Foggetti continua a parlare.
Ora racconta della possibile “guerra” sfiorata da Cosenza ed Amantea quando Marco Perna si mise in testa di espandere i propri traffici anche alla piazza di Amantea.
E così si legge dei rischi connessi all'eccessiva intraprendenza del clan Perna 2.0, quello guidato da Marco, figlio dello storico boss Franchino, detenuto al 41 bis.
E racconta del tentato proposito di Marco Perna di acquisire la primazia dello spaccio di stupefacenti in Amantea, entrando così in conflitto con chi gestiva la piazza tirrenica.
I locali informarono Foggetti dello scontro con il clan Perna, tanto da far incendiare il veicolo di proprietà di Pasquale Francavilla, uomo di Marco Perna.
E’ il segnale che qualcosa cova sotto la cenere e che rischia di prendere fuoco.
E così partono in tre «per chiedere spiegazione dell'attentato incendiario».
Fu allora che al gruppo Perna viene "consigliato" che è meglio non allargarsi perché la piazza di spaccio è già coperta.
Anzi secondo Foggetti Marco Perna fu percosso e gli fu anche sottratta una pistola nella sua disponibilità.
Fu in quella occasione che venne decisa la punizione di Perna: Roberto Porcaro e Maurizio Rango (il capo di quello che all'epoca era la cosca egemone a Cosenza) avrebbero dovuto "sparare" a Perna.
Il clima, però, era arroventato.
Poi Foggetti conclude: «Stava per scoppiare una guerra che alla fine fu sedata grazie all'intercessione di Rinaldo Gentile, personaggio quest'ultimo di "rilievo" della cosca Lanzino-Ruà, che fece da paciere tra i due gruppi».
Eppure il grande caldo estivo è passato, non sembrano, cioè, invocabili fenomeni di autocombustione.
Tantomeno alle due di notte, cioè quando la gente dorme e le strade di Amantea sono quasi deserte.
Ed invece stanotte un ennesimo incendio di una auto. Nel cortile di una zone di Amantea in cui sono sorte le Case popolari.
Gente del posto ha detto di avere sentito una “botta” tale da esserne svegliati. Qualcuno, infatti, è sceso in strada per spostare la propria autovettura ed evitare danni ancora maggiori.
E qualcuno ha anche attaccato un tubo alla fontana per tentare di spegnere l’incendio che ha svviluppato l’automezzo parcheggiato.
Manovra inutile perché il mezzo è andato completamente distrutto. Per terra stamattina solo una grossa macchia nera resto dell’incendio.
L'incredulità e l'amarezza negli occhi della proprietaria che non si attendeva assolutamente una violenza tanto meno di tale portata o genere.
Le indagini circa l'accaduto sono in corso e gli investigatori non escludono comunque nessuna opzione.
Certo il fenomeno degli incendi comincia a preoccupare la comunità e si imporrebbe un potenziamento delle Forze dell’ordine presenti in città, che sono oggettivamente troppo poche.
E ritorna ancora una volta l'argomento da troppi anni ormai puntualmente riproposto ma costantemente disatteso, di un presidio fisso di Polizia nella città di Amantea.
Forse a tale proposito non sarebbe male un Consiglio comunale sull’ordine pubblico finalizzato a potenziare la dotazione attuale ma questo è un aspetto che deve affrontare la politica.
Già, ma quale?
Ricordate la vicenda degli alletterati dalla spina bifida?
Ci fu un gran clamore con tanto di articoli sui giornali e sui siti web. Anzi, qualcuno a proprie spese fece fare analisi approfondite ad un laboratorio privato “scoprendone la pericolosità”.
Si trattava probabilmente di una “passa”, così si chiamano in gergo marinaresco, quando i pesci muovono da un luogo ad un altro ed in questo viaggio in genere in gruppo vengono pescati .
Ne vennero segnalati a Fiumefreddo Bruzio, a Campora san Giovanni, a paola, a Fuscvaldo, a San Lucido.
Ora non più!
Recentemente, a fine agosto 2015, gli stessi Euthynnus allitteratus sono stati , invece, pescati nelle acque antistanti a Gallipoli.
Ammazza che giro!
I tonnetti alletterati, quindi, avrebbero invertito la rotta verso il nord, scendendo, attraversando il canale di Sicilia, piegando a sinistra e risalendo la costa ionica calabrese, per costeggiare la penisola salentina prima verso sud e poi verso nord.
