

Per ampliare la propria conoscenza, l'uomo dovrebbe allontanarsi da tutto ciò che gli è noto e ricercare nell’ignoto. Può scegliere, quindi, se diventare un esploratore o se barcamenarsi lungo le strade tracciate da altri e far parte dei milioni di "mangia cake" come efficacemente vengono definiti dagli italocanadesi. Sta arrivando il gelo dovrei, forse, cercare un riparo. Con un po’ di fortuna forse troverò ospitalità in qualche rifugio lungo questo a me sconosciuto sentiero. Ma quando arriverà il gelo? E quanto intenso sarà? Come sopravviverò alle rigide temperature invernali? Le paure si stanno avvicinando ad una velocità folle, come un branco di cavalli imbizzarriti spinti da un potere oscuro. Quale sentiero sarà meglio scegliere? Quello intricato, ombroso, poco battuto ma più affascinante, oppure quello più sicuro, luminoso, ben segnalato ma più noioso?

Oggi, decidere che la cosa migliore nell’ambito della propria vita sia di fare un passo indietro o almeno a lato sembra diventato un gesto molto difficile, sempre meno concepibile prima ancora che realizzabile: ciascuno pensa immediatamente alla quantità di svantaggi che questa decisione comporterebbe, senza riuscire a immaginare alcun vantaggio immediato.

Gigino A Pellegrini & G elTarik

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bandiera pd 444Per far vivere il Partito Democratico il Segretario Elly Schlein, eletto 8 mesi fa, dovrebbe lasciare il partito, perché fino ad oggi è stato incapace di esprimere una linea politica, non ha nessuna esperienza. Oggi il P da lei retto è un partito fantasma, un partito che non esiste. Chi ha scritto queste cose non è un Deputato o un segretario di un partito della maggioranza di governo, non è Giorgia Meloni o Capezzone, Del Pietro o Porro, è Piero Sansonetti, un comunista incallito, l’attuale Direttore del giornale “Unità”, organo ufficiale del defunto Partito Comunista Italiano, giornale fondato da Antonio Gramsci. Elly Schlein dovrebbe subito dimettersi perché finora la sua segreteria non ha prodotto nulla. Per Sansonettiil Pd è un partito fantasma. In otto mesi il segretario Schlein ha combattuto una sola battaglia e l’ha persa. E’ quella del salario minimo, iniziativa di Conte e del Movimento 5 Stelle. Su tutto il resto è stato un susseguirsi di silenzi e di dichiarazioni contorte e incomprensibili. E’ stata finanche richiamata da Lilly Gruber durante una intervista sulla TV 7:- Ma chi la capisce se lei parla così -. E Giovannini ha rincarato la dose:- Non dice una parola chiara, questo è il limite della sua segreteria-. Sa solo attaccare Giorgia Meloni e il suo governo annunciando una grande manifestazione a Roma l’11 novembre sulla sanità, sui salari, sulla casa. L’apice della non esistenza è stato raggiunto in questa settimana. C’è la guerra, si combatte in Ucraina, nella Striscia di Gaza, si discute ovunque, talk show nelle reti televisive Rai e private, in tutte le città del mondo si svolgono grandi manifestazioni per chiedere il cessate il fuoco, si invoca a gran voce la pace, bandiere dell’arcobaleno sventolano negli edifici pubblici e persino nei campanili delle chiese, si parla dei diritti dei Palestinesi e degli israeliani, si parla di antisemitismo e di antisionismo, si ricorda la Shoah e gli otto milioni di ebrei morti nei lager nazisti, e il Pd cosa ha scelto? Il silenzio. Silenzio assoluto ha scritto Sansonetti nel suo editoriale del 7 novembre. E Sansonetti fa l’elenco: Silenzio sulla scuola, sul welfare, sulla giustizia, sull’accoglienza ai migranti, sul fisco. Il danno che sta facendo la Schlein è enorme. Lasci il Pd per farlo vivere. Cara Schlein, il tempo è finito: ridacci il Pd che serve all’Italia. E se lo diconoSansonetti e l’Unità dobbiamo crederci. E’ una bordata da sinistra, dove fa più male. Il Direttore Sansonetti si allinea alle critiche del Governatore della Campania Vincenzo De Luca il quale liquida l’esperienza della Schlein come un tentativo di togliere potere ai vecchi marpioni del Pd, a tutti i principali responsabili del disastro elettorale, ma poi sono tutti lì. Ci sono quelli che hanno governato per 15 anni. Quelli che hanno fatto parte della segreteria. Quelli che sono stati al governo senza nessun merito. Ci sono i vecchi marpioni e capicorrente. Sono tutti lì. Non ha avuto il coraggio politico di rifiutare i loro appoggi, di prenderne le distanze, in nome della propria autonomia. Povera Elly Schlein, pensava di aver guidato lo sbarco in Normandia.

