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Ieri è stato disposto il sequestro di beni dell'imprenditore cosentino Pietro Citrigno. Molti degli immobili oggetto del provvedimento peraltro non risultano di proprietà dello stesso, ma da lui edificati e venduti circa 25 anni fa. Il legale di Pietro Citrigno, l'avvocato Massimo Lo Franco, fa sapere: «Ogni aspetto sarà chiarito nelle sedi competenti attraverso copiosa documentazione cartacea che verrà presentata all'udienza fissata per il 26 febbraio».

“Cogliamo con stupore la pervicace e sospetta ignoranza di altre testate giornalistiche calabresi e non, che continuano ad indicare in Pietro Citrigno l'editore dell'Ora della Calabria, ruolo che invece ricopre da tempo suo figlio Alfredo. Se qualcuno intende nuocere per questa via all'Ora della Calabria non avrà partita facile”

E proprio Alfredo Citrigno, figlio dell'imprenditore Pietro Citrigno, ha diffuso un comunicato in merito al sequestro di beni nei confronti del padre.

«In merito al sequestro emesso dal tribunale di Cosenza, sezione penale misure di prevenzione notificato stamane e avente come oggetto beni rientranti nel patrimonio familiare si afferma nella dichiarazione nella qualità di figlio di Pietro Citrigno dichiaro che le questioni inerenti l'atto giudiziario summenzionato saranno prontamente discusse e risolte nelle opportune sedi giudiziarie dove sicuramente emergeranno "tante verità" e dove dimostreremo che tutto quanto ingiustamente esposto ad un grave provvedimento illegittimo è stato ed è frutto del lavoro di anni dell'intera famiglia Citrigno, ricordando che sin dalla maggiore età io e le mie sorelle Filomena e Simona ci siamo dedicati alle attività imprenditoriali personalmente ed attivamente». «Prendo atto che anche questa vicenda prosegue Alfredo Citrigno è stata utilizzata in malafede da terzi come gogna mediatica a danno della mia famiglia. A tal proposito ho già conferito mandato ai miei avvocati affinché ogni buon diritto della famiglia Citrigno ottenga la giusta e dovuta tutela. Sono comunque fiducioso perché confido nella serenità e nell'autonomia della magistratura».

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La terra dei fuochi è il segreto olocausto degli italiani del sud, per sud inteso quella parte dell’Italia di volta in volta usata come serbatoio di risparmi, o serbatoio di manodopera, o semplicemente per sversare i rifiuti pericolosi delle aziende del nord .

Una palese dimostrazione che l’Italia non è una nazione, ma almeno due.

Quella che usa e dove lo Stato esiste e quella che viene usata e dove lo Stato non esiste

Ma anche il sud non è una nazione ma almeno due.

Quella dove il popolo si accorge di morire più degli altri “italici” per via della diossina e di quante altre sostanze inquinanti e pericolose sono state sversate nei propri terreni, che contaminano le acque, gli animali ed i prodotti agricoli che vi si coltivano, e quella che non se ne accorge, o fa finta di non accorgersene.

Ed ora anche il procuratore capo di Reggio, Federico Cafiero de Raho, che per anni a Napoli si è occupato dei casalesi , di Carmine Schiavone e del traffico dei rifiuti, dai microfoni di Radio 24 lancia l'allarme e dichiara :"Sono convinto ci sia un equivalente della Terra dei fuochi campana anche in Calabria".

Poi continua : "Le mafie si sono arricchite sui rifiuti. Varie sono le notizie sui rifiuti sversati intorno al territorio di Reggio Calabria e un'attività di contrasto su questo ancora non è stata compiuta, è da fare. Legambiente nel suo rapporto dipinge un quadro preoccupante. Ma mi chiedo: come mai nulla è stato fatto visto che questo sversamento di rifiuti è avvenuto tanti anni fa? Noi solo oggi cominciamo a muoverci".

NdR. Già ce lo chiediamo anche noi, Dr Cafiero. Forse lei è in grado di scoprirlo, di scoprire quali sono state le sicure connivenze, i certi silenzi, le superficialità dello Stato e dei suoi organi. Vada avanti. Si ricordi che questa Calabria è da sempre ridotta al silenzio. Questa Calabria non ha nemmeno avuto un Masaniello!

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La domanda sorge spontanea, avrebbe detto Antonio Lubrano nel suo famoso programma “ Mi manda Lubrano “, ormai storia della TV pubblica italica.

Quale domanda?

Ma è semplice: “Ma in Calabria si viene assunti ( si dice “stabilizzati”) soltanto, e, se precari?

Cioè l’articolo 97 della costituzione è stato forse cambiato da “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso...", in “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede soltanto mediante concorso al quale vengono chiamati solo i precari da stabilizzare “?

Ed è stato modificato anche l’art 3 della costituzione da “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, in “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, salvo che i precari che precedono tutti gli altri nelle assunzioni nei ruoli dello Stato e degli enti pubblici”?.

Sembrerebbe di si! Anzi è certamente così!

Ed ora “Intelligenti Pauca” ( alle persone di intelletto basta poco per capire) lo hanno compreso anche gli stagisti calabresi che “rivendicano” lo stato di “precari ” quale condizione per essere stabilizzati.

