
Ecco il suo comunicato:
«Saverio Greco sostiene che ho danneggiato la sua azienda, perciò non vedo perché debba accettarne l'offerta di perdono subordinata a un confronto televisivo.
Gli ricordo che egli non è ministro e non ha responsabilità politiche sulla gestione della sanità, benché abbia soldi e appaia in rapporti con big nazionali del Pd e di Ap.
Vada in Procura e in Tribunale, ma lo faccia sul serio e senza perdere altro tempo».
Così la deputata M5s Dalila Nesci, capogruppo in commissione Sanità, in risposta alla minaccia del rappresentante del gruppo “iGreco” di azioni legali contro la parlamentare, se la stessa non dovesse accettare la sfida di un confronto televisivo dopo aver determinato la revoca della recente delibera con cui, in spregio alle conclusioni del dipartimento regionale Tutela della Salute, l'Azienda ospedaliera di Cosenza aveva assegnato il servizio di Interruzione Volontaria di Gravidanza Chirurgica all'azienda “iGreco”, nello specifico non autorizzata dalla struttura commissariale per il Piano di rientro.
«I fatti contestati – sottolinea la parlamentare 5stelle – devono finire all'attenzione della Procura della Repubblica, del parlamento e del governo, il che farò a breve, come sempre carte alla mano. Non mi spaventarono le grandi banche quando con un disegno di legge proposi una commissione d'inchiesta sui crimini bancari, oggi insediata, sicché non mi smuove alcuna forma di intimidazione».
«Sarò io stessa – conclude Nesci – a interessare la magistratura, che non è una tv, nonché il parlamento e il governo sulla vicenda della delibera in argomento, perché sul caso sia fatta piena luce nell'esclusivo interesse dei calabresi».
Riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato stampa della Fedir – Cisl Medici – Fesmed – Cisl Spta – Fassid area Sinafo – Fassid area Aupi – Fassid
All’Asp di Cosenza il direttore generale prosegue con il solito metodo degli incarichi illegittimi, senza tener conto delle disposizioni della Regione e del Commissario per la Sanità, Massimo Scura, e rifiutandosi di fare riferimento nei propri atti – in via del tutto arbitraria – al decreto 117/2016.
Il 13 novembre scorso, infatti, senza tener minimamente conto delle richieste di miglioramento avanzate dalla stragrande maggioranza delle organizzazioni sindacali, il direttore generale ha adottato un regolamento privo dei criteri generali e delle necessarie procedure per il conferimento, la conferma e la revoca degli incarichi.
“Il testo – affermano le sigle sindacali Fedir, Cisl medici, Fesmed, Cisl Spta, Fassid area Sinafo, Fassid area Aupi e Fassid - è semplicemente un’accozzaglia di riferimenti normativi ripetitivi, citati a caso e spesso incoerenti fra loro e contiene plurime violazioni della legge e del contratto nazionale.
Il regolamento è stato adottato non solo contro la volontà della maggioranza dei sindacati ma non ha neanche dato atto delle chiare clausole condizionanti in merito all’applicazione del decreto del commissario ad Acta 117/2016 in materia di ricollocazione, contenute nelle dichiarazioni a verbale che anche le organizzazioni sindacali firmatarie dell’accordo hanno prodotto. In sintesi l’unica sigla sindacale che ha apposto la sua firma incondizionata al regolamento è la sola UIL medici, che peraltro non è neanche sindacato firmatario dell’ultimo Contratto collettivo nazionale”.
L’assegnazione di nuovi incarichi, in ottemperanza alle previsioni del contratto collettivo nazionale non può e non deve infatti eludere la previa ricollocazione dei dirigenti disposta dal decreto del commissario ad acta 117/2016, ricollocazione resa obbligatoria dalla presenza negli atti dell’Asp di una ulteriore clausola illegittima, ovvero quella della decadenza automatica degli incarichi entro il 60° giorno dall’adozione dell’atto aziendale, indipendentemente dall’effettiva attivazione della nuova organizzazione, per la quale la corretta assegnazione dei nuovi incarichi è elemento indefettibile.
Nonostante le reiterate richieste sindacali di procedere prioritariamente agli adempimenti richiesti dal decreto 117/2016, l’ASP di Cosenza ha voluto arbitrariamente adottare un regolamento del tutto incoerente nell’attuale fase di applicazione dell’atto aziendale. “Non è ulteriormente tollerabile – proseguono ancora le organizzazioni sindacali - che il direttore generale dell’ASP di Cosenza continui con l’affidamento di incarichi illegittimi con semplici lettere e secondo modalità illegittime per sfuggire al controllo dei sindacati”.
