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Mediocrità e potere. By Gigino Adriano Pellegrini & G el Tarik

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Quante volte abbiamo sentito dire che chi gode di un clima fantastico, di un mare e di un sole sempre a portata di mano, ha già tutto o quasi tutto e rilassandosi, lavora meno.

Lavorando meno, guadagna meno e pretende di più, sempre di più.

I meridionali vengono accusati da sempre del “dolce far niente”, dunque, si creano i presupposti per far nascere dal nulla i litigi, e le unioni dei litiganti, con associazioni o partiti o gruppi virtuali o reali, atti proprio a questo: a litigare e contestare, senza concludere nulla, perché l’obiettivo non è quello di ottenere risultati per il Paese, bensì ottenere credito, nonché un potere sottile sempre più forte, che alla fine suggella la governabilità del Paese.

La moderna democrazia consiste in elezioni che sono sempre fittizie e gestite dalle potenze economiche e dai politici di professione.

Un’altra ragione, questa volta sicuramente vera, è che in Italia la liberal democrazia ha partorito sempre più potenti mediocri.

I mediocri sono dappertutto.

Spesso hanno delle caratteristiche in comune, sono viscidi, ipocriti e perfidi come Uriah Heep, il personaggio letterario creato da Charles Dickens nel suo romanzo David Copperfield.

La loro mediocrità deriva dall’ignoranza e dal quasi analfabetismo.

Per celare la loro impreparazione, sono anche arroganti e si armano del potere ricevuto dall’alto, non quindi per merito raggiunto in campo lavorativo, per carità, ma per “grazia ricevuta”.

Sono infatti dei veri e propri irresponsabili miracolati.

Questi individui si trovano un po’ ovunque, nei Ministeri, negli Organismi di controllo, nelle Camere di Commercio, cattedre universitarie, nelle grandi organizzazioni sindacali, nei partiti politici, ma anche nelle imprese pubbliche e private ed in altri enti ancora.

Accettando le regole del gioco liberal-democratico, il popolo viene chiamato ad esprimersi pur non essendo mai del tutto libero di scegliere, e non è mai del tutto consapevole di cosa ogni scelta comporta. Vi invito a riflettere, ad esempio, al fenomeno della ‘campagna elettorale’ figlia legittima della cosiddetta Democrazia.

Politici di ogni sorta e genere si mettono in marcia su e giù per la penisola a raccontare fregnacce con il solo fine di essere “eletti”.

Per riuscire nell’intento viene loro naturale fare ‘promesse da marinaio’ durante la campagna elettorale che altro non è che una gara a chi le spara più grosse.

Sempre più spesso, ultimamente, è diventata una vera e propria competizione, durante la quale tutto diviene lecito, anche diffamarsi a vicenda andando a rivangare avvenimenti passati senza risparmiarsi il fango da buttarsi addosso reciprocamente.

Chiaramente in tutto questo un ruolo importantissimo viene ricoperto dal mondo mediatico che in mano ai potenti, come succede in Italia, diventano strumento di convincimento straordinario.

Anche i social network contribuiscono all’appiattimento verso la mediocrità, senza riconoscimento di una maggiore preparazione, o di una maggiore conoscenza, di uno rispetto ad un altro.

Su questo palcoscenico recitano anche quei cittadini che vanno a votare perché piace loro la faccia del candidato, oppure votano sempre il solito perché convinti che non cambierà mai niente.

Soffermandoci qualche attimo, non possiamo non capire che tutto questo non ha senso.

Che tutto questo è semplicemente una farsa di pessima fattura.

Anche la giustizia non è da meno, una sentenza in campo tributario, o civile, o penale, può essere diversa, radicalmente diversa, anche in caso di assoluta equivalenza di fattispecie, anche nell’ambito dello stesso Tribunale o Commissione Tributaria.

Le situazioni Kafkiane dilagano.

Ma chi paga le conseguenze di tutto questo?

Modificare il sistema, togliendo di mezzo in qualche modo i mediocri distribuiti in ogni ambito, in modo infestante come la gramigna rossa,   appare una vera utopia.

Restando tale il modo di cambiare le cose, cioè attraverso un sistema democratico ridicolo che non può contemplare cambiamenti radicali.

Non è così che il popolo può governarsi.

Questo è il modo di governare di una fetta di popolazione, con il voto (ironia della sorte) delle fasce più povere e meno istruite della popolazione.

Un oceano di persone mediocri investite di un potere donato per scambi di favori o per conoscenze ”strette” o anche per semplice nepotismo, che trasversalmente ha invaso l’Italia.

Sergenti o marescialli; mentre nelle imprese, da figli o parenti di imprenditori, anch’essi spesso impreparati e ritenuti idonei solo per “ius sanguinis”.

Democrazia demagogica che garantisce, in grande autonomia, il potere a tali soggetti mediocri, uomini senza qualità che agiscono come schegge impazzite.

Ognuna di esse agisce in maniera differente, c’è chi interpreta una legge in un modo e chi la interpreta in un altro, creando sofferenze e costi ai più sfortunati, incappati nell’ignoranza che si trasforma in arroganza, di questi soggetti.

“Cercare di creare una nuova soggettività politica assemblando quel che c’è nel mondo propriamente politico è una via perdente.”

Mettere insieme le forze maggiormente vivaci ed attive nel sociale, questo potrebbe essere un buon inizio.

Da queste basi si può progettare lo smembramento dell’esistente, con l’arbitrarietà necessaria a creare i presupposti per le generazioni future di una vita diversa.

Voler a tutti i costi ricostruire una forza politica di sinistra in un contesto liberal-democratico, è un errore. Con questo bagaglio non si riesce più ad interpretare le nuove esigenze sociali.

Non rappresenta più nessun propulsore innovativo.

Beaumont sur Mer 2015                                Gigino Adriano Pellegrini & G el Tarik

Redazione TirrenoNews

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