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Il problema del riposo impedito dall'eccesso di rumore notturno è una cosa seria. Eccovi una interessante sentenza della cassazione relativa ad un Vigile che pur richiesto di far ottemperare l'ordinanza sindacale sul rumore non interviene e viene assolto.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 16 maggio – 26 giugno 2013, n. 27905
Presidente Di Virginio – Relatore Di Stefano

Motivi della decisione

La Corte di Appello di Ancona confermava in punto di responsabilità, riducendo la pena, la condanna di G.P. , agente di polizia municipale di (omissis) , perché, in servizio la notte tra il (omissis) in occasione di una serata di pubblico intrattenimento presso "villa (…)", pur a conoscenza dell'ordinanza sindacale che imponeva per tale evento la progressiva riduzione delle emissioni sonore sino alla cessazione dei rumori dalle 23:00 in poi, nonostante l'evidente superamento dei limiti di tollerabilità delle emissioni sonore e pur se i residenti della zona gliene facevano richiesta, ometteva di intervenire per la cessazione della commissione del reato di cui all'articolo 659 cod. pen.

Contro tale sentenza G. ha proposto ricorso personalmente.

Con il primo motivo deduce l'insussistenza del reato, la violazione di legge ed il vizio di motivazione.
Rileva che la ricostruzione dei giudici di merito non corrisponde al contenuto delle prove raccolte, ma che queste ultime sono state travisate. Deduce inoltre che il collegio non ha valutato compiutamente gli elementi di prova né ha dato risposta adeguata alle sue deduzioni in sede di appello, sviluppando una motivazione complessivamente illogica. Trascrive stralci delle dichiarazioni raccolte nel corso della istruttoria dibattimentale a sostegno del proprio assunto.
Esclude la possibilità, nella sua semplice qualità di agente di polizia municipale, di svolgere la attività che avrebbe omesso in quanto soltanto il questore ha il potere di sospensione di una licenza per motivi di ordine pubblico.

In ogni caso non è stata provata la consapevolezza della doverosità del comportamento non avendo il ricorrente avuto conoscenza dell'esito degli accertamenti tecnici.

Con secondo motivo deduce la violazione di legge in ordine alle statuizioni civilistiche per mancanza di prova del se e del quanto dei danni, rilevando che la sua condotta non aveva provocato alcun danno alle parti.

Con terzo motivo deduce il vizio di motivazione e la violazione legge in relazione al reato di cui all'articolo 659 cod. pen.. Svolge quindi argomenti in merito sulle modalità di misurazione dei rumori.
Con quarto motivo contesta la ordinanza del giudice di primo grado, già impugnata in sede di appello, che riduceva il numero di testimoni a difesa.

Il ricorso è fondato

Secondo la motivazione dei giudici di merito la condotta rilevante del G. è stata che: egli nella sua qualità di Agente della Polizia Municipale di (OMISSIS) era presente, la notte della festa, nelle vicinanze di Villa (…) per ragioni di servizio e che fu richiesto, ripetutamente ed in modo pressante, dai residenti di intervenire per far cessare le musiche assordanti che da lì provenivano.
Il G. a fronte di tali insistenti richieste di intervento mantenne sempre un atteggiamento di silente inerzia rimanendo a braccia conserte e senza fornire alcuna spiegazione riguardo alla sua condotta omissiva".
Invero emergono dal testo delle dichiarazioni testimoniali, allegate al ricorso nel rispetto del principio di "autosufficienza", le ragioni che giustificavano l'apparente inerzia del G. , ragioni peraltro pur considerate dalle sentenze di merito che non ne hanno però tratto adeguate conseguenze.
Dalla ricostruzione in fatto risulta che per un ampio arco di tempo della serata in questione non vi fu alcun intervento, né del ricorrente né delle altre forze dell'ordine intervenute, perché i responsabili dell'evento "serata danzante" rispettassero gli obblighi in tema di emissioni sonore. Ed è proprio dalle dichiarazioni rese dai carabinieri che alla fine, ma solo dopo le tre di notte, decisero di intervenire imponendo la riduzione del rumore, che risulta chiara la ragione per la quale, alle date condizioni, non appariva possibile un intervento per il rispetto della citata ordinanza sindacale e, comunque, per ottenere la cessazione dei rumori prodotti:

