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“A lista du 21 lugliu” e Cicc’i Maria

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“ Ci’, cumunnè si all’impiedi ?; un su mancu i cinqua ed è ancora notti!”

Ciccio rispose alla madre:

“Oj , mà. Ti dic’a verità. Stanotti è fattu nu suonnu stranu, ca m’ha fattu schjantari e doppu ca mi signu risbigliatu umm’ha fattu chiù pigliari suonnu! Parje ca mi cadje ncullu nu massu ca mi schjamaccjave . Ma un’ riuscie a capiri i ddu’ venìe. Era cumu nu malu ca mi stave pè capitari !. E allura mi signu dazatu e ti ste facjennu u cafè.

Oj mà un tu fazzu mai, anzi un ti fazzu mai nenti!. Ma ti giuru ca cangiu vita, i monn’avanti a finisciu i fari u cjuotu.”

La madre, che sapeva, tentennò la testa verso avanti, Ciccio la guardò senza capire. Anche perché lo sguardo della madre era dolcissimo.

“ Oj, mà. Tu pienzi ca nanna è risbigliata? Ci puozzu jiri pè mi fari far’affascinu? E culla scusa cià puozzu purtare ta tazzulla i cafè?”

Il caffè, indenne alle vicende umane di quella famiglia amanteana, emanò il suo profumo e la parte bassa della ciucculatera si riempì del prezioso liquido.

Ciccio, intanto, che nel mentre aveva preso le tazzine e lo zucchero, riempì le tazze , mise in ognuna di esse un cucchiaino di zucchero, girò il tutto e porse la prima tazzina alla madre.

Fu allora che scorse le lacrime negli occhi della madre.

“Oj mà! Pecchì chjangi? “ chiese sorpreso.

E la madre, tra i singhiozzi confessò a Ciccio che domani mattina presto sarebbero venuti i Carabinieri a prenderlo per portarlo sulla spiaggia ad attendere la nave che passava ogni anno il 21 luglio e si caricava ” li cjuoti pè li purtari a Nocera Inferiore”.

“ U suonnu c’ha fattu chissu è, oj figlicjellu miu!”

Ciccio rimase perplesso, anzi impaurito, si mise a piangere e chiese.

“ Ma iu un signu davero cjuotu?. Signu nu pocu scostumato, s’è mannari ancun affanculu un ci pienzu dua voti, si vuogliu nu portigallu zumpu u muru e mu ve pigliu e si vene lu canu o u patruno i minu a tutt’i dua. Ma i ca a mi chiamari cjuotu cinni curre”

“U sacciu, u sacciu, oj cì. Ma i tia si lamentunu tutti e lu sinnicu ha chiestu allu preturu i ti mannari a Nucera, intr’ì cjuoti.

Signu jut’a duv’u sinnicu, l’è pregatu in jnuocchiu.

Signu jut’a duv’u preturu, l’è pregatu in jnuocchiu.

Signu jut’a duv’ u maresciallu, l’è pregatu in jnuocchiu.

N’un s’è aperta mancu na porta”

Ciccio stette ad ascoltare in religioso silenzio, poi trasse un profondo sospiro e disse

“ Oj mà , si chissà ha d’essiri l’ultimo juornu miu alla mantia cì ve puortu u cafè alla nonna, accussì a salutu”

E Ciccio uscì culla ciocculatera e portò il caffè alla nonna. La nonna sapeva tutto e non restò sorpresa ma chiese a Ciccio come mai avesse fatto una cosa simile.

Ciccio, raccontò quanto era successo e si rammaricò di essere stato discolo , forse molto discolo, ma si rammaricò anche di una società che non lo capiva.

“Oj, nò. A curpa è da mia. Ma ju un signu cjuotu, signu sulu uagljunu nu pocu scustumatu. Si patrima unn’avisse dovuto jiri all’america e m’avisse minatu quattru buffettuni ogni juornu, forsi………

Peccatu però ca u destinu miu è chillu i diventari daveru cjuotu d’intra i cjuoti! Chissà ca unn’i truovu ancuni cum’è mia.”

Girò le spalle alla nonna, le mandò un bacio con la punta delle dita e per non farle scorgere le lacrime se ne andò.

