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Redazione TirrenoNews

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Lo stato di grave difficoltà economica nel quale versano famiglie e giovani, da tempo, ormai, ma soprattutto nei giorni scorsi, ha portato diverse persone ad essere presenti giorno 17 maggio nella stanza dell’ufficio elettorale per assistere alla nomina degli scrutatori per le prossime consultazioni amministrative

 

Si tratta di selezionare o nominare 56 persone per i 14 seggi elettorali.

 

56 persone su una platea di centinaia, se non migliaia, di aventi bisogno.

Percepiranno 120 euro per un defatigante impegno di oltre 25 ore di lavoro; meno di 5 euro ad ora.

Nella occasione molti avrebbero voluto che la selezione o nomina venisse fatta tra i disoccupati, almeno, se non in stretto ordine di bisogno da certificare con l’ISEE.

Una selezione o nomina certamente difficile .

 

Se infatti normalmente i candidati vengono selezionati tra i circa 1700 iscritti nell’apposito albo degli scrutatori di seggio elettorale (può essere fatta domanda entro il mese di novembre di ciascun anno e si resterà nell’elenco a vita fintanto che residenti nel comune) una scelta per bisogno avrebbe comportato ben altra platea.

 

Ed infatti durante la lettura dei nomi molti sono stati i mugugni e riflessioni amare emerse( le altre considerazioni sulla libertà di voto degli “Eletti”le omettiamo).

In questa “lettura delle cose” una candidata ha inteso immediatamente rinunciare a tale incarico a favore di persona più bisognosa

Lo ha fatto con una nota scritta e protocollata

Si tratta di Veltri Angelina del 1974 estratta a sorte al seggio n 8

Questa la lettera di rinuncia notificata prima ancora della notifica della nomina.

Non è dato sapere la verità sul perché una sola ragazza non sia stata avvertita della gita scolastica in Sicilia.

 

Probabilmente siamo in presenza di una vera e propria discriminazione. 

Certamente di una beffa, se è vero quanto denuncia la madre della giovane: “Come ogni mattina - ha raccontato all'Ansa la mamma della quattordicenne - ho accompagnato mia figlia a scuola. Una volta arrivata nell'istituto l'insegnante di sostegno mi ha comunicato che la classe era in gita per tre giorni».

 

La ragazza, che soffre di una particolare sindrome che provoca un ritardo dello sviluppo, è seguita da un insegnante di sostegno, ma non ha problemi di deambulazione.

 

Poi, continua la mamma: “Mia figlia è fisicamente più piccola rispetto alla sua età, ma è intelligente e capisce ciò che accade; quindi stamattina è rimasta male quando ha appreso la notizia.

Io nel vederla soffrire mi sono sentita morire. Ho chiesto spiegazioni alla preside che mi ha assicurato che aveva dato direttive precise, e quindi mi avrebbero dovuto avvisare, ma l'insegnante di sostegno ha scelto di non farlo.

Un fatto gravissimo perché ha precluso a mia figlia la possibilità di vivere un'esperienza nuova con i compagni».

 

Inoltre, conclude: “«Un diritto fondamentale, quello di essere felice e di visitare un posto nuovo insieme ai suoi compagni le è stato negato».

Ed Infine: “Se l’avessimo saputo, avrei anche potuto accompagnarla io”

 

Ma nemmeno questo è potuto succedere. Nessuna delle due ha saputo niente. La scuola ha deciso per lei.

La svendita del patrimonio artistico italiano è ormai una realtà contro la quale si deve intraprendere una tenace battaglia, una ‘’crociata’’ vera e propria a difesa di secoli di storia, arte e tradizioni.

 

Anche i piccoli centri non risultano immuni dal redditizio business dell’arte, complici gli scarsi controlli e una normativa che si vuole trasformare a vantaggio del mercato.

Salvatore Settis, solo poche settimane fa, così ha scritto: «La nuova norma trasforma l’Italia in un gigantesco magazzino di beni culturali di seconda mano, dove chiunque è invitato a entrare col carrello della spesa.

