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Lo ha deciso la Cassazione.

Come noto l'ex consigliere regionale Nicola Adamo era rimasto coinvolto nell'inchiesta "Rimborsopoli" sulla gestione dei fondi destinati ai gruppi in consiglio regionale.

 

Ed il gip di Reggio Calabria Olga Tarzia aveva disposto il provvedimento di divieto di dimora nella regione.

La misura del divieto di dimora era stata confermata anche dal Tdl per evitare l'inquinamento delle prove e la reiterazione del reato poiché, pur non sedendo più Nicola Adamo a Palazzo Campanella.

 

Adamo si era difeso sostenendo che: «Io ho presentato una nota spese, sono rendicontate anche le virgole, il problema è l'interpretazione. Se mi si dice che quelle sono spese del politico Adamo andremo a discutere in sede processuale. Sono state fatte, non sono spese pazze, non ci sono profumi, non ci sono champagne, non ci sono mutande, non ci sono lap dance, non ci sono gratta e vinci... sono tutte spese dell'unica normativa che è la legge regionale numero 13».

 

E la Cassazione gli ha dato ragione.

Ora gli avvocati di Adamo, Fabio Viglione ed Ugo Celestino, esprimono «viva soddisfazione» per il provvedimento della Corte di Cassazione e dichiarano : «La fiducia che, assieme al nostro assistito, abbiamo da sempre riposto nella Magistratura ha trovato ancora una volta sicuro riscontro: la Suprema Corte, accogliendo pienamente il nostro ricorso, ha restituito all'on. Adamo il pieno diritto di far rientro in Calabria da libero cittadino. Siamo altresì convinti che il processo fugherà ogni dubbio sulla correttezza dell'operato istituzionale del nostro assistito»

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Guai a chi li tocca sembra dire la massaia incazzata nella foto, armata di mattarello!

 

Vi raccontiamo una vicenda che altrove sarebbe già finita nelle aule dei tribunali, penali e civili, oltre che, ovviamente, alla Corte dei Conti trattandosi di pubblica amministrazione.

I protagonisti sono 138 calabresi che hanno lavorato un anno presso l’ASP.

138 persone che nessuno sa da chi siano state assunte.

138 persone che hanno lavorato su posti insistenti, evidentemente, visto che non esiste alcun impegno di spesa.

138 fantasmi e che avrebbero continuato a lavorare tranquillamente fino alla pensione se non avessero preteso gli stipendi.

 

Già! 129 di loro si sono rivolti al medesimo avvocato , Vincenzo Belvedere, addirittura, mettendo in mora l’ente tenuto al pagamento. Vincenzo Belvedere, del foro di Cosenza, è noto per difendere clienti che hanno problemi con il servizio sanitario calabrese.

A tal punto l'Asp ha chiesto alla Regione i soldi per pagare i "dipendenti" per il periodo che va dal dicembre 2014 al novembre 2015.

Ma il dipartimento Lavoro non ha alcuna intenzione di pagare.

Perché?

Semplice.

 

“Manca tutto: una logica che giustifichi la scelta di quelle persone, un progetto coerente sul loro utilizzo, addirittura la copertura finanziaria”.

E non basta.

“Come sono stati scelti i precari? Sulla base di istanze pervenute entro la data del 22 dicembre 2010. Istanze che «appaiono irritualmente acquisite agli atti della Regione, la cui documentazione, peraltro, è oggetto di sequestro penale da parte dell'autorità giudiziaria». Ne avrà di lavoro, la Procura di Cosenza, perché «l'istruttoria di selezione delle istanze dei lavoratori non risulta agli atti di questo dipartimento»”.

“È mistero, insomma, su come siano stati scelti i precari, alcuni dei quali sarebbero molto vicini ad ambienti politici del Cosentino (sia del centrodestra che del centrosinistra)”.

Chi ha suggerito ai 138 dipendenti di fare domanda, probabilmente prendendoli a proprio carico politico?

Chi ha mosso vicenda delle domande pendenti dal 2010, guarda caso proprio nella immediata precedenza delle elezioni regionali del 2014?

Non sarà per caso un fatto di voto di scambio .

 

Chi ha redatto l’elenco dei nominativi dei beneficiari che “ risultano già individuati da parte dell'Asp di Cosenza con nota del 7 luglio 2014, in virtù di non meglio precisate autocandidature di lavoratori?». All’epoca l’ASP era retta dal direttore generale Gianfranco Scarpelli.

Non solo, ma sembra che il numero «dei beneficiari sia stato modificato più volte senza motivazione».

Ora i precari saliti sul carro della sanità calabrese vengono scaricati sia dalla politica che dalla burocrazia.

Troppo pericoloso, perlomeno in Calabria. C‘è il rischio che parlino!

Ed in Calabria la politica è intoccabile!

Ps. Comunque confessiamo la nostra curiosità di sapere chi ci sia dietro questa ennesima porcheria tutta calabrese e se Renzi continui a voler licenziare solo chi si allontana dall’ufficio od anche chi crea debiti alle finanze pubbliche.

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Prima si chiudono le cucine degli ospedali per risparmiare sui costi.

Poi siccome il personale delle cucine non può essere licenziato occorre trovargli “un posto”.

Sembra che molti vadano fare gli autisti in posti inesistenti.

Qualcuno anche autista di autoambulanza per non avere riduzioni dello stipendio.

Ma i costi del personale diventato eccedente è coperto dai risparmi del nuovo sistema di servizi di cucina?

E tutto ciò è legittimo?

 

Ed ancora in siffatte situazioni i costi della sanità si riducono od aumentano?

Ora della vicenda si interessa la politica e il consigliere regionale Giuseppe Graziano si domanda se i cuochi andranno davvero a guidare le autoambulanze.

Ed il personale di cucina, inoltre a quali mansioni sarà addetto? E per quali servizi?

Ed andrà a coprire posti inesistenti con ulteriori palesi illegittimità amministrative e contabili o saranno spese borse lavoro tratte sui fondi POR per riqualificarlo come uscieri od addetti al centralino od al protocollo?

 

Ora il consigliere Graziano chiede al Presidente Oliverio di aprire un dossier che faccia luce su una vicenda lavorativa paradossale se non grottesca.

E poi si pensa di licenziare ( giustamente) quelli che non lavorano

E quelli che lavorano e fanno questi pateracchi li lasciamo ancora nella sanità?.

E poi perché non si è tentato di ricollocare parte del personale nelle nuove ditte?

E perché non si è organizzata una cucina unica per tutto il tirreno cosentino, magari su Cetraro, anche per Paola e Praia a Mare, con lo stesso personale pubblico?

Come mai, infine, le cliniche private continuano ad avere cucine interne?

Ma siamo davvero sicuri che stiamo risparmiando a parità di qualità del servizio?

E chi lo ha certificato?

Forse l’ASP?

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