Mai visto uno che è “entrato” nella regione che sia stato poi mandato via, cioè, che non sia stato prima o dopo stabilizzato!

E molti dei politici che vogliono le stabilizzazioni sono stati loro stessi “stabilizzati” o sono “padri putativi” dei precari!

Ma nessuno che li arresti!

Ed allora perché le eccezioni con gli stagisti?

Se si tenta di stabilizzare gli LSU ed LPU perchè si mandano via gli stagisti?

Sarebbe ingiusto! Anzi una porcheria !

Anzi sarebbe pure ingiusto far tornare gli emigranti! Anche loro dovrebbero essere stabilizzati!

Perché mai dovrebbero ritornare in Calabria? Sono fuori e che vengano anche loro stabilizzati in questa condizione!

Anzi che siano stabilizzati anche i disoccupati! Perché mai anche loro dovrebbero fare concorsi “liberi”? Mica perdono lo stipendio, loro! Non ce l’hanno. Che vengano stabilizzati.

Poi vedremo come inventare un posto precario per tendere alla fine anche alla loro stabilizzazione.

Ecco che cosa dice il Comitato spontaneo degli ex stagisti.( i nuovi assunti non sono ancora ex stagisti!)

"La Regione non può scaricarci" : siamo precari a tutti gli effetti

"Sembra un’evoluzione contraddittoria e paradossale quella di noi ex stagisti: selezionati con bando di selezione pubblica (L.R. 8/2007), inseriti organicamente nella quotidiana attività amministrativa di vari enti locali con reiterati contratti di collaborazione, considerati utili e necessari dagli enti utilizzatori, posti in una successiva situazione di standby e poi scaricati, ad incominciare da quella stessa Regione che ci aveva considerati, beffardamente, eccellenze". Lo afferma, in una nota, il Comitato spontaneo di lavoratori ex art. 14 l.r. 8/2010. Il Comitato spontaneo degli ex stagisti "non intende dar adito a sterili polemiche o fomentare speculazioni politiche e gogne mediatiche per come accaduto in passato, ma vuole guardare con lucidità al presente per fare in modo che, anche per noi, vengano costruite meritate prospettive di stabilità. Per questo chiediamo di non essere esclusi dalle procedure di superamento del precariato della pubblica amministrazione, responsabilmente avviate dalla Regione Calabria, incominciando, pertanto, dal nostro inserimento nei costituendi elenchi regionali dei precari previsti dalla legge regionale 1/2014. Nei giorni scorsi, infatti, alle nostre richieste di chiarimenti ad esponenti politici e tecnici del dipartimento Lavoro della Regione, ci è stata palesemente e inspiegabilmente comunicata la nostra esclusione da tali procedure, adducendo motivazioni assai insensate. Ricordiamo, infatti, che è la stessa Regione Calabria, con D.G. 160/2013 ad inserirci nel “bacino di precariato consolidato”. Rammentiamo che è la stessa Regione ad inserirci nelle disposizioni in materia di lavoro e personale della legge regionale 8/2010 all’articolo 14. Per quale motivo, dunque, escluderci dalle procedure di cui alla legge regionale 1/2014?". "Forse - è scritto ancora nella nota - il nostro peso politico e sindacale non è forte come quello delle altre categorie di lavoratori? Non vogliamo usurpare diritti, né metterci in competizione con gli altri precari del lavoro pubblico, viviamo tutti un’eguale condizione di disagio e vogliamo tutti concorrere all’innalzamento della qualità del lavoro nella e della pubblica amministrazione. Ma rivendichiamo un'estensione delle tutele e un trattamento non discriminatorio. Chiediamo alla Regione di non scaricarci come se non fossimo mai esistiti, o come se fossimo un ingombro ereditato di cui sbarazzarsi in fretta. Chiediamo alla Regione di pianificare una strategia organica e complessiva di assorbimento del precariato da cui noi non possiamo essere esclusi, perché formalmente, nominalmente e concretamente siamo dei precari. Con senso di responsabilità, non chiediamo tutto e subito, ma pretendiamo di essere inseriti in un processo sì graduale, ma certo, neutrale e con percorsi non accidentati di stabilità. Chiediamo che il nostro assorbimento debba essere valutato all’interno del riordino complessivo del sistema delle autonomie locali, guardando anche alla Programmazione 2014/2010, ma con l’adozione di meccanismi di mappatura (del fabbisogno, delle professionalità, delle tipologie di Enti, etc) e di assorbimento definiti ed equi. Chiediamo alla Regione di non fomentare divisioni, per come, ad esempio, il requisito della scadenza contrattuale potrebbe generare, perché si rischia il cannibalismo fra lavoratori differenti ma eguali nella precarietà. Chiediamo anche alle organizzazioni sindacali di non abbandonarci, di rappresentarci perché esistono interessi comuni tra tutti quei lavoratori che subiscono la medesima condizione di precarietà, incertezza, svalorizzazione delle professionalità di cui noi ex stagisti siamo una parte. Adiremo per vie legali ed innalzeremo il conflitto, se sarà necessario, ma auspichiamo – vista la situazione generale di crisi occupazionale e sociale – che venga adottato un approccio di apertura, lungimiranza e articolata pianificazione che non ci escluda". (0050)

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