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Stamattina il traffico ad Amantea era bloccato da un incidente.

Chi proveniva da Via Margherita o da Via della Libertà non poteva entrare in Via Vittorio Emanuele .
Ma non per pochi minuti, ma per quasi 2 ore.
La voce si è facilmente ed immediatamente sparsa.

 

Una macchina ha messo sotto “Catiello”, proprio davanti alla salumeria di Mazzuca.

Vezzo giornalistico, curiosità, fate voi, arrivo al parcheggio del mercato vecchio, riesco fortunatamente a trovare un parcheggio a pagamento, pago il ticket e mi avvio verso il luogo indicatomi.

Da lontano si vedono due auto dei Vigili Urbani ed una dei Carabinieri.

Mentre cammino sento una voce che dice “ Scrivilo, scrivilo che per vedere un vigile ci vuole un incidente “ e così faccio.

 

Un altro mi informa che l’autoambulanza del 118 è da poco andata via:

Chiedo “ Ma Catello Bonavita che cosa si è fatto?”

“Fortunatamente quasi niente. –E’ la risposta—“Ma poteva andare diversamente”

Mi avvicino mentre i Vigili raccolgono le sue dichiarazioni verbali dopo aver effettuato le registrazioni metriche e fotografiche.

Per terra i segni delle ruote dell’auto, quelli della bicicletta ed il punto di impatto.

Siamo là dove cominciano i parcheggi anche a destra e dove quindi la carreggiata utile si restringe

Forse è questa la vera causa o comunque la prima concausa dell’incidente .

Ad Amantea è un azzardo camminare a piedi , in bici od in auto.

Non è impossibile, anzi è molto facile, che i pedoni scendano anche improvvisamente dai marciapiedi occupati abusivamente invadendo la carreggiata con il rischio di essere travolti.

E non è impossibile, anzi è molto facile, che i ciclisti procedano contro senso con il rischio di restare travolti da un’auto.

E gli incidenti con le bici sono frequenti.

Come quello di oggi che è il più strano visto che i due mezzi andavano nella medesima direzione.

La verità è che fintanto finisce così tutto bene o quasi.

Ma se dovesse scapparci il morto qualche riflessione sul traffico e sul numero dei vigili bisognerà comunque cominciare a farla.

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Lo leggiamo su Il Corriere della Calabria di oggi 21 dicembre 2016 per la penna di Alessia Truzzolillo al titolo “L'ex assessore regionale alla Cultura, Saverio Zavettieri, è accusato di associazione per delinquere e tentata truffa. A giudizio altre 15 persone”.

Leggiamo anche che il processo inizierà il prossimo 23 marzo.

Ricordiamo che le accuse formulate nei confronti degli imputati sono associazione per delinquere e tentata truffa aggravata in concorso, reati legati a corsi di formazione professionale e corsi di ricerca considerati «fittizi» per i quali sarebbero stati chiesti finanziamenti per oltre 11 milioni di euro dei quali 5 milioni 652mila euro effettivamente erogati.

Ricordiamo in via preliminare che Antonio Maletta, Domenico Ferraro e Elena Salvatorelli sono stati prosciolti dal giudice per l'udienza preliminare.

E ricordiamo ancora che per Giovanni Antonio Bruno, Maria Concetta Sinatra, Vincenzo Scerra, Vincenzo Loiero, Antonino De Lorenzo, Laura Di Renzo, Giacomo Guido, Annunziata Tripodi, Antonio Borrello e le associazioni "Ulisse" e "Cba Associati - Dge Bruxelles" con sede legale a Siena, "For.ma.re", "Musafa Viaggi" e "Alliance 2000" di Amantea, "One" Srl di Rende, "Eblunet" Srl e "Gentes ricerche studi turismi" di Cosenza, e l'ente morale "Isest" di Siena è intervenuta la prescrizione.