Ma la nonna gli disse :” Oj, cì. I carabinieri pè ti pigljiari , prima t’anu j truvari. E s’a nave passe….”

Le parole entrarono negli orecchi e con facilità presero corpo e consistenza nella sua mente. Tornò indietro con un sorriso stampato sul viso, baciò la nonna, le fece l’occhiolino ed andò via.

                                                           %%%%%%%%%%%%%%%

Toc, toc, toc.

Maria aprì la porta. “ Simu venuti a pigljari a Cicciu!”

“C’umu- disse Maria- un v’aviti pigliatu ajeri?. Manche d’ajeri matina!”

“Marì, un fjssiari- disse il Brigadiere- rapa sa porta!”

La ricerca fu avvero inutile. Ciccio non c’era. Nessuno lo aveva visto per tutta la giornata. E Maria che non sapeva nulla, piangeva disperata, pensando che Ciccio si fosse ucciso ed il suo corpo pendesse da qualche albero. Anzi chiamò tutti i parenti , raccontò il fatto e chiese aiuto per cercarlo. Non ci volle molto perché la nonna rassicurasse tutti, soprattutto la madre.

Intanto, Ciccio era sulle colline di Amantea dove sapeva di una vecchia e tranquilla grotta nella quale aveva passato la notte. Una notte breve per la curiosità di vedere.

Ed infatti, era ancora notte quando vide vari lumi nella notte silente sentì anche voci e rumore di carri, zoccoli di muli e cavalli e di ferri.

I lumi giunsero fino alla spiaggia che restò illuminata in più parti.

Guardò anche verso mare, ma si scorgevano solo le lampare dei pescatori.

Poi si accesero tante piccole luci nel fronteggiante centro storico e nelle case di campagna e si sentirono le voci dei contadini , il chiocciare della galline svegliate dal sonno per prelevare le uova da portare in città, il ragliare degli asini che venivano caricati di mercanzie da portare giù ad Amantea. Poi il suono delle tante campane che annunciavano la prima messa mattutina quell’anno.

Infine irruppe l’alba che annunciava una giornata limpida ed un sole cocente: il sole del 21 luglio!

Piccoli gruppi era sparsi sulla spiaggia.

Uno, due Carabinieri per ogni gruppo, una barca con marinaio proprio di fronte a loro, prossima alla riva, pronta a salpare per giungere sulla nave che sarebbe arrivata da lì a poco.

Le lampare si spensero e le barche cominciarono ad avvicinarsi verso riva. Era la storia di ogni mattina. E la spiaggia cominciava a riempirsi di gente . C’erano i parenti dei pescatori , i pescatori che non erano usciti, gli acquirenti, le venditrici con le loro “lannie”, pronte a sciamare verso le colline, i paesi vicini , lungo ogni sentiero rupestre, pronte a scambiare alici con prodotti della campagna.

Le barche giunsero a terra e la spiaggia si animò fortemente. Poi con la stessa rapidità con la quale si era riempita si svuotò. Ognuno partì per il proprio destino. Le donne partirono per la vendita del pesce. I marinai posarono gli attrezzi, poi andarono a riposare..

Poi, piano, piano, mentre il sole iniziava a compiere il suo arco nel cielo , la giornata si faceva piena e calda, ed ecco di nuovo la gente in spiaggia : arrivavano da soli od a gruppi. Arrivavano da ogni dove.

Ciccio non sentiva cosa queste persone dicessero

Ma lo immaginava.

Lì in uno di quei gruppi ci sarebbe dovuto essere lui!

“ Ma chilli un su li carabinieri da mantia”

“No! Su chilli du Lacu!”

“ e lu ciutu chinè?”

“Buh! Chin’ u canusce!”

“E li nuostri pecchì un ci sunu? “

“Cumu, un sa nenti?”

“No! Cuntimi”

“Su jiuti stamatina pè si pigliari a Cicciu u figliu i Maria. Ma ull’anu trovatu. Maria allura ha chiamatu u parentatu e tutti si su misi in giru pè lu truvari. Si spagnavunu c’avie fatti na fissaria

“ E mò? “

“Mo stanu girannu pe lu truvari prima c’arrive la nava. Sinnò ci và l’annu prossimu?

