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Amantea e gli antichi miracoli di San Vito Martire
Lunedì, 26 Febbraio 2018 13:49 Pubblicato in PoliticaNon mi stancherò mai, fino a che durerà la mia curiosità culturale ed il mio amor per la città- ed ovviamente fino a che il Signore mi sosterrà in questo arduo compito-, di fare approfondite ricerche storiche su Amantea
Da una di queste ricerche eccovi un’altra chicca storica
La manna miracolosa di San Vito Martire
Siamo riusciti a trovare una pagina de “Il Corriere ordinario” dell’11 aprile 1714 nella quale si legge quanto segue: Napoli 20 marzo 1714
“ Siamo ragguagliati dalla Città di Amantea, che essendo ivi capitato un missionario Apostolico Minore Conventuale , donò a quei del governo di detta Città 4 cassette di Reliquie di Santi, portate da esso da Roma, e si trovò tra esse un osso di san Vito martire che scaturiva limpidissima manna e non vi è persona che toccatasi con detta manna non sia guarita di infermità”.
Ma chi era San Vito?
La storia di San Vito
La sua storia però, nonostante la fortissima tradizione manoscritta, è ancora tutta da scoprire e studiare attraverso i tanti “codici” di epoca medievale sparsi in tutta Europa.
C’è comunque , tra le tante varianti, quella che sembra più probabilmente alla base di tutte le altre: Vito nacque in Sicilia, e precisamente a Mazara del Vallo, da nobile Famiglia e fu martirizzato a Roma al tempo di Diocleziano (303-304 d: C.).
Il padre era pagano, ma Vito fu educato al Cristianesimo dal suo precettore Modesto e dalla nutrice Crescenza, che probabilmente vengono martirizzati con Lui, perché li troviamo spesso venerati insieme.
Vito già da giovane operava molti prodigi, tanto da essere più volte incarcerato e torturato, vivendo in un ambiente fortemente pagano.
Più volte venne liberato, insieme a Modesto e Crescenza, da un angelo.
Dopo un viaggio in mare, di cui si conosce poco o niente, approdò in Lucania presso il fiume Sele, dove continuò a compiere prodigi.
Fu anche chiamato a Roma dall’Imperatore per curare il figlio “ossesso”.
Vito lo guarì, ma l’Imperatore lo fece lo stesso torturare perché non rinnegava la sua fede.
Interessante il colloquio tra Vito e l’Imperatore prima di torturarlo e di immergerlo in una caldaia di olio e pece bollente, divenuta acqua fresca, e quando lo getta nella fossa del leone che invece di sbranarlo gli si accovaccia ai piedi.
Le leggende di San Vito
Tante sono le leggende che si incrociano soprattutto intorno al V secolo d. C. e che, comunque, testimoniano la grande popolarità di S. Vito.
Tra le leggende numerose anche quelle relative alle “translationes” delle sue reliquie in varie città europee e nei monasteri, accompagnate spesso da miracoli straordinari, per i quali si muovevano intere folle verso i luoghi di culto.
S. Vito era ritenuto tra i santi più potenti, i cosiddetti “Santi Ausiliatori” divenuti in seguito le figure più note e più importanti dei Santi Cristiani.
Si credeva infatti che invocare uno di Essi nel momento del pericolo , portava alla salvezza per speciale grazia data ad Essi da Dio.
Cosi S.Giorgio veniva raffigurato col drago, S. Dionigi decapitato con la testa sotto il braccio,
Santa Caterina con la ruota e la spada, S. Vito immerso in una caldaia bollente.
ecc.
Da non dimenticare comunque che il culto dei santi in Europa comincia con il culto dei martiri, perseguitati nei primi secoli dagli Imperatori Romani.
I miracoli
Ma tanti sono i miracoli attribuiti a Lui e descritti dalle cronache medievali quali:
-La donna epilettica
-Il miracolo al figlio del Conte di Matera
-La “manna”di S. Vito (liquido miracoloso che esce dalle sue reliquie)
-Il fanciullo risuscitato
-La difesa di Polignano dai Saraceni
-Il salvataggio di una nave
-Mazara salvata dai Saraceni
-La conversione di un giudeo
-I preti accecati perché non credono alle sue reliquie
Per il momento non possiamo dirvi altro ma chiediamo a chi altri possa aiutarci in questa ricerca di farlo e sin d’ora lo ringraziamo .
Giuseppe Marchese
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Ad Amantea ci si prepara a nuove elezioni
Domenica, 25 Febbraio 2018 22:14 Pubblicato in Economia - Ambiente - EventiE’ domenica ed un gruppo di amici si trova intorno ad un caffè.
Si tratta di persone che non sono impegnati in politica.
Almeno oggi.
Ovviamente lo sono stati e sembra che potranno ancora esserlo.
