
Patteggiano tutti tranne il comandante Schettino.
Pene lievi quelle comminate dal GUP Pietro Molino.
Due anni e 10 mesi,la condanna più alta, per il capo dell'Unità di crisi Costa Roberto Ferradini.
Due anni e 6 mesi di reclusione per l'hotel director Manrico Giampedroni.
Un anno e 11 mesi per l’ ufficiale in plancia Ciro Ambrosio.
Un anno e 6 mesi per l’ ufficiale in plancia Silvia Coronica.
Un anno e 8 mesi per il timoniere Jacob Rusli Bin.
Dopo le decisioni di oggi, l'unico imputato nel processo per il naufragio rimane il comandante Francesco Schettino che ha richiesto a sua volta il patteggiamento, rifiutato in prima istanza dalla Procura, su cui però il giudice dovrà pronunciarsi alle prossime udienze.
Il naufragio del transatlantico Costa Concordia avvenne al largo dell'isola del Giglio la notte del 13 gennaio 2012 e a bordo del quale persero la vita 32 persone.
Forti le critiche dei legali
«È una giustizia vergognosa, sono pene da abuso edilizio, non da omicidio - ha detto l'avvocato Massimiliano Gabrielli - Si dà 1 anno e 11 mesi all'ufficiale di plancia e 7 anni a Emilio Fede. Questa è la giustizia in Italia».
E poi ha continuato l'avvocato di parte civile Daniele Bocciolini «Ce lo aspettavamo ma sono patteggiamenti ingiusti . C'è un'evidente disparità di trattamento tra questi e Schettino, il processo è monco, non è normale che Schettino sia l'unico colpevole e che 3 patteggiamenti siano sotto i 2 anni».
Ottaviano Del Turco è stato condannato in primo grado a 9 anni e 6 mesi nel processo per la «sanitopoli» abruzzese.
Del Turco è stato condannato per i reati di associazione per delinquere, corruzione, concussione, tentata concussione e falso.
Il pm aveva chiesto 12 anni.
«Per ora non dico nulla. Sulle sentenze prima si riflette poi si parla».
Sono 25 in totale le persone giudicate per accuse che vanno dall'associazione per delinquere alla corruzione, all'abuso, alla concussione, al falso, alla truffa, al riciclaggio.
Sempre il Tribunale, ha condannato l'ex presidente, insieme a Lamberto Quarta, Camillo Cesarone, Antonio Boschetti, Bernardo Mazzocca, Francesco Di Stanislao, Pierluigi Cosenza, Vincenzo Maria Angelini
Tutto ebbe inizio dalle rivelazioni dell'ex patron della casa di cura privata Villa Pini, Vincenzo Maria Angelini, «il grande accusatore», anche lui peraltro condannato.
L ex capo della Procura di Pescara Nicola Trifuoggi, in pensione dal luglio2012, ha dichiarato:«È una sentenza che ristabilisce la verità su un fatto doloroso per l'Abruzzo. Io sono amareggiato per la malafede con cui periodicamente sono partite campagne mediatiche che volutamente diffondevano la falsa notizia di innocenza acclarata che grazie al loro potere sull'opinione pubblica hanno gettato sconcerto».
Quante volte siamo rimasti “sorpresi” di fronte ad una sentenza del TAR che affermava una giustizia che noi “sapevamo” non giusta. Ora comprendiamo il perché!!!
ROMA - «Un cappuccino anche per il giudice». Sono state intercettazioni come questa a incastrare il gruppo che al Tar del Lazio decideva chi dovesse vincere i ricorsi a suon di tangenti. In carcere sono finiti Franco De Bernardi, magistrato della seconda sezione quater, l'avvocato Matilde De Paola e Giorgio Cerruti, considerato uno degli intermediari delle tangenti. Gli altri due, Marco Pinti e Francesco De Sanctis, sono ai domiciliari insieme all'ex presidente della Popolare di Spoleto, Giovannino Antonini, e al legale rappresentante dell'impresa di costruzioni ICS Grandi Lavori, Francesco Clemente. Tra gli indagati ci sono l'ammiraglio di squadra Marcantonio Trevisani e il suo collega Luciano Callini, ai vertici dello stato maggiore della Difesa.
I RICORSI TRUCCATI - Sono decine le vertenze pilotate contestate dal procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e dal pm Stefano Pesci. E vanno da 10 a 50 mila euro le tangenti ricostruite attraverso le conversazioni intercettate per un anno dai carabinieri del Noe, al comando del capitano Pietro Rajola Pescarini. Secondo chi indaga, gli intermediari (Cerruti, Pinti e De Sanctis) conducevano dal giudice i ricorrenti pronti a ottenere una sentenza favorevole a ogni costo e questi li invitata a rivolgersi all'avvocato, che «sapeva come fare». Con questo sistema l'ex presidente della Popolare di Spoleto, dopo aver incontrato il giudice a cena in un ristorante dei Parioli (su invito di Cerruti), ha vinto il ricorso contro il ministero dell'Economia che aveva commissariato la banca per un buco di diversi milioni di euro. E la ICS Grandi Lavori ha sconfitto il Campidoglio che aveva assegnato a un'altra impresa l'appalto da 25 milioni di euro per la costruzione del ponte della Scafa.
LA SECONDA VOLTA - L'inchiesta, durata un anno, è partita dagli atti trasmessi dalla procura di Napoli, che ha raccolto i primi indizi indagando su una storia di camorra. Il giudice e l'avvocato sono stati arrestati per corruzione in atti giudiziari, gli altri per corruzione. De Bernardi era già finito in carcere a maggio scorso a Palermo nell'ambito di un'inchiesta su un traffico di lingotti d'oro (ma dopo tre giorni l'ordinanza era stata annullata), mentre Cerruti è noto alle cronache oiché nel '93 la sua Compagnia generale finanziaria fallì lasciando un buco di 100 miliardi di lire. Legato alla massoneria e a Flavio Carboni, gli inquirenti erano arrivati a Cerruti seguendo i soldi di Licio Gelli.
GLI AMMIRAGLI - Una mazzetta sotto forma di consulenza della compagna albanese del giudice (Mandija Evis) a favore dello studio legale De Paola: per questo, stando all'ordinanza del gip Maria Paola Tomaselli, è indagato l’ammiraglio Trevisani, da cinque anni presidente del Centro alti studi per la difesa, la principale scuola di formazione degli ufficiali italiani. Quanto a Callini, nei mesi scorsi consulente del caso dei due marò indagati in India per omicidio, è De Bernardi ad accusarlo: in un'intercettazione con l’avvocato De Paola infatti il magistrato sostiene di aver fatto «una sentenza ad hoc». Diecimila euro il prezzo della corruzione.( da Il Corriere della Sera Roma)