il Brigadiere S. ha spiegato come, in ragione del gran numero di persone presenti all'interno di Villa (…), e nel particolare contesto della festa, risultasse chiara la difficoltà di gestire l'ordine pubblico in caso di intervento delle forze dell'ordine per ordinare la cessazione della festa o impedirne la prosecuzione in quelle modalità. Questa è la ragione per la quale, essendo pochissime le unità delle forze dell'ordine presenti, e tra questi il ricorrente, non vi fu il primo intervento richiesto dagli abitanti della zona.

Questa, quindi, appare la ragione per il mancato intervento del G. , ancor più condizionato dalla difficoltà di intervenire per essersi trovato da solo in parte dell'arco temporale nel quale si era realizzata la condotta dei gestori la serata danzante

Tali circostanze di fatto, quindi, fanno ritenere in termini di certezza, a fronte di un'acquisizione probatoria evidentemente completa, che il G. non intese deliberatamente rifiutare l'atto di ufficio ma rilevò, cosi come i carabinieri, l'impossibilità di un intervento immediato senza rischi per l'ordine pubblico.
Poco rileva, anche nel contesto della ricostruzione dei fatti da parte dei giudici di merito, la condotta apparentemente suggestiva di restare "inerte" e non rispondere, stando "a braccia incrociate". Non è condotta che influisca sulla qualificazione del mancato intervento; peraltro, proprio dalla complessiva ricostruzione della vicenda da parte dei giudici di merito, risulta come le evidenti condizioni di rabbia dei residenti della zona che premevano sulle forze dell'ordine per un intervento repressivo possano ben avere indotto il ricorrente, al fine di evitare reazioni incontrollabili, a non riferire della sua pur ragionevole scelta discrezionale di non bloccare immediatamente la festa.
In conseguenza, non consentendo i fatti acquisiti di ricostruire una condotta di reato come contestata e, poi, meglio descritta dai giudici di merito ed attesa la completezza dell'acquisizione probatoria, non residuando la possibilità di una diversa ricostruzione dei fatti nel senso della fondatezza la tesi di accusa, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

 

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Palermo, 1 lug. - (Adnkronos/Ign) - Il boss mafioso Totò Riina avrebbe confermato l'esistenza della trattativa Stato-mafia. La rivelazione sarebbe avvenuta lo scorso 31 maggio durante un trasferimento dalla sua cella alla saletta delle videoconferenze per un collegamento con la Corte d'Assise di Palermo. “Io non cercavo nessuno, erano loro che cercavano me”. E poi: "Mi hanno fatto arrestare Provenzano e Ciancimino", avrebbe infatti detto alle due guardie penitenziarie del carcere Opera di Milano che lo accompagnavano.

Frasi sibilline che potrebbero alludere al tentativo di dialogo che nel giugno del 1992 venne avviato dal Ros con il capomafia attraverso l'ex sindaco di Palermo (che avrebbe segnato l’avvio della trattativa), e che confermerebbero la tesi da sempre sostenuta dal figlio di Ciancimino, Massimo, che ha descritto gli incontri riservati del padre Vito con l'ex comandante del Ros Mario Mori.

Sono due le occasioni in cui Riina ha parlato con i Gom, la prima volta il 21 maggio e la seconda il 31 maggio. Le sue confidenze sono finite adesso agli atti del processo per la trattativa che si svolge nell'aula bunker dell'Ucciardone di Palermo. Le relazioni delle due guardie del Gom e le relazioni di servizio sono state depositate oggi.

