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tortaTutti noi abbiamo assaggiato delle torte favolose che le nostre madri, le nostre mogli, le nostre sorelle hanno preparato in cucina o hanno comprato in pasticceria. Torte alle mandorle, torte al cioccolato, torte ai frutti di bosco, torte alla mimosa, etc., ma una torta alla marijuana credo mai. Eppure c’è stato qualcuno che ha preparato una magnifica e saporitissima torta alla marijuana e che ha mandato i propri genitori che l’hanno mangiata per sbaglio all’ospedale. Meno male e per fortuna che ne hanno mangiato solo una fetta altrimenti non saprei come sarebbe andata a finire. Sono finiti comunque all’ospedale e pare che non abbiano avuto gravi conseguenze. L’incidente, se così si può chiamare, si è verificato in provincia di Udine. Il figlio della coppia, approfittando dell’assenza dei genitori, ha preparato una bella torta al cioccolato e insieme agli ingredienti tradizionali ha aggiunto una gran quantità di marijuana. Rincasando hanno sentito un profumino accattivante proveniente dalla cucina. Sono andati a vedere. E sulla tavola hanno trovato una bella torta. Che bravo il nostro ragazzo, hanno pensato gli ignari genitori. Ha preparato per noi questa bella torta. Assaggiamola. Deve essere proprio buona. Che profumo! Hanno tagliato due fette, due soltanto e meno male, e le hanno mangiate. Buone! Che bravo figliolo! Ha voluto fare a noi una bella e dolce sorpresa. E credendo che davvero fosse un dolce qualunque hanno mangiato le due fette con gusto. Dopo un po’, però, sono incominciati i guai. Si sono sentiti malissimo. Chiamano il 118 e subito vengono accompagnati all’ospedale perché versano in gravi condizioni. Vengono ricoverati per gli accertamenti del caso. Ora il ragazzo di 20 anni è indagato per detenzione di sostanza stupefacente. I Carabinieri hanno poi sequestrato il resto della torta per analizzarla e individuare la concentrazione della sostanza. Il ragazzo ha ammesso di essere stato lui a preparare la torta alla marijuana. Ma a chi era destinata? E’ stata una ragazzata? Non è la prima volta che succedono cose del genere. Proprio l’altro giorno un giovane di 22 anni rientrando dall’Olanda aveva portato dei dolci alla cannabis. I genitori, ingordi, trovandoli ottimi ne hanno mangiato a volontà e così sono finiti anche loro al pronto soccorso per intossicazione.

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«In Sicilia sono finiti i candidati per Palazzo Madama e probabilmente il Senato avrà un seggio in meno perché abbiamo più seggi che candidati».

Luigi Di Maio dal palco della sua Pomigliano d’Arco si sbilancia, affermando che l’ondata a cinque stelle in Sicilia è stata così inaspettata da aver portato alla luce dei problemi nel nuovo sistema elettorale.

Conquistato tutti e 28 i collegi uninominali dell’isola, oltre al 49% dei consensi, la Sicilia porta in dote al M5S un nutrito numero di parlamentari: 57 eletti, con 28 parlamentari nella quota uninominale.

Alcuni dei vincitori al proporzionale sono già eletti nei collegi uninominali e, in caso di doppia elezione, prevale quella nell’uninominale.

Succede quindi che al proporzionale il successo è così grande che non ci sono abbastanza nomi in lista per occupare tutte le poltrone: per occupare quelle 57 poltrone ci sono solo 53 teste, quattro di meno.

E all’appello mancano tre persone per la Camera e una per il Senato.

Un effetto collaterale non nuovo alla politica, che nelle ultime ore ha acceso il dibattito, così come le polemiche.

Chi occuperà quelle poltrone?

Come verranno suddivisi i seggi?

In base al decreto del Presidente della Repubblica numero 361 del 1957, «qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati presentati in una circoscrizione e non sia quindi possibile attribuire tutti i seggi ad essa spettanti in quella medesima circoscrizione, l’Ufficio centrale nazionale assegna i seggi alla lista nelle altre circoscrizioni in cui la stessa lista abbia la maggiore parte decimale del quoziente non utilizzata, procedendo secondo un ordine decrescente.

Qualora al termine di detta operazione residuino ancora seggi da assegnare alla lista, questi le sono attribuiti nelle altre circoscrizioni in cui la stessa lista abbia la maggiore parte decimale del quoziente già utilizzata, procedendo secondo un ordine decrescente».

Secondo il leader del Movimento in Sicilia, Giancarlo Cancelleri, «abbiamo ottenuto una valanga di voti che ha mandato in tilt persino il sistema elettorale, facendo emergere tutte le criticità di una legge, il Rosatellum, scritta ad arte per fermare il M5s».

Secondo lui, il decreto del 1957 non sarebbe sufficiente: «Se per la Camera la situazione è chiara, per il Senato la norma ha un buco. I seggi a Palazzo Madama sono attribuiti su base regionale: chiederemo un chiarimento ufficiale».

Anche secondo Emanuele Rossi, costituzionalista della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, «nel caso del Senato il Rosatellum presenta un vero e proprio `buco´ che deve essere colmato» perché «se una lista ottiene più seggi dei candidati, alcuni seggi non possono essere assegnati».

La legge andrebbe inoltre corretta per «assicurare la possibilità di proporre un numero di candidati per ciascuna lista pari al numero dei seggi disponibili».

Se ora non si troverà una quadra, si potrebbe ripetere quanto già accaduto nel 2001 con la cosiddetta «legge Mattarella» , quando alla Camera ci fu un numero di deputati inferiore a 630.

Allora la «causa» non fu la valanga di voti ottenuta dalla coalizione della Casa delle libertà, bensì la presenza di numerose «liste civetta», create appositamente per non essere votate.

