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I Gentile incaricarono De Rose di far sparire la notizia. Lo provano alcuni messaggi.

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Giorni addietro il senatore Gentile, che continua a non rispondere agli interrogativi da me sollevati nei precedenti editoriali, ha affidato alle agenzie di stampa una nota in cui dichiarava la sua totale estraneità alla vicenda della mancata andata in stampa dell’Ora della Calabria (senza nominarla) e annunciava di aver dato mandato ai suoi legali per sporgere querela contro chi aveva leso il suo onore e la sua reputazione. Per fugare ogni ingiusto sospetto sulla veridicità di quanto da me denunciato, oltre che le ombre lanciate sulla correttezza professionale dei giornalisti dell’Ora da parte di altre testate che hanno anche ipotizzato che l’editore mi avesse riferito il falso (dimenticando o fingendo di dimenticare che io ero presente alla conversazione tra De Rose e Alfredo Citrigno), d’accordo con lo stesso editore divulgo alcune delle prove che documentano come il nostro stampatore De Rose parlasse effettivamente da garante dei Gentile.

Innanzitutto De Rose comincia a chiamare alle 14.47 del 18 febbraio (risulta dal messaggio sul cellulare di Citrigno che registra la chiamata mentre la sua linea è occupata) e poi alle 15.03 manda un messaggino: «Alfredo chiamami appena leggi il messaggio. A dopo». Da poco avevamo messo on line sul nostro sito un’anticipazione della notizia riguardante l’inchiesta aperta a carico del figlio del senatore Gentile. Citrigno tuttavia, che si trova nel suo ufficio presso la nostra redazione, preso da altri impegni, richiama lo stampatore solo alle 19.04 ed è allora che apprende la richiesta di De Rose che si pone come tramite dei Gentile, chiedendogli di non mettere «supa u giurnale» la notizia riguardante Andrea Gentile. Citrigno chiede a De Rose come mai si servissero di lui e non parlassero direttamente le persone in questione: Tonino o il figlio Andrea. Così il mediatore si mette subito all’opera (nella conversazione che io ho ascoltato non a caso De Rose dice a Citrigno “è la prima volta che ti chiedono una cosa, te la chiedono loro per mio tramite”).

Le schermate del cellulare di Citrigno, per altro, parlano chiaro: alle 20.57 del 18 febbraio (la notte dell’improvviso “guasto” alla rotativa che impedì l’uscita del giornale) Umberto De Rose scrive il seguente sms all’editore: «Alfredo ti hanno chiamato ma non hai risposto. Fammi sapere». Chi aveva chiamato? Risulta dalla videata delle telefonate non risposte: Andrea Gentile (alle 20.53 e poi alle 21.11), ossia il figlio del senatore di cui l’Ora avrebbe pubblicato la notizia dell’indagine aperta a suo carico per i reati di falso ideologico, abuso d’ufficio e associazione a delinquere nell’ambito del caso Asp Cosenza. L’uso del plurale da parte di De Rose è significativo perché sembra porsi in correlazione con la conversazione che io ho ascoltato in cui lo stampatore parla a Citrigno dei segnali di pace che i Gentile gli hanno fatto (“t’hanno fatto a sudditanza”) e che se buttati al mare avrebbero provocato la classica ira assassina del «cinghiale ferito».

Comunque Andrea Gentile alle 21.18, non rispondendogli l’editore, gli invia a sua volta un sms: «Alfredo ho provato a chiamarti ma non sono riuscito a sentirti... Ho avuto modo di parlare con Umberto volevo ringraziarti sinceramente per quanto farai. Andrea».

Dà, quindi, il figlio del senatore per scontato che Citrigno sarebbe intervenuto per far togliere la notizia che lo riguardava. E non solo, scrive lui stesso di aver parlato con De Rose che quindi, a giusto titolo, afferma nella conversazione da me ascoltata passata la mezzanotte di essere «garante» presso i Gentile di un obbligo «morale» da loro assunto verso l’editore per il favore che gli avrebbe reso operando la censura, tale che, dice lo stampatore, se continuassero poi a infastidirti: «Sarei io il primo a chiamarlo e a dirgli: “Senti Tonino loro ti hanno fatto un’apertura ma tu ti sei comportato come una m...”».

La conversazione telefonica tra Andrea Gentile e Alfredo Citrigno avviene alle 21.24. Non appena l’editore gli fa capire che non può intervenire su di me per farmi togliere la notizia documentata e già andata on line anche su un’altra testata, il figlio del senatore si irrigidisce: “Siamo grandi e vaccinati, ognuno va per la propria strada”. A fine telefonata, lo congeda dicendogli: “Tanti auguri a tuo padre e a te!”. Una frase che mi fa pensare a quelle ripetute da De Rose e da me ascoltate: “Ti conviene con i problemi che ha adesso la tua famiglia pubblicare questa notizia? Non ti capisco, è na ciotìa. Si sta formando il governo si parla del fatto che lui (Tonino Gentile, ndr) diventerà sottosegretario alla giustizia...”.

Di tutte le chiamate ma non è più giusto definirle pressioni? ricevute durante la lavorazione del giornale da Citrigno io non ho appreso che poco prima della mezzanotte e trenta, quando avevo già dato il “visto si stampi” a tutte le pagine e le locandine del giornale. Solo andando via dalla redazione, nell’auto di Citrigno, lui sfogandosi mi ha raccontato tutto quello che gli era successo con De Rose, il quale aveva febbrilmente chiamato anche in redazione, come mi avrebbero raccontato il giorno dopo i miei colleghi, senza ricevere risposta da Citrigno. Sono stato io a esortare Alfredo a chiamarlo in mia presenza e a dirgli che io piuttosto che cedere alla censura mi sarei dimesso. Il resto lo conoscete, almeno in parte. Poiché ci sono altri elementi che conservo ancora più scioccanti.

Mancano come sempre le risposte dirette e sincere del senatore Gentile. Non posso che ribadirgli la mia disponibilità a un confronto corretto e civile, fermo restando che davvero non capisco come possano registrarsi eventi quali quelli che stiamo portando a galla e credo che ogni senatore, ma anche ogni cittadino dovrebbe stigmatizzare pressioni come quelle subite da Alfredo Citrigno perché potesse farle a sua a volta a me e a tutta la redazione. Cosa che lui non ha voluto fare e, secondo quanto dice De Rose, nella famosa telefonata da me ascoltata, «a differenza degli altri editori che non pubblicheranno la notizia», avvertendolo che avrebbe avuto, per questo, un nemico «ancora più inferocito» Da L’Ora della calabria

Redazione TirrenoNews

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