Secondo quanto riportato, Riina ha parlato anche del 'papello', cioè la lista con le richieste di Cosa nostra allo Stato per la trattativa, negando di conoscerne l'esistenza. “Non so niente, non l'ho mai visto” avrebbe infatti detto all'agente di custodia cautelare. Quindi ha tirato in ballo servizi segreti sostenendo che erano a Capaci e in via D’Amelio per gli attentati a Falcone e Borsellino e che avrebbero avviato dei colloqui con Provenzano e Ciancimino, fungendo così da intermediari. "Brusca non aveva fatto tutto da solo, c'è la mano dei servizi segreti. La stessa cosa vale anche per l'agenda del giudice Paolo Borsellino. Perché non vanno da quello che aveva in mano la borsa e non si fanno dire a chi ha consegnato l'agenda? In via D'Amelio c'entrano i servizi che si trovano a Castello Utveggio e che dopo cinque minuti dall'attentato sono scomparsi, ma subito si sono andati a prendere la borsa''.

Poi, rispondendo a una guardia carceraria che gli ricorda di trovarsi in carcere perché ritenuto colpevole "nei vari processi che si sono svolti davanti alle varie autorità giudiziarie", il boss ha rilanciato: "Io sono stato 25 anni latitante in campagna senza che nessuno mi cercasse. Com'è possibile che sono responsabile di tutte queste cose? Nella strage di Capaci - avrebbe detto ancora - mi hanno condannato con la motivazione che essendo io il capo di Cosa nostra non potevo non sapere come è stato ucciso il giudice Falcone. Lei mi vede a me a confezionare la bomba di Falcone?". E ha aggiunto: "La vera mafia sono i magistrati e i politici che si sono coperti tra di loro. Loro scaricano ogni responsabilità sui mafiosi. La mafia quando inizia una cosa la porta a termine. Io sto bene. Mi sento carico e riesco a vedere oltre queste mura".

A seguire, un agente gli avrebbe chiesto: "E' vero che ha lei ha dato un bacio ad Andreotti?". Una domanda alla quale il capomafia avrebbe risposto: "Appuntato, lei mi vede che possa baciare Andreotti? Le posso dire che era un galantuomo e che io sono stato dell'area andreottiana da sempre". In quella stessa occasione, avrebbe anche aggiunto: "Appuntato, ha visto? Sono ancora un orologio svizzero, anche se mi sono fatto vecchio".

I magistrati hanno deciso per il momento di non interrogare Riina, che è imputato nel processo della trattativa. Sono stati invece ascoltati gli agenti della penitenziaria a cui il capomafia ha rivolto quelle frasi. Uno dei due agenti carcerari ha spiegato: "Riina era assolutamente lucido, cosciente, padrone di se e ha scandito quelle frasi perché noi le sentissimo chiaramente". E' ancora l'agente del Gom a spiegare al pm che lo ha interrogato che il capomafia, ogni volta che deve assistere al processo per la trattativa si innervosisce molto: "In tutti gli anni in cui ho prestato servizio presso il carcere di Opera con il detenuto Riina, le due occasioni sono le uniche nelle quali lo stesso si è lasciato andare a commenti relativi ai suoi processi".

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Secondo la Corte dei Conti in Italia ci sarebbe un esercito di "politici di professione".

Circa 150mila le persone

Costo circa 2 miliardi di euro.

Basterebbe dimezzarne il numero o lo stipendio per risparmiare 1 miliardo

Letta invece aumenta l'Iva.

Ma vediamo i dati.

Quanti sono?

Ecco le cifre esatte per l'anno 2012 riportate dalla Corte dei Conti.

1.067 sono i parlamentari italiani e europei,

1.356 sono i consiglieri e gli amministratori regionali,

3.853 sono i consiglieri e gli amministratori provinciali

137.660 sono gli amministratori nei comuni.

In totale sono 143.936.

Quanto costano?

Parlamento 439.732.000 euro ( di cui deputati 297.850.000 e senatori 141.882.000)

Regioni 800.702.827 euro

Comuni 556.593.000 euro

Province 104.700.000 euro

Totale 1901.727.827 euro

( LEGGI DALLA FONTE ORIGINALE - Davide Falcioni su Fanpage.it)

Qualche dato ci sorprende!!!

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