Ecco arrivare al Consiglio dei ministri un Ddl sulla concorrenza, che dovrebbe parlare di energia, assicurazioni e così via, ma cova al suo interno un’escrescenza impropria, l’art. 68, che disciplina “la semplificazione della circolazione internazionale dei beni culturali”».

 

Non è una bella notizia per l’Italia, già nel mirino di tombaroli, mercanti d’arte e miliardari stranieri. Anche in Calabria, il mercato, soprattutto dei reperti archeologici, esiste da sempre, ma negli ultimi anni è stato esteso anche a beni di grosse dimensioni, come le chiese.

Un paio di anni fa, un paesino dell’alto Jonio calabrese, Montegiordano, è stato teatro di un episodio alquanto sconcertante: un’antica chiesetta di origine medievale dedicata alla Madonna del Carmine, fu smontata per essere spedita al MOMA di New York, dove sarebbe stata rimontata ed esposta in modo permanente.

Un’idea balzana di un artista che aveva acquistato on line l’immobile. Tutto avvenne – e questo fu molto grave – nel silenzio degli enti locali.

Grazie all’allarme lanciato da uno storico dell’arte, che inviò un’informativa al ministro Bray, e alla conseguente mobilitazione della Soprintendenza BAP di Cosenza, si riuscì a bloccare, nel porto di Gioia Tauro, il container contenente i pezzi della chiesetta, pronta per attraversare l’oceano alla volta degli Stati Uniti.

 

Oggi, sotto i riflettori è una chiesetta di Cleto, altro paesino in provincia di Cosenza.

Nel 2015, la piccola chiesa del Rosario, detta anticamente chiesa castellense di San Giovanni Battista, viene venduta dalla parrocchia di Santa Maria Assunta a un imprenditore olandese per 10.000 euro.

La chiesetta, dichiarata dalla Soprintendenza di interesse culturale (decreto 39/2014), sarebbe dovuta diventare, nelle intenzioni dell’acquirente, un centro d’arte internazionale.

Il comune, però, prima che fosse venduta, aveva ottenuto, già nel 2014, un finanziamento (fondi Por) di 300.000 euro, parte dei quali destinati a mettere in sicurezza l’edificio pericolante, i cui lavori furono appaltati nell’autunno di quell’anno.

In seguito, in aprile 2015, l’Amministrazione cletese decadde per effetto delle dimissioni dei consiglieri di minoranza e di alcuni di maggioranza.

Nel corso del successivo periodo di commissariamento del comune – che non si sa come mai non abbia esercitato il diritto di prelazione – si registrerà la compravendita tra la parrocchia di S. Maria Assunta e l’imprenditore olandese. Il progetto imprenditoriale di trasformazione del diruto edificio in centro d’arte, con la rielezione a giugno 2016 dell’attuale giunta, non avrà vita facile. Già a luglio dello scorso anno, il Consiglio comunale dichiarò di pubblica utilità l’edificio, una volta adibito a luogo di culto, e, con decreto successivo lo espropriò.

 

Ma il Tar Calabria, al quale si era rivolto l’imprenditore olandese, annullò tutto per difetti di notifica nell’ottobre successivo.

Si attende, ora, il pronunciamento del Consiglio di Stato per stabilire chi dovrà disporre della chiesetta e se un bene dichiarato di interesse culturale possa essere alienato ai sensi del Codice dei Beni Culturali vigente.

I due casi citati sono sintomatici della scarsa attenzione che la Soprintendenza calabrese riserva ai beni su cui dovrebbe vigilare (non si capisce, altrimenti, quale possa essere la sua funzione) e mettono in risalto la tendenza, sempre più diffusa, di ‘’fare’’ a pezzi il patrimonio storico-artistico italiano per svenderlo sul mercato internazionale dell’arte.

Maggiori controlli e sensibilità da parte anche dei cittadini sono da invocare per impedire che il nostro paese, da museo a cielo aperto, si ritrovi ad essere depredato e alienato a stranieri milionari.

18 Maggio 2017 Francesca Canino

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