Quando, casualmente, ci incontriamo non possiamo non parlare della “nostra” Amantea e non rammaricarci delle condizioni in cui si trova oggi.
Non è che anche loro non portino, più o meno, con sé – come, peraltro, tanti amanteani- piena responsabilità di come sia trova oggi Amantea, ma- vivaddio- non quanta se ne riscontra in questa ultima amministrazione e nella precedente.
Almeno questo credono.
E certo la pubblica opinione-sempre distratta, invero- ci crede o fa finta di crederci.
Si tratta di persone che, ovviamente, hanno il loro credo politico( come tutti, peraltro) e che hanno le loro supposizioni su come governare Amantea, anche in queste condizioni di dissesto.
Che poi ne siano davvero capaci , questo è tutto da dimostrare.
La novità è che finora sono stati in silenzio, hanno, sì, vissuto, con attenzione, l’evolversi della situazione amanteana, nel suo continuo aggravarsi, senza prendere decisa posizione.
Ne hanno certamente parlato ma tra di loro e tra i loro amici.
Poi qualcosa è scattato.
E’ bastato che uno solo di loro abbia avanzato la ipotesi di una “loro” lista e subito sono scattate le adesioni.
Tante adesioni.
Al punto che stamattina, accortisi di tali qualificate adesioni mi hanno palesato questa possibilità, anzi questa necessità.
Sono già tanti, quasi una intera lista, ma ho capito che esiste spazio per nuovi candidati.
Ad una sola condizione quale è quella di lavorare per condurre Amantea nella direzione di un nuovo sviluppo .
Sanno bene quanto sia difficile in una città che non è amata, ma usata, anzi abusata.
In una città alla quale ognuno chiede, anzi dalla quale ognuno pretende.
In una città dove si pretende troppo dalla ex classe media, poco dalla classe povera, dove i ricchi sono protetti ed esentati.
Dove ci sono figli e figliastri.
Dove si inventano nuove regole per favorire sempre gli stessi.
Auguri a questi coraggiosi futuri governanti.
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Tutta l’Italia ( e non solo) è stata bombardata ma solo Amantea conserva i ruderi
Domenica, 25 Febbraio 2018 21:57 Pubblicato in Primo Piano«La morte che viene dal cielo»
Nel periodo 1940-45, i bombardamenti sono stati la causa principale di morte nel Mezzogiorno.
Ma non solo: a causa dei bombardamenti, il numero delle vittime civili è stato molto elevato, coerentemente con quanto avviene nel secondo conflitto mondiale preso nel suo insieme.
Le incursioni dell' aviazione furono una costante del secondo conflitto mondiale. Già con la guerra di Spagna erano state massicciamente sperimentate contro i civili. Il 26 aprile 1937 il bombardamento nazista di Guernica provocò la morte di 1.654 civili e la cittadina basca divenne il simbolo della guerra di Spagna, fissato per sempre nell'omonimo quadro di Picasso.
Poi fu la volta della Gran Bretagna che, a partire dal 10 luglio 1940, venne bombardata incessantemente. Di straordinaria intensità furono i bombardamenti sulla capitale, che si susseguirono dall'inizio di agosto a metà settembre. In particolare fu il quartiere di East End a essere colpito e devastato.
A loro volta le città tedesche, incessantemente colpite dall'aviazione anglo-americana e da quella sovietica, diventarono il simbolo della sconfitta della Germania nazista: Dresda, città d'arte, completamente rasa al suolo.
In Italia, incursioni rovinose si susseguirono a partire dall'inizio del conflitto. I primi raids si ebbero su Torino", Napoli, Palermo e Catania, Cagliari, per opera dei bombardieri della RAF, nei giorni immediatamente successivi al 10 giugno 1940, data d'inizio del conflitto per l'Italia.
In questa fase i bombardamenti erano di precisione ed erano effettuati su obiettivi logistico-militari: nodi ferroviari, porti e aeroporti. Va detto inoltre che, dai porti del Sud, in particolare da Napoli, partivano truppe e rifornimenti per l'Africa settentrionale e nordorientale, dove esisteva un altro fronte di guerra tra italiani e inglesi.
I bombardamenti nel Mezzogiorno, ebbero un' escalation nella seconda metà del 1941. Il 6 luglio, e poi ancora il 28, fu colpita Palermo e venne bombardato a tappeto tutto il sistema aeroportuale siciliano. A Napoli, il 10 luglio 1941, si ebbe una violentissima incursione aerea. Qualche tempo dopo fu la volta di Brindisi dove, il 7 novembre, vennero distrutti porto e rete ferroviaria.