Ma alcuni Gallipolesi ( si chamano così?) hanno appositamente contattato Stefano Piraino, docente del Dipartimento di scienze e tecnologie biologiche e ambientali dell’ateneo salentino, secondo il quale non si tratterebbe di spina bifida, bensì. “Si tratta di una fusione distale delle spine neuronali vertebrali”
In sostanza lo scienziato ha sostenuto che il fenomeno è datato e spazialmente diffuso ( Baia di Augusta, coste del Cilento 2011, coste calabresi 2014, eccetera ).
Infine ha ricordato il fenomeno della biomagnificazione , cioè il processo di accumulo degli inquinanti nei pesci predatori ed ha concluso che “ Insomma, è probabilmente meglio mangiare alici che non gli alletterati”.
Ma è di questi giorni il pregevolissimo intervento del Prof. Fabio Marino , Docente di Ittiopatologie e tecniche diagnostiche, del Dipartimento di Chimica, Farmacologia e Biologia Ambientale UNIME e Vice Presidente della Società Italiana di Patologia Ittica, il quale chiarisce il fenomeno attualmente sotto il controllo degli organi preposti.
D)Si può parlare di spina bifida o è una bufala?
Alcuni pesci, negli ultimi mesi, sono stati inviati al Centro di Ittiopatologia Sperimentale della Sicilia per le indagini del caso. I tonnetti presentano una struttura fibrocartilaginea che congiunge ventralmente ed in direzione cranio caudale i processi emali delle vertebre, e si fonde con la colonna vertebrale vera e propria in prossimità dell’inserzione della pinna caudale, simulando l’esistenza di una doppia colonna vertebrale.
La definizione di spina bifida comporta una schisi, cioè una mancata fusione dei corpi vertebrali, che può implicare una apertura a Y, ma sul piano trasversale, della colonna vertebrale con fuoriuscita del midollo spinale e delle membrane che lo avvolgono. Questo, quindi non è il caso dei tonnetti e l’identificazione della lesione è errata. Non si tratta nemmeno di sdoppiamento della colonna, la cui corretta denominazione sarebbe “diplospondilia”, perché la seconda finta colonna non è tale, non è costituita da vertebre, né tantomeno contiene alcun midollo spinale all’interno.
Si tratta di una condizione fisiologica, normale nel tonnetto, nota da tempo per quanto riportata solo su pochi testi scientifici, addirittura considerata caratteristica di specie; verosimilmente questa caratteristica della spina dell’ ”alletterato” è correlata ad un adattamento funzionale che in tal modo conferisce maggior robustezza alla colonna fornendo un punto di inserzione per i muscoli scheletrici che permettono il nuoto. Quindi nessun problema per i tonnetti, nessuna correlazione con l’inquinamento e nessun rischio per il consumatore.
Questa particolare spina è conseguenza dell’inquinamento marino?
Lo escludo. E’ un fatto fisiologico, pensi che in America lo considerano un criterio di riconoscimento della specie, una sorta di “caratteristica”. La presenza di tracce di metalli pesanti è comune nei tunnidi per il fenomeno del bioaccumulo e non è detto che tali elementi siano correlati all’insorgenza di patologie.
Altre considerazioni contribuiscono a sfatare il mito della cosiddetta “spina bifida”?
Le anomalie congenite interessano una percentuale infinitesimale di una popolazione ittica, ma qui tutti i tonnetti la presentano; i teleostei colpiti da patologie sono più deboli e finiscono per essere predati, mentre i tonnetti sono quasi sempre catturati a traina, quindi capaci di seguire e afferrare l’esca prima dei consimili (sembrerebbero i più forti anziché i malati).
Insomma prof Marino, possiamo stare tranquilli e continuare a consumare questi gustosi tonnetti?
Per quanto concerne i controlli, mai come adesso i pesci sono oggetto di studio da parte del mondo della ricerca e di continuo monitoraggio sanitario da parte degli Enti preposti, ASL e IZS. Se venisse fuori qualche risultato importante, qualche rischio anche ipotizzato per il consumatore, l’intera comunità ne sarebbe informata immediatamente.”
Cogliamo l’occasione per ringraziare sia il professor Fabio Marino, sia Palmira Mancuso.