
Charles Drennan, importante vescovo della Nuova Zelanda, si è dimesso oggi per avere avuto un comportamento «inappropriato» con una donna.
L’episodio è venuto fuori dopo che la donna coinvolta, di cui non si conosce l’identità, aveva contattato la Chiesa cattolica neozelandese, che aveva affidato il caso a un investigatore indipendente.
Non è chiaro se l’inchiesta sia stata portata a termine, ma Drennan ha dato le sue dimissioni al Papa prima che il contenuto dell’indagine venisse diffuso.
Papa Francesco ha poi accettato la richiesta di Drennan.
La Chiesa cattolica neozelandese ha fatto sapere che non rivelerà ulteriori dettagli della vicenda su richiesta della donna coinvolta.
Drennan, 59 anni, era vescovo dal 2012 della diocesi di Palmerston North, una delle sei entità in cui sono raggruppate le parrocchie cattoliche del paese.
Era stato nominato un anno prima da Papa Benedetto XVI, che Drennan definiva «un grande maestro», e con cui aveva collaborato all’interno della segreteria di Stato vaticana (l’equivalente della presidenza del Consiglio italiana).
L’età in cui un vescovo va in pensione è fissata a 75 anni.
Non è chiaro se Drennan rimarrà all’interno della Chiesa cattolica oppure farà richiesta di lasciare i sacramenti, cioè di lasciare lo status di membro del clero.
Secondo il professor della Columbia University Sheri Berman, la Svezia è attualmente nel mezzo di una monumentale trasformazione demografica e culturale a seguito della migrazione di massa che potrebbe benissimo causare il disfacimento della società.
Sheri Berman, professore di scienze politiche alla Columbia University che ha studiato e scritto ampiamente sulla società svedese dagli anni ’80, afferma che il paese nordico sta attualmente vivendo una trasformazione della società che il mondo non ha mai visto prima.
Durante una recente apparizione alla Fiera del libro di Göteborg, Berman ha detto ai giornalisti di Svenska Dagbladet: “Oggi la tua società appare drammaticamente diversa.
È un paese completamente diverso.
Il cambiamento demografico che la Svezia ha subito negli ultimi anni è piuttosto incredibile.”
“Pensare che questo tipo di cambiamento possa avvenire senza problemi non è storico. È un esperimento demografico di dimensioni storiche”, ha aggiunto Berman.
Per Berman, la totale distruzione dell’omogeneità culturale ed etnica svedese potrebbe benissimo minacciare la democrazia poiché una parte considerevole degli svedesi nativi farà inevitabilmente fatica a preservare la sua identità culturale ed etnica.
È chiaro che questo già comincia a verificarsi nella società svedese oggi.
“Non c’è dubbio che più una società è omogenea, meglio sarà. I gruppi sono meno numerosi e le lacune sono più vicine, ed è più facile creare un senso di solidarietà sociale “, ha affermato.
“È difficile scendere a compromessi sull’identità e questo rende le persone più intolleranti perché le mette in una posizione difensiva.
La politica dell’identità non fa bene alla sinistra e non fa bene alla democrazia “.
“La Rivoluzione francese può essere considerata il punto di partenza per la democrazia in Europa, ma ci sono voluti 150 anni perché arrivasse davvero.
Molte persone dimenticano quanto è stato lungo e difficile quel viaggio e quante democrazie sono cadute lungo la strada. ”
Sheri Berman, nei suoi studi, si occupa di questioni come la democrazia, populismo, storia della sinistra e della politica europea, sia per pubblicazioni sia accademiche che non accademiche.
Quando si parla di criminalità "ci sono alcuni dati che sono assolutamente incontrovertibili.
Che nel nostro Paese ormai da dieci anni ci sia un trend di un calo complessivo dei reati è un dato inequivoco.
E che ci sia un aumento degli stranieri coinvolti - sia come persone denunciate sia come persone arrestate - è un altro dato inequivoco".
Lo ha detto il capo della polizia Franco Gabrielli intervenendo al Festival delle Città dove ha parlato anche del rapporto tra sicurezza e immigrazione.
"Nel 2016 su 893mila persone denunciate o arrestate il 29,2% erano stranieri, nel 2017 gli stranieri sono aumentati al 29,8% , nel 2018 al 32% e il questo scampolo di 2019 - che è molto più di uno scampolo perché siamo a nove dodicesimi dell’anno intero - il trend viene confermato perché il dato si attesta poco al di sotto del 32%".
Occorre pensare che in Italia tra gli stranioeri ci sono cittadini francesi, inglesi, russi, cinesi, filippini, americani che non affollano le carceri italiane
In carcere, invece, se andiamo a vedere, ci sono romeni, albanesi, ma soprattutto nordafricani e sub sahariani
In sostanza una parte minuscola di stranieri commette ben piùdi 1/3 dei reati,
Sicurezza e migranti, per
Secondo il capo della polizia Gabrielli il problema esiste e di fronte a questi numeri sarebbe un errore nascondere la testa sotto la sabbia.
"L'immigrazione non è stata gestita come un tema strutturale"
Un problema che affonda le radici nel passato. "Dalla fine degli anni ’90 al 2014 - salvo l’eccezione costituita dalla sanatoria Bossi-Fini - l’immigrazione non è stata gestita come un problema strutturale, ma con l’approccio che dovesse passare la nottata.
Per evitare derive xenofobe e generalizzazioni che comprometterebbero la vita degli stranieri onesti, si deve agire contro gli stranieri delinquenti in maniera definitiva.
La sinistra ha sempre negato che i migranti commettono più reati degli italiani.
Ora che diranno?
E che dirà il papa che ha detto che la mafia è calabrese e non senegalese?
E che cosa succederà dell’Italia se la sinistra continua a fare l'immigrazione con porte aperte e che ci porta pure i delinquenti.