Nel 1942 i bombardamenti continuarono: a Messina, durante le incursioni del 25, 26 e 30 maggio, vennero colpiti il porto e l'ospedale civile Principe di Piemonte. Cagliari fu bombardata nella notte tra il 7 e l'8 giugno 1942 e Taranto venne nuovamente attaccata tra il 9 e il 10 giugno. Nel frattempo si intensificava la collaborazione tra inglesi e americani e quindi tra RAF e USAAF.
Di lì a poco iniziarono le incursioni americane con bombardieri potentissimi: nella memoria collettiva sarebbe rimasto a lungo l'incubo delle "fortezze volanti".
A inizio novembre 1942 fu avviata l'operazione Torch, lo sbarco anglo-americano in Nord Africa, preceduto dalla vittoria di El Alamein, dove l'VIII armata inglese, comandata dal generale Montgomery, sconfisse le truppe di Rommel, che si ritirarono in Tunisia.
Sul finire dello stesso anno, con il bombardamento di Napoli del 4 dicembre 1942, le incursioni aeree americane, da allora anche diurne, si collocavano in una precisa strategia, tesa a produrre effetti destabilizzanti tra la popolazione civile delle grandi aree urbane. Il bombardamento diurno, infatti, sconvolgeva il ritmo della vita quotidiana perché costringeva a interrompere il lavoro, le attività scolastiche, le funzioni religiose. Le incursioni colpivano sempre più frequentemente obiettivi civili: treni, tram, fabbriche, chiese, alla fine persino ospedali.
Nel Mezzogiorno pertanto, come del resto nell'intero paese, i bombardamenti, a partire dalla seconda metà del 1942 e soprattutto nel 1943, diventarono esperienza quotidiana.
Reggio Calabria il 31 gennaio 1943, Palermo il 3 febbraio; a Palermo le incursioni si ripeterono il 5, l'8, il 20, il 22 e il 28 dello stesso mese. Devastanti le incursioni del 17,26 e 28 febbraio 1943 in Sardegna, che colpirono in particolar modo Cagliari e le città portuali di Olbia, Porto Torres, La Maddalena e Alghero. Da Malta partirono, tra il 22 e il 24 aprile, attacchi durissimi contro Siracusa, Cassibile, Ragusa e Lampedusa.
Nel frattempo, l'8 maggio 1943, in Tunisia si arresero i reparti tedeschi. Ciò permise a inglesi e americani di ottenere un risultato logisticamente importante, vale a dire la possibilità di entrare nel Mediterraneo.
L'8 maggio iniziò l'offensiva aerea contro Pantelleria, cui si aggiunse il cannoneggiamento navale. Le incursioni s'intensificarono in previsione dello sbarco in Sicilia. Nel maggio 1943 vi furono 45 incursioni aeree a Catania, 43 a Palermo, 32 a Messina e vennero bombardate anche colonne di profughi.
L'incursione del 6 maggio 1943 a Reggio Calabria fu effettuata in pieno giorno e, da allora fino al 3 settembre, quando entrò in città l'esercito angloamericano, i raids effettuati furono 24.
In Sardegna, i bombardamenti si intensificarono nel luglio. In Puglia i bombardamenti colpirono Brindisi, Taranto e soprattutto Foggia. La città, evacuata dalla popolazione, rimase di fatto terra di nessuno fino all'arrivo delle truppe inglesi dell'VIII armata, il 27 settembre 1943.
I bombardamenti colpirono pesantemente anche l'Abruzzo e in particolare le città di Sulmona e Pescara, entrambe importanti nodi ferroviari e stradali. A Pescara, nell'incursione del 27 agosto 1943, morirono 1.600 civili, a Sulmona, nella stessa giornata, persero la vita 300 persone. Avezzano in pochi mesi subì ben 83 incursioni.
Le città venivano distrutte dai raids per poi essere minate dai tedeschi.
In Campania, Napoli fu la città dei 101 bombardamenti. In un primo tempo essi vennero effettuati di notte e colpirono obiettivi militari e industriali, ma, a partire dall’incursione del 4 dicembre 1942, diventarono sempre più spesso diurni e colpirono indiscriminatamente obiettivi civili.
Altre città campane, quali Avellino, Benevento, Capua non furono risparmiate.
Salerno fu bombardata il 21 giugno 1943. Seguirono numerose ricognizioni in preparazione dello sbarco previsto nell'operazione Avalanche.
Il Sud subì anche alcuni bombardamenti tedeschi: Napoli il 23 ottobre e il l° novembre 1943 e, ancora, il 15 marzo 1944; Bari, il 2 dicembre 1943.
I bombardamenti furono un elemento centrale nella percezione del conflitto come guerra totale che attraversa e devasta il quotidiano: contro la morte per bombardamento si può fare ben poco, non si può attivare nessuna delle strategie di sopravvivenza che, invece, sono praticate per fronteggiare gli altri disagi della guerra, in primo luogo la fame Anpi-Lissone.
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