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Anziani lucani a rischio povertà, 4 su 10 rinunciano ai pasti a causa della crisi. E se li mettessimo sui barconi?

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“Potenza. Ben il 41,7% degli anziani lucani ha ridotto i pasti e quindi i consumi a causa della crisi.

È quanto emerge dalla ricerca nazionale e il report regionale “Pensa a come mangi” sull’alimentazione e la salute delle persone anziane realizzata da Spi Cgil e Auser e presentato ad Accettura durante l’assemblea regionale Spi Cgil Basilicata.

La ricerca ha interrogato direttamente gli anziani sulle proprie abitudini alimentari, i consumi, i legami famigliari e le risorse del territorio, nonché la disponibilità all’attivazione e al cambiamento. Si tratta del dato più elevato tra gli approfondimenti regionali realizzati a seguito della ricerca nazionale. Un dato così netto, superiore alla media nazionale (17,7%) ma anche alle altre regioni del Sud e Isole, include evidentemente condizioni sociali, di genere, situazioni personali e di relazione assai differenti.

Il profilo di coloro che hanno diminuito i pasti a causa della crisi si completa considerandone la maggiore incidenza tra le persone sole (circa il 49,6% ha diminuito i pasti) e tra i più anziani (il 46,7% tra gli ultra settantenni, contro il 32,8% tra i 60-69enni).

Tra gli ulteriori elementi critici va segnalata la bassa frequenza con la quale vengono consumati ortaggi e verdure, pur essendo una componente essenziale di una dieta equilibrata, e il consumo di carni trasformate almeno una volta al giorno per quasi il 20% dei rispondenti, più elevato della media nazionale e superiore al consumo frequente di carni fresche. Anche la varietà dei pasti consumati dagli anziani lucani è più compressa rispetto alla media del dato nazionale: consumano quattro o cinque pasti al giorno il 7,2% dei rispondenti, contro l’12,8% nazionale.

Coloro che consumano meno di tre pasti al giorno rappresentano invece ben il 12,7%, segnalando una quota critica di persone con una frequenza di pasti largamente insufficiente per una dieta equilibrata.

I dati nazionali dicono che si tratta principalmente di persone di età avanzata, spesso sole e a basso reddito: non stupisce, quindi, che è maggiore in questo caso la frequenza di spuntini e merende, spesso consumati come sostitutivo di un pasto principale.

“Il quadro regionale – afferma Nicola Allegretti, segretario generale Spi Cgil Basilicata – ci dice da un lato quanto sia importante l’alimentazione come indicatore di benessere e della qualità di vita dei nostri anziani, dall’altro è un campanello di allarme rispetto alle politiche di assistenza di cui la nostra regione, sempre più anziana, ha bisogno.

Su questo fronte da tempo lo Spi Cgil è impegnato sul versante della legge regionale per l’assegno di cura, allargando la fascia degli aventi diritto e introducendo nuovi beneficiari e su quella dell’invecchiamento attivo, fatta propria da alcuni consiglieri regionali”.

“La sfida – commenta Angelo Summa, segretario generale Cgil Basilicata – è organizzare reti di infrastrutture sociali, delineando una linea programmatica futura.

Noi come sindacato dobbiamo dare forza a questo modello e provare a concentrare le risorse del Fondo sociale europeo sulla infrastrutturazione sociale.

Ciò significa costruire servizi che rispondano ai bisogni delle persone, partendo dall’infanzia. In Basilicata 20.000 bambini da 0 a 3 anni non usufruiscono di alcun servizio.

Rendere obbligatorio e gratuito l’asilo nido significherebbe creare nuovi 5.000 posti di lavoro, un educatore ogni quattro bambini, e cercare di contrastare il fenomeno dello spopolamento perché se c’è una rete di servizi posso decidere di rimanere nel mio comune. Anche sulle case di riposo – continua - stiamo lavorando affinché si istituisca una legge che stabilisca gli standard sulle tariffe sociali e sulla qualità dei servizi.

L’assistenza alle persone e il welfare siano al centro dell’azione sindacale fino a quando non si produrranno azioni concrete sulla distribuzione delle risorse del Fse: di 256 milioni almeno 50 possa essere destinati ai servizi sociali se c’è la volontà politica di farlo”.

Tra le azioni della Cgil, l’istituzione del dipartimento Benessere e diritti. “Dentro benessere e diritti – afferma Mina Cilloni, della segreteria nazionale Spi Cgil - c’è la vita delle persone e i bisogni individuali che dobbiamo sapere trasformare in bisogni collettivi.

Non sono altro che strumenti di contrattazione sociale e territoriale, una ulteriore possibilità di intervento, lavoro e di contrattazione sociale in quei territori dove alcune cose non sono state fatte attraverso una rete di servizi che ci consentirà di dare risposte molto più attente ai nuovi bisogni”.

NdR.Senza offesa alcuna per i profughi economici ed il sistema di accoglienza dell’Italia ma perché gli anziani poveri italiani non riescono a mangiare ed i profughi si?

E se dipingessimo loro il viso di nero, li mettessimo sui gommoni e li facessimo sbarcare nei porti o sulle spiagge lucane lo Stato li assisterebbe assicurando loro colazione, pranzo e cena?

In che cosa gli anziani sono diversi dai profughi economici, pur disperati, come quelli che arrivano in Italia?

Perché chi viene dal mare è assistito e chi viene da terra non lo è?

Perché gli stranieri sono assistiti e gli italiani molto meno?

Comprendo che qualcuno storcerà il naso, mi apostroferà nei modi più beceri( in specie chi ci lavora con questa accoglienza), ma so che stanotte e nelle notti prossime penserete anche ai nostri, ai vostri anziani che patiscono la fame in una terra che accoglie gli altri e non assiste chi ci è nato!

Salvo che CGIL, SPI e Auser non abbiano detto caxxate!

Giuseppe Marchese

Redazione TirrenoNews

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