
Redazione TirrenoNews
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Roberto Fico e la colf in nero. Il tribunale dà ragione alle Iene.
Domenica, 20 Ottobre 2019 18:10 Pubblicato in ItaliaRoma. Le Iene sono state assolte dall’accusa di diffamazione che gli aveva contestato Roberto Fico, all’indomani del presunto scandalo della collaboratrice domestica pagata a nero, quindi senza essere regolarmente assunta.
Presunto allora, ormai certo oggi, data la sentenza che il Tribunale ha emesso in favore del celebre programma di Italia Uno, secondo la quale non è stato commesso il reato di diffamazione.
E il sinistrissimo e manettaro grillino, barricadero della prim’ora, è stato smentito per quanto riguarda la sua tesi difensiva sulla colf Immacolata, Imma per gli amici, che lavorava per Yvonne, la fidanzata del big grillino.
Quando Fico spacciò la colf per una amica
In un primo momento, Fico aveva annunciato che si trattava di un’amica che lo aiutava gratuitamente, senza dunque percepire un euro di compenso.
Intervistata Immacolata, però, emerse che il compenso c’era e variava dai 700 ai 500 euro.
Emerse anche un altro collaboratore domestico, in questo caso maschio, ucraino di nome Roman, anch’egli pagato a nero e che avrebbe lavorato per la famiglia di Roberto Fico.
Il quale, oggi, garantisce di avvalersi della collaborazione di una colf regolarmente assunta secondo i termini di legge, anche se ormai è un po’ tardi per rifarsi la verginità dopo essere stati malamente sputtanati per una questione che si sarebbe potuta chiudere con delle banali ma efficaci scuse. Figurarsi, però, se i moralisti del terzo millennio accettano di essere sconfitti al loro stesso gioco.
L’ossessione dei 5 Stelle per le tasse
Eppure è un loro vizietto.
Un ex operaio della famiglia Di Maio denunciò a Le Iene di aver lavorato per la Ardima srl a nero e, dopo un infortunio sul lavoro, di avere ricevuto la richiesta di non dir niente.
Il padre di Di Battista dichiarò di aver fatto lavorare a nero un collaboratore saltuario, giustificandosi con “so che non si deve fare ma l’alternativa era chiudere bottega”.
Quest’ultima parte dell’arringa difensiva risulta addirittura ridicola dato il grottesco accanimento dei grillini contro chiunque evada un solo centesimo, sordi alle richieste del ceto produttivo italiano che chiede minori tasse per poterle pagare senza finire dissanguato.
Ma niente, la legge è legge, non si interpreta e non esiste il perdono.
Se qualche pazzo ha deciso che la pressione fiscale deve essere degna di uno strozzino, la cittadinanza è tenuta a pagare quanto dovuto senza protestare e senza invocare alcuna giustificazione, proprio come invece ha fatto il padre di Dibba.
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Evasione fiscale? Conte dia l’esempio, faccia arrestare compagna e suocero
Sabato, 19 Ottobre 2019 21:42 Pubblicato in ItaliaVittorio Sgarbi commenta il carcere per gli evasori fiscali: “Conte dia l’esempio: carcere al suocero e alla moglie, rispettivamente proprietario e amministratore del Plaza: evasione per 2 milioni di euro”
Roma. Togliere il diritto di voto agli anziani?
“Sono d’accordo – commenta Sgarbi – con Renzi quando dice che invece del voto agli anziani va tolto il fiasco a Grillo, ma se a dirlo è chi con Grillo ha fatto un’alleanza e oggi governa, c’è un problema di coerenza e credibilità”.
“Tra gli evasori da arrestare, come vuole il presidente Conte, va riservata una cella di prima classe, al padre di Olivia Paladino, sua attuale compagna. Cesare Paladino è il proprietario del Plaza hotel di Roma di via del Corso.
Ora, il padre di Olivia Paladino è stato condannato e ha patteggiato un anno e sei mesi di condanna perché faceva pagare la tassa di soggiorno ai clienti e poi se la intascava: l’importo accertato dell’evasione, che è un vero e proprio furto all’erario dello Stato, è di oltre 2 milioni di euro.
Si aggiunga che la figlia, essendo amministratore del Plaza, non poteva non sapere.
Una buona occasione per il Presidente del Consiglio di dare l’esempio, accompagnandoli in carcere”
NEWS, POLITICA sabato, 19, ottobre, 2019
l’Ufficio Stampa Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Vaticano, compravano palazzi con i soldi per i poveri: scandalo da 650 mln di €
Sabato, 19 Ottobre 2019 20:59 Pubblicato in MondoVaticano, corruzione,. peculato e truffa:ecco le accuse dei PM di Bergoglio
L'Espresso, dopo l'inchiesta che ha svelato i contorni del nuovo scandalo finanziario in Vaticano, ha ottenuto nuova documentazione riservata dell'inchiesta penale aperta dai pm del Papa su alcune operazioni immobiliari a Londra.
Carte che sono al centro del servizio esclusivo in edicola da domenica 20 ottobre e già online su Espresso.
"Si tratta -si legge nell'anticipazione diffusa alla stampa- della denuncia del Revisore generale del papa e delle accuse arrivate dal direttore dello Ior Gian Franco Mammì.
Di alcuni report riservati dell'affare da 200 milioni di dollari per l'acquisto di un palazzo da 17 mila metri quadri a Londra.
E soprattutto le 16 pagine integrali del decreto di perquisizione del Promotore di giustizia con cui sono stati indagati dipendenti della Segreteria di Stato e pezzi da Novanta della Santa Sede come don Mauro Carlino e il direttore dell'Aif Tommaso Di Ruzza.
Analizzando i documenti, è evidente che la Santa Sede si trovi di fronte a uno scandalo che ha pochi precedenti nella storia recente".
I promotori Gian Piero Milano e Alessandro Diddi ritengono infatti di aver individuato "gravi indizi di peculato, truffa, abuso d'ufficio, riciclaggio e autoriciclaggio" in merito a comportamenti di ecclesiastici e raider d'assalto, mentre un'altra relazione il Revisore Alessandro Cassinis, di fatto il 'Raffaele Cantone' di Francesco, ipotizza gravissimi reati quali l'appropriazione indebita, la corruzione e il favoreggiamento".
Le carte rivelate dall'Espresso mostrano soprattutto come la Segreteria di Stato possieda e gestisca fondi extrabilancio per la bellezza di 650 milioni di euro, "derivanti in massima parte dalle donazioni ricevute dal Santo Padre per opere di carità e per il sostentamento della Curia Romana".
Si tratta dell'Obolo di San Pietro, "che il Vaticano invece di girare ai poveri e ai bisognosi investe in spericolate operazioni speculative".
Con l'aiuto, pure, di Credit Suisse, "nelle cui filiali svizzere e italiane risulta versato circa il 77 per cento del patrimonio gestito".
Circa "500 milioni di euro", segnala l'Ufficio del Revisore Generale, finiti in operazioni finanziarie che a parere dei magistrati mostrano "vistose irregolarità", oltre ad aprire "scenari inquietanti".
Per Francesco, rileva l'Espresso, "non sarà facile, davanti al nuovo scandalo, districarsi tra nemici veri, falsi amici, buoni suggeritori e cattivi consiglieri".
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