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pugnoOggi, purtroppo, non ci occuperemo di guerre, di manifestazioni in Piazza contro o a favore di Israele o della Palestina, ma di un fatto di cronaca angoscioso che ci dovrebbe fare riflettere a lungo. Troppe, davvero troppe aggressioni si stanno verificando nelle nostre scuole e tra i banchi di scuola. La violenza nelle scuole è un dato di fatto ed è urgente prendere dei severi provvedimenti. Molestie, intimidazioni, cyberbullismo, minacce, aggressioni sono all’ordine del giorno. Oggi ci dobbiamo occupare di un caso di violenza, l’ultimo episodio accaduto in una scuola alberghiera della Sardegna dove un papà di uno studente ha aggredito un professore sol perché aveva redarguito il figlio, il quale continuamente disturbava la lezione. Il ragazzo, un 16 enne, era stato rimproverato dal professore. Ci sarebbe stata una discussione e poi una lite fra i due. Il ragazzo non solo avrebbe risposto al rimprovero del professore, ma lo avrebbe insultato e poi sarebbe fuggito dall’aula scolastica. Avrebbe avvertito il padre, il quale subito si è precipitato nell’istituto alberghiero frequentato dal figlio. Ha affrontato il professore, lo ha minacciato e poi sono venuti alle mani. Sul posto sono intervenuti i carabinieri che hanno sedato la rissa. Sia il genitore che il Prof. sono finiti al pronto soccorso per le ferite riportate. Ora, però, il genitore rischia una denuncia per lesioni, violenza e resistenza a pubblico ufficiale. Questo che vi ho raccontato, amici, è solo l’ultimo di una lunga scia di episodi che vedono i nostri insegnanti troppo spesso bersagli di aggressioni e vessazioni. Ma perché accadano nelle nostre scuole fatti del genere? Perché è mutato l’atteggiamento dei genitori verso gli insegnanti. Una volta quando uno studente veniva rimproverato a scuola dagli insegnanti, la famiglia non prendeva la difesa del figlio, ma si schierava in blocco dalla parte dell’insegnante. E non solo, quando il figlio arrivava a casa subiva reprimende e anche botte da parte dei genitori. Io ho insegnato nella scuola italiana per 40 anni e non ho mai subito aggressioni né da parte degli alunni né da parte dei genitori. Sono stato davvero un maestro fortunato. Nessuna violenza subita. Nessuno insulto. Nessuna aggressione fisica. Qualche contestazione l’ho avuta nelle scuole di Cosenza all’inizio dell’anno scolastico. Gli alunni dovevano rispettare l’orario, non dovevano buttare carte per terra, non dovevano imbrattare i muri dell’aula, non dovevano mettere i piedi sui banchi. Gli alunni, tutti gli alunni, dovevano entrare in classe alle ore 8,20 perché io dovevo iniziare la lezione in orario alle ore 8,30. Gli alunni che entravano in ritardo venivano rimproverati, ma la colpa era dei loro genitori che non rispettavano l’orario. All’inizio hanno protestato, si sono lamentati col Direttore Didattico, ma poi hanno capito che io avevo ragione e poi è nata una collaborazione vera, sincera, fruttuosa fra scuola e famiglia. Ora a distanza di parecchi anni quando i genitori dei miei marmocchi mi incontrano a Corso Mazzini non solo mi salutano, mi abbracciano con affetto e mi dicono finanche grazie per l’educazione che sono stato capace di impartire a loro e ai loro figli.

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I Racconti

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