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La Cancellieri è indagata. "Sui contatti con la famiglia l’ex Guardasigilli ha mentito ai pm"

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La procura di Roma contesta all'ex ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri il reato di false dichiarazioni a pubblico ministero.

Tutto nasce dalla vicenda delle telefonate con Antonino Ligresti, fratello di Salvatore, arrestato dalla procura di Torino nell'ambito dell'inchiesta su Fonsai insieme alle figlie, Giulia e Jonella.

Il fascicolo era stato invito arrivato dalla procura piemontese a quella romana per competenza.

Non aveva indagati né ipotesi di reato.

Agli atti c'era soltanto il verbale dell'audizione dell'allora Guardasigilli che si era svolto al ministero di via Arenula il 22 agosto 2013.

Al tempo il ministro Cancellieri non era indagato ma il procuratore aggiunto di Torino, Vittorio Nessi, gli aveva chiesto conto di alcune telefonate con Antonino, finite nell'inchiesta sulla compagnia assicurativa.

Il ministro sulle telefonate era stato molto vago, ed aveva ammesso di aver parlato con il suo "amico di famiglia" il 19 agosto e di aver discusso delle condizioni di salute della nipote, ma di aver risposto a una sua telefonata.

Ma la cosa alle indagini non è risultata vera.

I tabulati dimostrarono infatti che la telefonata della durata di 6 minuti era stata fatta da lei

Anche per un contatto precedente all'interrogatorio la cancellieri aveva detto di aver sentito Ligresti che le "aveva mandato un sms per sapere se c'erano novità".

Il contatto però era avvenuto telefonicamente. Antonino Ligresti aveva sì scritto al ministro che, però, lo aveva richiamato dal suo numero di telefono e anche in quel caso, come pochi giorni prima, la conversazione era durata parecchi minuti.

Silenzi, omissioni, imprecisioni poi smentite dagli atti anche sui rapporti con il marito del Guardasigilli, Sebastiano Peluso, che la procura di Torino aveva verbalizzato senza però contestargliele.

Forse lo avrebbe fatto se il caso non fosse scoppiato imponendo, a quel punto, l'invio degli atti a Roma, chiamata a indagare per il criterio della competenza territoriale.

Quando il procuratore capo Giuseppe Pignatone, ha ricevuto gli atti, ha disposto una serie di accertamenti, tra i quali anche l'acquisizione dei tabulati telefonici del ministro.

Da lì le incongruenze di quella testimonianza di agosto.

Si impone quindi di risentire l’ex Guardasigilli.

E per sentirla di nuovo e in modo super protetto negli uffici distaccati della procura in piazza Adriana, i pubblici ministeri Simona Marrazza, Erminio Amelio e Stefano Pesci hanno deciso di iscrivere l'allora ministro nel registro degli indagati per quelle false dichiarazioni rese ai colleghi torinesi.

Ad accompagnarla c'era il suo avvocato, Franco Coppi.

Sembra comunque che i PPMM siano orientati a chiedere l'archiviazione.

Ma l’ultima parola spetta al giudice per le indagini preliminari.

Redazione TirrenoNews

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