Napoli - Quattro militari della Guardia di Finanza del Comando provinciale di Napoli sono stati arrestati stamani dai finanzieri del Gico (Gruppo d'investigazione sulla criminalità organizzata) nell'ambito di un'inchiesta della Procura di Napoli. I quattro finanzieri sono accusati di corruzione. Le indagini sono state condotte dai pm Filippelli, Sincero e Giordano.
Le indagini eseguite dal Gico e coordinate dalla Procura di Napoli, che hanno portato stamani all'arresto dei quattro finanzieri del comando provinciale di Napoli, sono scaturite casualmente, durante una inchiesta condotta dalla Dda. I quattro militari della GdF, accusati di corruzione, avrebbero intascato delle mazzette per evitare di denunciare reati fiscali accertati durante dei controlli.
Sono stati posti agli arresti domiciliari i quattro sottufficiali della Guardia di Finanza di Napoli accusati di corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio nell'ambito di un'inchiesta della sezione economica della Procura della Repubblica di Napoli. Secondo quanto emerso dalle indagini, il titolare di un impianto di distribuzione di carburanti avrebbe consegnato 8000 euro in contanti e promesso tre televisori ai sottufficiali che avrebbero così consentito all'uomo di proseguire nella sua attività applicando un sequestro solo parziale dell'impianto, risultato non conforme alla normativa posta a tutela della corretta erogazione degli oli minerali.
I pubblici ufficiali destinatari delle ordinanze cautelari - in tutto sette - sono anche gravemente indiziati del delitto di falsità ideologica in atto pubblico perché hanno attestato la presenza in servizio mentre in realtà erano impegnati per motivi di carattere strettamente personale. E devono rispondere anche del delitto di truffa in danno dello Stato: secondo quanto sottolinea il procuratore aggiunto della Repubblica di Napoli, Fausto Zuccarelli, hanno indotto in errore la pubblica amministrazione sulla loro effettiva presenza in ufficio così continuando a percepire gli emolumenti loro spettanti Il Mattino
“I genitori ultra 65enni di immigrati stranieri arrivati in Italia per ricongiungimento familiare avranno diritto all'iscrizione al servizio sanitario nazionale grazie a una sentenza pronunciata oggi dal Tribunale del Lavoro di Milano, che ha anche condannato per comportamento discriminatorio i ministeri della Salute, del Lavoro e delle Finanze. A rivolgersi ai giudici attraverso diverse associazioni (Naga, Asgi, Avvocati per Niente e Anolf Milano, legata alla Cisl) sono stati sette immigrati, dal Marocco ai paesi dell'est europeo, che, come tutti gli over 65 coi loro requisiti, non avevano accesso alla sanità pubblica per la mancata attuazione di un decreto ministeriale previsto dal Testo Unico in materia di Immigrazione.
Questa norma prevedeva che il ministero della Salute, di concerto con quello del Lavoro e dell'Economia, stabilisse per decreto l'importo da versare da parte degli stranieri di oltre 65 anni per l'iscrizione volontaria al sistema sanitario nazionale. In assenza di questo decreto, si erano date da fare autonomamente le amministrazioni di Emilia Romagna e Veneto che avevano determinato un costo forfettario per consentire agli anziani stranieri di avere accesso ai servizi sanitari. La Lombardia invece non aveva provveduto.
Senza questo decreto, per gli over 65 era praticamente impossibile ricevere prestazioni sanitarie perché nessuna compagnia assicurativa si era dimostrata disponibile ad assicurare persone mature emigrate in Italia, peraltro spesso affette da patologie. Ora, il giudice del lavoro Marco Lualdi ha dichiarato "la natura discriminatoria della condotta tenuta dai ministeri resistenti consistita nella mancata adozione dei decreti previsti dall'articolo 34 del Decreto legislativo 286/1998".
Così, ha ordinato alla Lombardia "di rendere possibile l'iscrizione al sistema sanitario nazionale dei soggetti ricorrenti a fronte del versamento di un contributo forfettario annuale e non frazionabile, in analogia con quanto già disposto da Veneto ed Emilia Romagna pari a 387 euro". In sostanza, la somma che dovranno versare sostituisce i contributi non versati da queste persone che non hanno lavorato e pagato le tasse in Italia.”Italiaoggi
Praticamente ora lo stesso diritto lo avranno anche gli italiani; basta avere un familiare in Italia, emigrare all’estero e fare istanza per ricongiungimento familiare e pagare 387 euro!
La strategia tutto sommato era semplice, ma forse, alla lunga, non molto efficace: si appostavano dov'era più facile che gli automobilisti commettessero infrazioni, li multavano con sanzioni alte, facevano pagare in contanti al comando garantendo che in questo modo avrebbero evitato la perdita dei punti o il ritiro della patente. Poi però verbalizzavano una sanzione più bassa e intascavano la differenza. Per i tre vigili di Arconate arrestati a settembre di un anno fa, il caso è chiuso: il pubblico ministero Ferdinando Esposito ha chiuso le indagini.
Tanti i reati di cui sono stati accusati l'allora comandante, Pierangelo Valorio, 40 anni, e i due agenti Massimo Castrucci e Christian Festa, 33 e 31 anni: associazione a delinquere, peculato, truffa, abuso d'ufficio, falso ideologico e materiale, soppressione di documenti. Per Valorio, la procura ravvisa anche la concussione: l'ex comandante avrebbe costretto un commerciante cinese a pagare più di quattromila euro per evitare controlli sul suo laboratorio tessile. Tra l'agosto 2010 e il settembre 2011 il gruppo avrebbe sottratto alle casse comunali circa 25mila euro con verbali che documentavano sanzioni anche di 500 euro che poi arrivavano alla tesoreria comunale contraffatti -- in modo da riportare multe di meno di cento euro -- o addirittura fatti sparire.
Partendo dalla denuncia di un cittadino, le indagini dei carabinieri di Legnano hanno ricostruito il modus operandi dei vigili: «Gli operanti, posizionandosi prevalentemente in luoghi dove era più probabile l'accertamento delle infrazioni, fermano il trasgressore, redigono verbale di accertamento, evidenziano i punti patente da decurtare e le eventuali sanzioni accessorie (ritiro patente o carta di circolazione), invitando il contravvenzionato a pagare al più presto in contanti e presso l'ufficio della polizia locale». Facendo intendere che in questo modo «si sarebbe potuto evitare la decurtazione dei punti o il ritiro della patente».
In certi episodi, hanno verificato gli investigatori, erano gli stessi vigili a indicare il bancomat più comodo per prelevare e pagare l'infrazione. «In qualche caso -- si legge ancora nella richiesta del pm Esposito -- il documento di guida o circolazione viene trattenuto sul posto dal vigile che, avuta conferma del pagamento tramite comunicazione telefonica o dopo aver visionato la ricevuta, lo restituisce all'avente diritto».