E Ciccio si mise a ridere, piano, piano. Era uscito dalla grotta ed era salito su una grossa quercia poggiata ad una rupe e dalla quale si sarebbe potuto scappare se i Carabinieri lo avessero individuato e si fossero appostati ai piedi del grosso albero!

“Sputami cann’umini”. Fu appena un sussurro quello che uscì dalla bocca di Ciccio quando li vide proprio davanti alla grotta. Entrarono ed uscirono dopo pochi minuti.

“No!- sentì la voce- ca un c’è statu nessunu.Un cinni su pedati!”

Cacchio! Aveva fatto bene a passare il folto ramo sul pavimento di terra della grotta cancellando ogni traccia.

Poi passarono sotto la quercia senza nemmeno alzare gli occhi!

Solo quando furono abbastanza lontano Ciccio si diede ad una serie di gesti liberatori : “Tè, tè, tè” disse battendo la mano sinistra sull’avambraccio destro!!!

Intanto la nave era ferma vicino a Campora San Giovanni dove, a turno, cominciò ad imbarcare prima un abitante della frazione, poi dua “cjuoti” di Aiello Calabro, a seguire uno di Terrati, infine uno di Cleto.

“Capitano” -chiese il nostromo che aveva presieduto e controllato le operazioni di imbarco dei “cjuoti” che gli stessi Carabinieri avevano assicurato con le catene ad apposite borchie di ferro infisse sia sotto la tolda che sopra –“abbiamo imbarcato tutti. Possiamo partire?”.

La risposta fu un “Si”- stentoreo, emesso da una voce roca per il vento ed il fumo della pipa che aveva sempre in bocca, “partiamo! Andiamo a raccogliere gli altri, tanti altri cjuoti”, seguito da una grassa risata, che come sempre intimidì lo stesso sottufficiale, mentre gran parte dei”cjuoti” si mise a ridere fragorosamente.

In fondo il capitano da tempo era considerato anche lui un “diverso”, forse ancora più “ciuotu” di quelli che imbarcava!

Intanto ad Amantea il caldo e la noia avevano zittito chiunque stesse lì sulla spiaggia ed avesse già conosciuto i matti e le loro storie.

Ma nessuno osava andare via, in particolare quando si sparse la voce che stavano per arrivare i Carabinieri di Amantea.

Si disse che avevano trovato Ciccio.

Ma non era così. Affatto!

Carabinieri, infatti, non stavano accompagnando Ciccio. No! In mezzo a loro c’era un altro amanteano .

“Ma chi è?- fu la domanda unanime- che cosa è successo?.

Fu allora che si scoprì “La lista” , una cosa che nessuno sapeva.

Le autorità avevano predisposto una lista di cjuoti. Un lungo elenco che anno dopo anno veniva aggiornato , pronto all’uso.

E così non trovando Ciccio erano andati a prendere il secondo in lista.

“ Brigadiè, cum’è, unn’aviti truvati a Ciccio e aviti pigliatu ann’atru?”

“Statti cittu –fu la risposta- ca vua unn’u sapiti china c’è d’intr’a lista . A prossima vota po’ tuccari a tia!

Eh, già. La storia del 21 luglio è questa.

U problema veru unn’è sapire china parte, ma puru china reste!!!

Poi fu come sempre. Le barche caricarono i derelitti e li accompagnarono alla nave dove furono accolti dal capitano che intesero subito come amico.

Poi appena finirono questa selvaggia e triste usanza si sentì il fischio acuto della nave che partì per Belmonte Calabro dove altri miseri aspettavano.

Lì in alto, sulle colline, un poco consapevole Ciccio, appena sentito il fischio della nave, scese dalla grande quercia fino alla sottostante stradetta e cominciò il fantastico finale della sua storia.

Salì sulla grande roccia e da lì visto da mare e dalla nave cominciò un lungo “Tè, tè, tè” con una voce sempre più stridula e forte disse battendo la mano sinistra sull’avambraccio destro fino a farsi male!!!

Era libero. Almeno per quest’anno!

PS. Non è dato sapere se Ciccio sia poi partito negli anni successivi o se sia rimasto tra noi ed i suoi eredi in questo giorno si ricordino di celebrare la sua festa e la festa di tanti : il 21 luglio!!

Qualcuno maligna che non sia partito e che i suoi eredi siano tra noi.

Redazione TirrenoNews

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