Piccoli e grandi ponti . “Tutti una fracoma!”. Guardate un po’!
Beh! I ponti grandi come quelli di Genova possono cadere ed uccidere decine di persone.
Poi ci sono i ponti piccoli, come quello Azzurro sul Catocastro per il quale da tempo è stato limitato il peso dei mezzi in transito e da poco anche invocata la protezione di San Francesco di Paola.
Poi ci sono quali ancora più piccoli come quello di Coreca.
Da questo cadono calcinacci e pezzi di cemento.
Il ferro arrugginisce, si gonfia, spacca il cemento che crolla senza avvertire nessuno che magari stia per passare sotto il ponte medesimo.
E guai a ch vi si trovi sotto per caso.
Né può chiedersi a chi transita sotto il ponte di guardare verso l’alto per capire se stanno cadendo calcinacci.
E tantomeno di portarsi un lungo palo per muoverli prima di passare.
Sono due giorni che i calcinacci sono caduti e non sappiamo che abbiano danneggiato qualche autovettura .
Né sappiamo di un intervento dell’ANAS per la rimozione delle parti pericolanti.
Noi segnaliamo la cosa, chissà che avvenga il miracolo della prima manutenzione.
Squilla il cellulare. “Pronto?”
“Sono Francesco Guzzo, detto Pelè, da Cleto. Sono passato sotto il ponte della Statale 18 dopo il semaforo di Campora SG e c’è la macchina dei Carabinieri. Sembra che abbiano investito un migrante. Fai subito!”
Cambio direzione e mi dirigo verso Campora .
Incontro il 118 diretto verso Paola. C’è solo l’autista. I medici sono dentro.
Arrivo sotto il ponte che collega con Via Campania.
Lascio l’auto dove non dà fastidio al traffico.
Prima del luogo dell’incidente un gruppo di migranti asiatici, indiani, pakistani e bengalesi.
Sono lavoratori agricoli che ritornano verso Amantea.
Abbiamo già scritto di loro.
Sono decine e decine che al mattino presto viaggiano verso Campora e la sera ne ritornano.
Sempre in bicicletta.
I punti difficili sono la galleria di Coreca, oggi vietata dall’Anas che ha deviato il traffico ciclistico sul vecchio tracciato della statale, proprio per evitare incidenti.
L’altro esattamente quello dove ci troviamo oggi.
Il breve tratto in salita che passa sotto il ponte anzidetto .
Non solo per la salita ma anche per la curva che copra i ciclisti alle auto che li seguono ed a quello che vediamo anche per le piante che crescono sul lato a monte e che sversano sulla carreggiata.
Il giovane investitore ha il CID in mano e chiede al datore di lavoro di aiutare a compilare la parte relativa al migrante.
Non ha nessuna colpa.
Subito dopo la curva scorge il migrante e per evitarlo piega a sinistra urtando un automezzo che viaggia nell’altra carreggiata.
Così fracassando lo specchietto( vedi foto)
Non riesce ad evitare un lieve urto alla bici
Si ferma soccorre il giovane migrante che lavora preso l’azienda agricola di M. R. e che è in possesso del permesso di soggiorno.
Per fortuna sembra che non si sia fatto molto male.
Sul posto i Carabinieri di Amantea guidati dal maresciallo Roberto Munafò che fanno gli accertamenti del caso.
Sono 33 anni che dura il fermo pesca.
E lo stato delle risorse ittiche è progressivamente peggiorato.
Ed è peggiorato anche lo stato economico delle imprese e dei redditi.
Dal 10 settembre saranno bloccate per 30 giorni consecutivi delle attività della flotta italiana dallo Ionio al Tirreno, nel tratto di costa che va da Brindisi a Roma
Questo blocco andrà ad aggiungersi al divieto già attivo nel tratto da San Benedetto del Tronto a Bari, dove si tornerà a mare solo il 23 settembre.
Con l’estendersi del blocco che coinvolgerà Puglia, Basilicata, Calabria Campania e parte del Lazio, aumenta anche il rischio di ritrovarsi nel piatto per grigliate e fritture, soprattutto al ristorante, prodotto straniero o congelato se non si tratta di quello fresco Made in Italy proveniente dalle altre zone dove non è in atto il fermo pesca, dagli allevamenti nazionali o dalla seppur limitata produzione locale dovuta alle barche delle piccola pesca che possono ugualmente operare.
Un pericolo favorito dal fatto che in Italia più di 2 pesci su 3 consumati nei territori interessati dal blocco vengono dall’estero”.
Coldiretti Impresapesca ha più volte negli anni chiesto “una radicale modifica di questo strumento di gestione che non risponde più da tempo alle esigenze della sostenibilità delle principali specie target della pesca nazionale.
Questo ha determinato nel periodo un crollo della produzione, la perdita di oltre un terzo delle imprese e di 18.000 posti di lavoro.
L’auspicio è che dal 2019 si possa mettere in campo un nuovo sistema che tenga realmente conto delle esigenze di riproduzione delle specie e delle esigenze economiche delle marinerie”.