A mancare all’appello allora furono 12 eletti di Forza Italia: la Commissione elettorale della Cassazione diede un suo parere, ma alla fine la scelta fu politica e Montecitorio arrivò nel luglio 2002 a decidere di non assegnare i seggi.

Ma il «caso siciliano» non dovrebbe essere così grave: il dubbio ora è chi saranno i quattro parlamentari mancanti a rappresentare i siciliani nella prossima legislatura.

Palazzo Madama infatti non potrà eleggere la propria guida finché la Giunta provvisoria per la verifica dei poteri del Senato non dirimerà la questione del seggio conquistato in Sicilia dal Movimento 5 Stelle e non attribuito, per insufficienza dei candidati in lista.

Non un errore dei pentastellati, ma un vero e proprio bug del Rosatellum.

La composizione della Giunta in prima riunione è formata dai componenti rieletti che già ne hanno fatto parte nella scorsa legislatura. La situazione attuale non vede una maggioranza chiara.

Sui nove componenti, tre sono del Pd (Dario Stefano, Ada Ginetti e Giuseppe Cucca), tre del Movimento 5 Stelle (Vito Crimi, Mario Giarrusso e l'espulso Maurizio Buccarella), tre del centrodestra (due di Forza Italia, Giacomo Caliendo e Lucio Malan, e uno della Lega, Erika Stefani).

Va da sé che, in una situazione al 22 marzo ancora di confusione o di mancato accordo, se due o più forze politiche volessero ritardare l'elezione del presidente del Senato, attendendo lo sblocco dell'impasse e cercando di equiparare i tempi ai colleghi di Montecitorio, potrebbero avere uno strumento per farlo.

Si configurerebbe una situazione senza precedenti di caos istituzionale, e forse non si arriverà mai a un punto tale di involuzione della situazione politica.

Ma è un elemento di cui tener conto.

Sarà il forzista Caliendo, in qualità di consigliere anziano, ad assumere la presidenza pro tempore. Da lui e dai suoi colleghi potrebbe passare una fetta del destino della prossima legislatura.

Ma a pressioni tali ci sono abituati.

Sono loro infatti che decisero la decadenza di Silvio Berlusconi da senatore.

Con tutto quel che ne è conseguito.

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proiezioneAmici carissimi, il Movimento 5 Stelle durante la campagna elettorale aveva promesso che se avesse vinto le elezioni e se fosse andato al Governo avrebbe introdotto anche in Italia il reddito di cittadinanza. Voi lo sapete, vero, cosa è questo reddito? Dare ai cittadini bisognosi, a quelli con basso reddito, ai cittadini senza un lavoro un sussidio mensile in attesa che trovino un posto di lavoro. Parla alla pancia dei disoccupati e dei poveri e di chi ha perso il posto di lavoro, degli esodati, ma non è realistico, almeno per ora in Italia. Secondo i suoi sostenitori è un argine contro la povertà. Per gli avversari è un sussidio a pioggia che non risolverà il tema della scarsa occupazione. Però questa promessa è stata senza alcun dubbio la carta vincente del Movimento 5 Stelle. E dove ha preso più voti il 4 marzo scorso? Nell’Italia meridionale dove la disoccupazione è maggiore rispetto a quella del Nord dove i cittadini hanno votato la Lega di Salvini. Abbiamo, dunque, un’Italia divisa a metà. Ora vi voglio raccontare cosa è successo in una cittadina delle Puglie lunedì mattina quando ancora tutte le schede elettorali non erano state scrutinate. Molti giovani si sono rivolti agli impiegati comunali e ai Caf e hanno chiesto i moduli e informazioni per iscriversi alle liste. Ma ancora non c’è un Governo 5 Stelle e Di Maio Presidente del Consiglio, e non c’è neppure una legge approvata dal Parlamento e dal Consiglio dei Ministri. Il reddito di cittadinanza è solo un annuncio, è solo una promessa fatta in campagna elettorale. E tutti noi sappiamo perché lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle, dove vanno a finire le promesse elettorali. Nella spazzatura. Ma andiamo con ordine. Giovinazzo è un paese delle Puglie dove il Movimento 5 Stelle ha ottenuto un successo enorme. E’ stato votato principalmente dai giovani specialmente da quelli in cerca di lavoro che ancora vivono in casa coi genitori e che ricevono settimanalmente la paghetta da parte dei nonni. E ora, dopo il voto, aspettano di ottenere il reddito promesso. Tutto questo rispecchia, evidentemente, l’onda emotiva che ha travolto questa tornata elettorale con risultati strabilianti per i pentastellati soprattutto al Sud. Quella promessa elettorale ha fatto presa sull’elettorato giovanile. All’inizio ho scritto che questo reddito di cittadinanza non è realistico. Sapete perché? Non ci sono i fondi necessari e le relative coperture economiche. Dove andranno a prendere i 15 miliari di euro all’anno? Aumentando le tasse e introducendo nuovi iniqui balzelli. I Sindaci delle città e dei paesi dell’Italia meridionale sarebbero contentissimi se venisse introdotto subito il reddito di cittadinanza. E anche il Sindaco di Amantea e del mio paese, San Pietro in Amantea, dove il Movimento 5 Stelle è stato votato, sarebbero contentissimi e felicissimi. Non ci sarebbero più disoccupati, nulla facenti. Il problema della disoccupazione sarebbe risolto e per quelli che non hanno un lavoro sarebbe davvero una pacchia e ogni mese potrebbero recarsi presso gli Uffici Postali e ritirare il reddito di cittadinanza che Di Maio aveva promesso durante la campagna elettorale. Alla fine, però, ci saranno amare sorprese. E molti malediranno il Movimento 5 Stelle e quella croce che hanno apposto sulla scheda il 4 marzo ultimo scorso.

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