Agli amanteani invece interessa che siano stati rinviati a giudizio oltre che l’ex assessore regionale alla Cultura e all'Istruzione Saverio Zavettieri, il professore Maurizio Vadacchino, di Amantea, all'epoca dei fatti legale rappresentante e amministratore di enti no profit, Maria Raluca Bilt, Sviatlana Malets, Maria Cristina A., Laura Mollica, Riccardo Giannetti, Roberto Ragadali, Francesca Papini, Umberto Dal Maso, Marino Bonanno, Silvano P., Francesco Sassone, Tommaso Caporale, Adelina Nesci, Egidio Esposito.

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ponte“In futuro ciascuno avrà 15 minuti di fama” scriveva Andy Warhol nel 1968. Uno slogan che ha funzionato e che tutti hanno cercato nel tempo di metabolizzare a proprio vantaggio, facendo carte false pur di essere noto (compreso rendersi ridicoli e/o volgari) e raggiungere il proprio agognato quarto d’ora di gloria anche a distanza utilizzando “il ponte” della tecnologia moderna dove poter sciorinare la propria bravura con il pretesto fin troppo evidente di essere stato semplicemente citato in uno dei tanti articoli scritti dal sottoscritto in questi ultimi anni. Il desiderio di essere sotto i riflettori, la voglia irrefrenabile di mostrarsi agli altri, il poco comprensibile imperativo di apparire come non si è, o comunque, di voler dimostrare che si è di più, che siamo riusciti a toglierci dal cono d’ombra e siamo diversi. Poi a livello più personale, penso che la voglia di mostrarsi e di essere noti ci sia sempre stata, ora è più amplificata perché c'è più possibilità e necessità di farlo, però credo sia nell'indole dell'uomo il farsi vedere, lasciare una traccia di sé. A volte questa spasmodica voglia di “esserci” e di contare qualcosa porta all’essere ridicolo e alla depressione che è una   patologia dell'umore, in particolare un disturbo dell'umore caratterizzato da un insieme di sintomi cognitivi, comportamentali, somatici ed affettivi che, nel loro insieme, sono in grado di diminuire in forma lieve o grave il tono dell'umore, compromettendo il "comportamento" di una persona, nonché le sue abilità ad adattarsi alla vita sociale. La depressione non è quindi, come spesso ritenuto, un semplice abbassamento dell'umore, ma un insieme di sintomi più o meno complessi che alterano anche in maniera consistente il modo in cui una persona ragiona, pensa e raffigura sé stessa, gli altri e il mondo esterno. Un tempo la reputazione era soltanto o buona o cattiva, e quando si rischiava una cattiva reputazione (perché si faceva fallimento o perché ci dicevano cornuto) si arrivava a riscattarla col suicidio o col delitto d’onore. Naturalmente tutti aspiravano ad avere una buona reputazione. Ma da tempo il concetto di reputazione ha ceduto il posto a quello di notorietà. Conta essere “riconosciuto” dai propri simili, ma non nel senso del riconoscimento come stima o premio, bensì in quello più banale per cui, vedendoti per strada, gli altri possano dire “guarda, è proprio lui”. Il valore predominante è diventato l’apparire. La società in cui viviamo è impostata su questi ideali, l'apparire, la notorietà, e questo influisce sicuramente sulle persone, anche perché del resto la società è fatta di persone. La nostra società cosa propone in prima linea? Grande fratello, reality vari, amici di Maria de Filippi, Uomini & Donne; tutte cose fatte di telecamere, estetica e notorietà. Quindi essere famosi è un concetto che viene portato così in alto perché è così che al momento vive una gran fetta della società italiana. Quindi sono convinto che sia un bisogno molto umano quello di lasciare qualcosa di sé, ma l'eccesso non mi è gradito, nel senso che non mi piace questa ricerca di notorietà che stiamo vivendo ultimamente, persone che farebbero di tutto pur di apparire, che annullerebbero sé stesse per una mediocre parte in un reality o su un trono della de Filippi. Depersonalizzazione pura, un sacrificio per le luci della ribalta [fossero almeno meritate].

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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