Per questo le organizzazioni sindacali chiedono l’immediata revoca del regolamento adottato il 13 novembre scorso, che peraltro non può considerarsi valido per tutta la dirigenza, non essendo stato firmato da nessuna sigla sindacale dell’area terza (dirigenza sanitaria, professionale, tecnica e amministrativa). I sindacati chiedono inoltre l’immediata attivazione delle cogenti procedure di ricognizione e ricollocazione del personale dirigenziale dei diversi ruoli sanitario, professionale, tecnico e amministrativo, nel e per il rispetto di quanto previsto in particolare dall’art. 2 del DCA n. 117/2016.
Tutti i sindacati chiedono infine l’urgente e autorevole intervento del commissario Scura e del dirigente Bruno Zito affinché “il direttore generale dell’ASP di Cosenza revochi immediatamente il regolamento e ne adotti uno legittimo, chiaro, preciso e corretto al fine di evitare rischi nell’uso non trasparente dell’assegnazione degli incarichi che potrebbe dare origine a numerosi contenziosi a seguito della scellerata gestione fin qui portata avanti, in violazione delle norme contrattuali, nazionali e regionali e proceda, immediatamente, all’applicazione del DCA 117/2016. L’Asp di Cosenza non è uno stato a sé”.
Ufficio stampa Fedir
Rossano. L’ha affrontato senza pietà imbracciando un fucile a canne mozze.
Due colpi – uno al volto ed uno al torace – ed il 26enne Alessandro Manzi ha fatto secco suo padre Mario. Alessandro era anche lui noto agli investigatori per spaccio di droga.
Quello di Mario Manzi di 50 anni.è un volto piuttosto noto negli ambienti investigativi di Rossano - poiché ritenuto appartenente alla criminalità organizzata locale e vecchia conoscenza di carabinieri e polizia per i suoi precedenti per spaccio di droga ed estorsione.
Il tragico fatto di cronaca si è registrato a Rossano.
Il parricidio s’è consumato oggi pomeriggio, verso le 17,15, presso le case popolari di Viale Sant’Angelo ove la famiglia Manzi risiede.
L’assassino poco dopo s’è costituito presso la poco distante caserma dei carabinieri, ubicata lungo lo stesso viale.
Il movente dell’omicidio pare sia da ricondurre a dissidi di natura familiare, sui quali i militari dell’Arma diretti dal tenente Carlo Alberto Sganzerla stanno in questi minuti cercando d'esplorare per fare piena luce sull’accaduto.
L'omicidio é avvenuto nel cortile antistante la casa popolare in cui Mario Manzi, separato da alcuni anni dalla moglie, ed il figlio coabitavano, con qualche difficoltà, a quanto pare, nei rapporti familiari.
La lite tra Mario Manzi ed il figlio era cominciata in casa ed é poi proseguita nel cortile, dove il pregiudicato é stato raggiunto dai colpi di fucile e si é accasciato.
In casa, nel momento in cui é scoppiata la lite, c'erano anche l'altra figlia di Manzi, di qualche anno più giovane rispetto al fratello, e la convivente della vittima, un'italiana di poco più di 40 anni.
Le liti tra Manzi ed il figlio, a quanto pare, erano frequenti, provocate dai motivi più svariati.
Mario Manzi era conosciuto come una «testa calda», noto a carabinieri e polizia per le sue attività criminali, per le quali era stato anche in carcere.
Anche il figlio Alessandro frequentava gli ambienti degli spacciatori di droga e per questo pure lui aveva scontato alcuni periodi di detenzione.
Non si sa, al momento, se la causa scatenante della lite tra padre e figlio che ha fatto da preludio all'omicidio siano stati contrasti in relazione alle comuni attività criminali dei due o altri motivi.
Gli investigatori, per il momento, si mantengono cauti e parlano di «futili motivi» senza specificare cosa abbia provocato una violenza tale da culminare in un omicidio.
In questo senso saranno determinanti le dichiarazioni rese dall'omicida dopo che si é costituito ai carabinieri.
Così come potranno servire a chiarire quanto é accaduto le testimonianze della convivente e dell'altra figlia della vittima, presenti nel momento in cui é scoppiata la lite che ha preceduto l'omicidio.
Le indagini sono coordinate dal pm di turno della Procura della Repubblica di Castrovillari.